Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
Che potesse diventare uno dei protagonisti del mondiale Superbike lo si era capito subito, sin dal suo debutto (avvenuto nel 2008 sulla pista di Portimao) quando concluse gara uno al quarto posto. Lo avevo soprannominato “l’impaziente inglese” perché non si sapeva accontentare e correva spesso oltre i limiti della propria moto, senza mai risparmiarsi.
Proveniva dal BSB, negli anni in cui il campionato Inglese non era ancora l’attuale cimitero degli elefanti, ma sfornava talenti del calibro di Crutchlow, Sykes, Camier e Haslam. La Honda lo aveva mandato a farsi le ossa in Supersport e nonostante non conoscesse le piste ed i pochi cavalli delle 600 non gli consentissero di mettere in mostra tutte le sue capacità, Johnny concluse il campionato al secondo posto alle spalle di Pitt. L’anno dopo ha debuttato sulla CBR 1000 vincendo la sua prima gara al Nurburgring. E’ restato con il team Ten Kate Honda per ben sette anni, tanto che mi sembra ancora strano vederlo ora vestito di nero e verde. Come era prevedibile non ci ha messo molto a prendere le misure alla Ninja e dopo il primo round di Phillip Island comanda il mondiale assieme al connazionale Haslam.
Parlaci della tua nuova moto, la ZX-10R Kawasaki
«Prima di entrare a far parte del Kawasaki Racing Team ritenevo che la Ninja fosse di alto livello e davvero molto competitiva. Avevo delle grandi aspettative; ora posso dire che la situazione è esattamente quella che mi ero immaginata. E’ una moto per molti versi eccezionale, anche se ci sono ancora degli aspetti che non si addicono molto al mio stile di guida. Dopo i test invernali e le prime due gare della stagione posso comunque dire di essere molto contento. Con la Ninja è facile andare forte e soprattutto tenere un ritmo molto alto per tutta la gara».
Sei stato l’unico ad andare forte con la Honda. Forse perché era una moto preparata per te, per il tuo stile di guida?
« La mia Honda utilizzava un telaio standard ed il motore e l’elettronica erano stati sviluppati dalla Cosworth. Io me l’ero ritrovata così com’era ed ho dovuto lavorare molto per adattarla al mio modo di guidare, grazie anche al mio team che mi lasciava molta libertà di sistemarmi la moto come preferivo. Il mio problema con la CBR era che anche quando trovavo il miglior assetto facevo comunque fatica a tenere un ritmo alto in gara e fare giri molto veloci in prova. Per andare forte dovevo rischiare ed ero spesso in crisi con il grip. Ritengo comunque che la CBR abbia un grosso potenziale, soprattutto per quanto riguarda la parte elettronica, che offre molte possibilità di messa a punto».
Puoi fare un paragone tra le due moto, Honda e Kawasaki?
«Forse potrei paragonarle a due bellissimi diamanti. Uno ancora grezzo e l’altro già molto raffinato e brillante».
Dopo tanti anni trascorsi con la Honda hai deciso di passare alla Kawasaki. Forse perché hai capito che la Honda non ti avrebbe portato in MotoGP?
«Ho molto rispetto per la Honda. Mi hanno offerto moltissime possibilità, non solo in Superbike, ma anche nella 8 ore di Suzuka ed in MotoGP. Forse il problema è che io ho un’alta considerazione di me stesso. Anche quando sono andato a correre in GP, per esempio, non mi sono preoccupato del fatto di non conoscere la moto o di dover competere con avversari molto più esperti di me. Ho cercato di andare subito forte. Sono ambizioso. Quando la Honda mi ha comunicato che per me non c’era la possibilità di una GP ufficiale avrei comunque potuto trovare una sistemazione in un team privato. Ma in MotoGP senza una moto ufficiale puoi fare al massimo da decimo a quindicesimo. Non fa per me. Io voglio vincere e se non posso avere un mezzo competitivo in GP, allora meglio restare in Superbike. Considerando che a mio parere con la Honda CBR non si può vincere il mondiale, quando sono stato contattato dalla Kawasaki mi sono detto subito disponibile ed abbiamo fatto in fretta a trovare un accordo. Credo nel loro programma e nel loro team e basta vedere quanti progressi hanno compiuto in questi anni, per capire che, sia la squadra che la moto, sono vincenti e quindi adatte alle mie ambizioni. Se avessi voluto andare in MotoGP per parcheggiare il mio motorhome accanto a quello di Valentino avrei potuto farlo. Se avessi voluto una sistemazione comoda sarei rimasto con la Honda. Ma io voglio vincere e penso di poterlo fare con la Kawasaki».
Se avessi voluto andare in MotoGP per parcheggiare il mio motorhome accanto a quello di Valentino avrei potuto farlo. Se avessi voluto una sistemazione comoda sarei rimasto con la Honda. Ma io voglio vincere e penso di poterlo fare con la Kawasaki
Avevi avuto dei contatti anche con altri team ed altre case.
«Si, al termine di ogni stagione qualcuno si faceva avanti. Sono stato molto vicino alla Ducati, ma è stato l’anno nel quale sulla Panigale hanno poi corso Checa e Badovini e l’impegno della casa di Borgo Panigale in Superbike non era ancora ben definito. Allora ho preferito restare con la Honda e non lo rimpiango di certo. Ero e sono molto legato al team Ten Kate, che svolge un grandissimo lavoro nonostante non sia tecnicamente supportato dalla casa madre. Con loro ho trascorso anni molto belli, e considerando il materiale che avevamo a disposizione penso di aver fatto un buon lavoro».
Dopo aver corso le prime due gare cosa pensi del campionato 2015?
«Sarà come sempre molto difficile. Le nuove regole hanno fatto si che in ogni gara ci siano molti piloti in grado di vincere. Penso però che non saranno molti quelli che potranno lottare per il titolo. Ho visto che c’è un gap importante tra i primi sei o sette piloti e gli altri. Comunque, al contrario di altri campionati dove è facile fare dei pronostici, qui in Superbike se chiedi a cinque persone il nome del possibile vincitore di una gara, probabilmente ti diranno cinque nomi diversi. Oltre ai soliti, quest’anno penso si debba tenere d’occhio anche Alex Lowes, che ha talento ed un anno di esperienza in più».
Dopo le gare in Australia a che punto è il tuo affiatamento con la Ninja?
«Devo ancora imparare molto per sfruttare tutto il potenziale di questa moto. Le gare di Phillip Island sono sempre particolari, vista anche la conformazione del tracciato. La cosa positiva è che riesco ad adattarla sempre più al mio stile di guida. Quando cambiamo qualcosa la moto migliora e questo significa che siamo sulla strada giusta per essere sempre più competitivi».