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Sabato scorso, a Jerez, ancora uno scontro alla curva Lorenzo, quel tornante da prima, a sinistra, che precede il traguardo.
Questa volta il protagonista è stato Jonathan Rea, che nel tentativo di superare all'interno Alex Lowes ha finito per toccarlo e farlo cadere.
Nulla di nuovo, direte voi ricordando i più famosi precedenti del 2005 (Rossi vs Gibernau) e del 2013 (Márquez contro Lorenzo), entrambi sulla stessa curva e con simile dinamica, ma in realtà una novità c'è, eccome: questa volta, a differenza del passato, qualcuno è stato punito dall'autorità competente per "condotta di gara pericolosa".
Giusto? Sbagliato? Il tema non è facile ma è affascinante da sempre. Le discussioni tra gli appassionati sono vivaci, e soprattutto inestricabili perché fatalmente, nei ragionamenti, si finisce quasi sempre per infilare anche le simpatie e le antipatie personali. Però proviamo ugualmente a far luce.
Cominciamo col dire che nel tempo è cambiata l'autorità, nel senso che oggi c'è una struttura che si chiama Stewards Panel FIM che ha il preciso compito di esaminare, e nel caso punire gli episodi discutibili.
Nella SBK come nei GP. Prima del Panel c'era la direzione gara, che però aveva anche altri compiti difficili e contemporanei da svolgere, e prima ancora della Race Direction c'era praticamente solo il caos. A Jerez i commissari federali hanno preso tempo, esaminato le immagini, sentiti i due piloti e alla fine applicato l’articolo 1.21.2 del regolamento FIM.
In questo caso, Rea ha perso una posizione in gara ed è stato retrocesso all’ultima casella sulla griglia della gara successiva. Marco Melandri, che nella seconda gara ha abbattuto Davies in un altro punto della pista, è stato invece meno penalizzato: sei posizioni sulla griglia di partenza della prossima Tissot Superpole Race.
Discutere sui singoli episodi e sull’entità della pena è lecito, naturalmente, ma non ci porta da nessuna parte. Più utile, credo, è ragionare sulle manovre di sorpasso in assoluto.
Rea, come Rossi nel 2005 e come Márquez nel 2013, stessa curva di Jerez, ha tentato un sorpasso interno: il sorpasso per antonomasia. Arrivare alla corda prima del rivale, occupare lo spazio e quindi obbligare la controparte a rialzare la sua moto per non arrivare allo scontro: è il sorpasso più classico nel motociclismo, certo più sicuro, più semplice e più praticato di quello all’esterno.
Spesso è chirurgico, preciso e indolore, qualche volta è azzardato. Di solito, contatti a parte, è la differenza di velocità tra i due piloti ciò che aiuta a distinguere tra corretto e scorretto. Evidentemente la velocità di Rea è stata ritenuta eccessiva: attacco disperato, avversario colpito con violenza e gettato a terra. Stop. Nel caso di Rossi contro Gibernau e di Marc contro Jorge mancava il Panel. E comunque la Race Direction aveva deciso - a torto o a ragione - di non prendere provvedimenti.
C’è ancora una considerazione interessante, da fare. Al sorpasso interno ci si può opporre provando a resistere sulla propria traiettoria, come ha fatto forse Lowes (però manca la certezza che abbia visto in tempo l’attacco), oppure applicare il metodo Dovizioso.
Andrea infatti ha una sua precisa strategia, e l’ha fatta vedere opponendosi con successo, e ben cinque volte, al più deciso degli attaccanti: Marc Márquez . In quei casi, il Dovi ha impostato l‘ultima curva velocissimo e largo il giusto, ha lasciato al rivale la possibilità di provarci ma solo forzando, lo ha tenuto d’occhio rialzando con grande prontezza la sua Ducati. Márquez, senza sponda, è finito fuori traiettoria, e Andrea lo ha sfilato da dietro andando a vincere la gara. Insomma al sorpasso interno, volendo e sapendolo fare, si può anche resistere.