SBK 2019. Bautista: “Le vere moto da corsa sono a due tempi”

SBK 2019. Bautista: “Le vere moto da corsa sono a due tempi”
Sono venuto in Superbike con tanta fame di vittorie. I piloti della Superbike sono bravi ma il loro metodo di lavoro non è il massimo. In GP c’è più sicurezza rispetto alla Superbike
20 giugno 2019

E’ bello intervistare Alvaro Bautista perché dice quello che pensa, senza tanti timori reverenziali. Con lui si può parlare di tutto senza mai ricevere risposte banali e di questi tempi non è cosa da poco, visto che purtroppo spesso i piloti dicono tutti le stesse cose e si guardano bene dal dare risposte “politicamente scorrette”.   

 

Qual è stata la tua reazione quando hai saputo che avresti corso in Superbike?

"Inizialmente l’opportunità di correre in Superbike non era prevista. Io ho trascorso gran parte della mia vita in GP e per me quello era l’unico mondo che conoscevo. Però Ducati mi ha parlato di un progetto ben strutturato e molto importante per la casa bolognese, con una moto nuova e sotto la supervisione di Dall’Igna. Il progetto mi ha stimolato e motivato, ed è per questo che ho accettato di cambiare il mio mondo, passando alle derivate dalla serie. Ora posso dire che ho fatto la scelta giusta. Mi sto divertendo molto, sono in una grande squadra ed il mio rapporto con Ducati è ottimo".

 

Non sei il primo pilota che passa dalla GP alla Superbike e qualcuno ha fatto questa scelta per tornare a vincere.

"Sono venuto in Superbike per vincere. Ho fame di vittorie e mi sto impegnando al massimo per cercare di vincere il titolo mondiale. Non ho mai pensato al campionato delle derivate come ad una pensione dorata, dove concludere la mia carriera. Sono qui per lavorare sodo per me, per la mia squadra e per la Ducati. Nel mondo delle corse conta solo la vittoria. Arrivare quarto o quinto non interessa a nessuno. Io ho una moto molto competitiva, sono in una squadra altamente professionale e stiamo vincendo molto. Questo mi rende felice. Inoltre vedo che le mie vittorie stanno rilanciando la Superbike in Spagna e questo è per me un motivo di orgoglio".

 

Ti piace l’ambiente della Superbike?

"In molti mi avevano detto che qui l’ambiente è più rilassato e che c’è meno stress. Personalmente per me non è cambiato molto. Io continuo a lavorare e ad impegnarmi come ho sempre fatto, con la stessa professionalità. In effetti l’ambiente è più rilassato. Il rapporto tra i piloti è più sereno, anche per quanto riguarda i social. Ma la differenza più sostanziale la fa il pubblico, che qui è composto per la maggior parte da appassionati. La MotoGP per molti è come una moda. Vengono alle gare per stare nel paddock e per fare le foto con piloti dei quali spesso non sanno nemmeno con quale moto corrano. Qui tra gli spettatori ci sono molti motociclisti, appassionati di moto, che se ti chiedono di fare una foto con loro non è perché sei Alvaro Bautista, ma perché sei un pilota della Superbike. Questo è bello e mi piace molto".

 

Hai visto cosa è successo a Lorenzo a Barcellona? Cosa ne pensi?   

"E’ successa più o meno la stessa cosa a me a Valencia nel 2011. Nella prima curva dopo la partenza ci siamo urtati io e Dovizioso e abbiamo trascinato fuori anche Hayden, Rossi e De Puniet. In questo caso non ho potuto fare nulla, mentre nel caso di Lorenzo ritengo che quella non sia una curva che debba stare in un autodromo. E’ una curva fatta per la Formula1 ma non è adatta per le moto. Devi quasi fermarti e curvare come se dovessi fare un’inversione. Assurdo. Penso che siano arrivati tutti un poco lunghi, ma se fossero stati in una curva diversa non sarebbe successo nulla".

 

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A Imola sei stato tra i piloti che non hanno voluto correre gara2. Parlando di sicurezza ritieni che si stia facendo abbastanza?

