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Prima Andrea Dosoli e poi Guim Roda hanno lanciato un preoccupante allarme: se le regole non cambiano il mondiale Superbike perderà di interesse. Come già avviene in MotoGP sono le case europee a credere e ad in vestire nel racing, mentre i produttori giapponesi appaiono sempre meno interessati.
Ma, mentre in GP corrono i prototipi, come sappiamo in Superbike corrono moto derivate dalla serie, e quindi il nostro campionato deve tener conto del mercato mondiale (non solo Europeo) della moto.
Per analizzare la situazione abbiamo prima di tutto valutato lo stato effettivo del campionato, dove la moto da battere è senza dubbio la Panigale V4, che però vince con il solo Alvaro Bautista. Senza lo spagnolo in testa alla classifica ci sarebbero due Yamaha, seguite da una Kawasaki.
D’altra parte però è fuori di dubbio che la moto migliore del lotto è proprio quella italiana, e se non si cambiassero le regole tra qualche anno in griglia avremmo una netta predominanza di moto Ducati (con l’aggiunta di qualche BMW, visto che - anche se i risultati per ora non la premiano - la casa tedesca sta investendo molto nel racing).
La proposta di Dosoli è quella di limitare le prestazioni delle moto alla fonte, vale a dire che per essere iscritte al campionato le moto dovrebbero rientrare in alcuni parametri. Questo garantirebbe un livellamento dei valori, ma sarebbe ancora un campionato interessante per le case, che vedrebbero le proprie moto limitate e snaturate? Senza contare che si perderebbe il vero collegamento tra le moto in vendita e quelle che corrono nel campionato.
Una situazione difficile alla quale Dorna e FIM devono porre un rimedio. Ne va della sopravvivenza stessa del campionato.