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Era il 2008 quando la Honda promosse in Superbike Jonathan Rea, ventunenne Nord Irlandese di Ballymena. Dopo una stagione in Supersport, conclusa al secondo posto alle spalle di Andrew Pitt, il team Honda Ten Kate lo volle premiare, permettendogli un assaggio di quello che sarebbe stato il suo prossimo campionato. Pronti via e Johnny arrivò quarto in gara 1 e quindicesimo (con uscita di pista quando era quinto) in gara2. In quell’occasione il mondo della Superbike salutava il campionissimo Troy Bayliss e, senza saperlo dava contemporaneamente il benvenuto al suo futuro dominatore.
Pur non avendo vinto nessuno dei campionati ai quali aveva partecipato (solo quarto nel BSB del 2006) non era difficile comprendere come Johnny avesse una marcia in più. Era già velocissimo, ma ovviamente gli mancava esperienza. Questo lo portava a commettere errori e a cadere. Ma come disse qualcuno: “a chi va forte, può capitare di cadere, a chi va piano capita meno”.
Il 2009, suo primo anno nella classe regina delle derivate, si chiuse con un ottimo quinto posto in classifica e due vittorie, a Misano ed al Nurburgring. Niente male per un debuttante. L’anno successivo ancora due vittorie (Assen e Brno) ed un quarto posto finale. Il 2011 fu un anno difficile per il nordirlandese, che cadde rovinosamente nel warm up di Misano e dovette rinunciare ai successivi quattro round. Terminò nono, con due vittorie all’attivo: Assen e Imola. Nel 2012 si riprende il quinto posto della classifica finale e taglia per primo il traguardo ad Assen e a Donington, mentre l’anno successivo è il peggiore della sua carriera in Superbike. Non vince nessuna gara ed una brutta caduta al Nurburgring lo esclude dagli ultimi cinque round. Termina ancora nono, come nel 2011. Nonostante le proposte non gli manchino di certo, resta con la Honda anche nel 2014, con una mezza promessa di passare in futuro in MotoGP, con una moto competitiva. E’ la sua annata migliore con la Honda. Vince quattro gare: Imola, le due di Assen e Portimao ed in classifica è terzo dietro a Sykes e Laverty.
Ma dopo l’ennesimo rifiuto da parte della Honda di fornirgli una buona sistemazione in GP, Rea decide che se deve restare in Superbike è inutile continuare a perdere tempo con la casa di Tokio e che è venuto il momento di entrare a far parte di un team vincente.
E sposa il progetto Kawasaki.
Da allora in pratica non scende più dal podio. I suoi numeri sono impressionanti. Nel suo primo anno sulla Ninja vince subito il titolo mondiale con 132 punti di vantaggio su Davies e la Ducati. Conquista 14 vittorie e 23 podi su 26 gare. Nel 2016 si conferma campione precedendo il suo compagno di squadra Tom Sykes di 51 lunghezze. Le vittorie sono 9 ed i podi ancora 23. Va ancora meglio nel 2017 quando si aggiudica il terzo mondiale consecutivo, staccando Davies di 153 punti. Le vittorie sono 16 ed i podi 26. Quest’anno oltre al quarto titolo consecutivo, mai successo in Superbike, supera il record di vittorie di Fogarty (portandolo da 59 a 66) ed eguaglia quello di Corser dei podi conquistati (130) .
E dire che la sua stagione non era iniziata nel migliore dei modi. Le nuove regole avevano tolto oltre 1.000 giri motore alla Kawasaki, snaturando la sua Ninja. Nei due round in Australia ed in Tailandia vince solo gara1 a Buriram, e sale sul secondo gradino del podio in gara2 a Phillip Island. La Ninja non ha solo meno giri, ma va anche in crisi con le sospensioni e con i freni. Ma dietro a Rea c’è un grande team e soprattutto un’intera azienda, che punta tutto sulla Superbike. La Kawasaki corre ai ripari e ad Aragon Johnny inizia la sua marcia trionfale.
Rea, il suo team e la Kawasaki formano un pacchetto formidabile. Rea è il pilota più forte della Superbike, ma va detto che senza il suo team e senza il pesante supporto della casa giapponese non avrebbe potuto dominare come ha fatto e come sta facendo. Il rapporto tra Johnny ed il suo Crew Chief Pere Riba è perfetto. I due si capiscono al volo e lo spagnolo sa cosa chiedere alla squadra, per mettere a disposizione del suo pilota una moto che si adatta perfettamente allo stile di guida del nordirlandese. Ogni richiesta di Rea viene presa in considerazione dalla Kawasaki, che come sappiamo ha puntato tutto solo sulla Superbike e sul team KRT.
Il pilota di Ballymena è arrivato a Magny Cours con 116 punti di vantaggio su Davies e 136 su VdMark, gli unici due piloti ai quali la matematica offre ancora qualche possibilità, ma con la sua sesta vittoria consecutiva e con Davies solo quinto, Johnny è salito più alto di tutti nell’Olimpo della SBK.
Prima delle due gare francesi era salito sul podio 17 volte, conquistando 12 vittorie, 4 secondi ed un terzo posto. Una sola battuta d’arresto a Brno, quando cade dopo un contatto con il suo compagno di squadra Sykes, che nel round successivo annuncia che non rinnoverà il contratto che lo lega alla casa di Akashi. L’unica nota stonata in questi anni è stato proprio il suo brutto rapporto con Sykes. L’inglese non ha mai digerito il fatto di essere stato spodestato da Rea. I due si sono beccati ad ogni occasione, fuori e dentro la pista e a nulla è valso il grande gesto di Johnny, che nel 2016 in Qatar ha regalato a Tom il secondo posto in gara ed in campionato. Ma questo è un problema fa ormai parte del passato, ed il prossimo anno nel suo box ci sarà l’amico Leon Haslam.
Così come fanno ormai parte del passato gli ammiccamenti tra Johnny e la MotoGP, che hanno avuto il loro culmine questa estate, quando il team Honda Repsol doveva sostituire Pedrosa e tra i nomi dei possibili candidati inserì anche quello del campione mondiale Superbike. Ma come sappiamo in seguito arrivò Lorenzo e per Rea la MotoGP tramontò definitivamente.
Quattro titoli consecutivi, un dominio assoluto che al momento non vede ostacoli sul proprio cammino. Tra i suoi avversari c’è chi spera nella maturazione della R1 Yamaha e dei suoi piloti, e chi confida nella nuova Panigale V4 e nell’arrivo di Alvaro Bautista dalla MotoGP. Staremo a vedere.
Per ora congratuliamoci con il più formidabile campione della storia della Superbike.