"Ritengo che la sicurezza dovrebbe andare di pari passo con la tecnologia, ma purtroppo non sempre è così. Dieci anni fa le gomme, le moto non consentivano di raggiungere le prestazioni odierne. Ora si va sempre più forte, specialmente nella percorrenza delle curve. In MotoGP ho spesso richiesto di aumentare lo spazio delle vie di fuga, perché con le moto attuali gli spazi si allungano. Per fortuna sono stati fatti dei grandi passi in avanti per quanto riguarda l’abbigliamento, con caschi e guanti più sicuri e tute munite di airbag. In GP penso ci sia maggiore attenzione alla sicurezza rispetto alla Superbike che corre su circuiti dove la GP non corre da tempo".

 

Quale ritieni che sia il livello dei piloti della Superbike?

"Il livello dei piloti è alto, ma a mio parere il metodo di lavoro è meno valido rispetto a quello della MotoGP. Anche qui ci sono piloti con molto talento, alcuni dei quali potrebbero provare a correre in MotoGP".

 

Ti riferisci a Rea?

"Johnny a mio parere è a metà strada tra la Superbike e la GP, nel senso che non è ancora pronto per i prototipi, ma allo stesso tempo è ad un livello superiore rispetto agli altri piloti delle derivate. Con il mio arrivo sono molti i piloti che stanno cambiando metodologia di lavoro e questo penso sia un bene per la categoria".

 

Ti aspettavi un inizio di campionato così travolgente e vittorioso?

"Sinceramente no. Sono venuto qui con una grande fame di vittorie e sapevo di poter contare sull’appoggio della Ducati e di una grande squadra. Però sono stato sorpreso anche io dal feeling che ho trovato subito con la V4 e dai risultati che stiamo ottenendo. Di certo sono rimasti stupiti anche i nostri avversari che sono passati dal dire che la nostra Panigale non era nulla di speciale ad accusarci di aver portato in Superbike addirittura una MotoGP".

 

A 34 anni sei ancora giovane, ma pensi mai al tuo futuro?

"Ora mi sto divertendo molto e mi sembra di vivere una seconda giovinezza. Sto bene qui e sinceramente non sto nemmeno pensando a quello che farò il prossimo anno. Sono sereno, ho una famiglia e degli affetti alle spalle che mi rendono felice e quindi mi godo il momento e basta".

 

Quanto sono importanti i soldi per te?

"Sono importanti perché servono per vivere, ma se ti riferisci alle corse allora ti dico che non lo sono, nel senso che non sono certamente il motivo per cui corro. Probabilmente guadagnavo di più in GP rispetto ad ora, ma i soldi non sono mai stati determinanti nelle mie scelte sportive. Anche in passato ho rinunciato ai soldi quando ho ritenuto che il progetto che mi veniva proposto fosse importante per me e per la mia carriera. Io corro perché mi piace e perché è la mia vita, ma ovviamente è anche la mia professione e quindi mi deve dare la possibilità di vivere bene".

 

Come ti spieghi il fatto che sino ad ora solo tu hai portato al successo la V4 in SBK?

"Sinceramente non ho mai controllato i dati degli altri piloti Ducati e quindi non ti so rispondere. E’ senza dubbio strano che con una moto performante come questa io sia l’unico a vincere ed è strano soprattutto che gli altri piloti siano così lontani, anche perché la mia moto non è diversa dalle altre. Sono io che guido in modo diverso e forse il motivo è questo".

 

Hai iniziato in 125 ed in 250. Pensi che le due tempi aiutassero maggiormente i giovani a crescere?

"Le vere moto da corsa sono a due tempi. Richiedevano maggiore attenzione ed abilità di guida. Sbagliare e cadere era più facile. Dovevi essere preciso e dare il gas nella quantità e al momento giusto. Ora con le quattro tempi e l’elettronica è tutto più facile e ti vengono perdonati molti errori. Le quattro tempi hanno livellato molto i valori".