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Cinque titoli mondiali consecutivi. Nel mondiale Superbike non era mai successo che un pilota si laureasse campione del mondo per cinque anni di seguito. Era invece accaduto in MotoGP con Valentino Rossi (2001/2005) e Mick Doohan (1994/1998) mentre resta al momento ineguagliato il record di ben sette titoli consecutivi che appartiene al mitico Giacomo Agostini (1966/1972).
Jonathan Rea è sempre più parte della storia della Superbike.
Negli undici anni trascorsi nel mondiale delle derivate dalla serie il 'penta campione' del mondo ha corso sino ad ora 279 gare, vincendone 84 e conquistando 165 podi. Un ruolino di marcia spaventoso, soprattutto se si considera che per 6 anni Rea è stato alla guida di una Honda ben poco competitiva.
Dei cinque titoli conquistati dal nordirlandese questo è stato il più sofferto e meritato. Il campionato non era certo iniziato nel migliore dei modi per Johnny, surclassato da uno straordinario Bautista, che sembrava invincibile in sella alla Ducati Panigale V4, la moto derivata dalla GP che aveva fatto invecchiare di colpo tutte le altre superbike.
Lo spagnolo aveva dominato tutte le prime 11 gare, con distacchi che non avevano riscontro nella storia della Superbike, e a Jerez dopo la Superpole Race, aveva accumulato un vantaggio di 61 punti sul quattro volte campione del mondo.
Ma è stato proprio in quelle 11 gare che Johnny ha fatto la differenza e ha costruito il suo quinto titolo. Se si esclude infatti Gara2 ad Assen, quando chiuse terzo alle spalle dell’idolo locale Van der Mark, Rea si è piazzato al secondo posto in ognuna delle gare dominate dal 'BaBau-tista' riuscendo così a limitare al minimo lo svantaggio.
In altre parole ha dato sempre il 110%. Ma per spingere al massimo sapendo di poter ambire solo al secondo posto bisogna innanzitutto credere ciecamente nel proprio potenziale e in quello della propria moto. Inoltre bisogna avere alle spalle un'azienda e un team che fanno quadrato attorno a te, non smettono di crederci e di lavorare sulle tue indicazioni. E questo alla fine ha fatto una grande differenza: il team e la Kawasaki.
La supremazia di Bautista è durata sino ad Imola, quando su di un tracciato da 'pelo sullo stomaco' che lo spagnolo non conosceva, l’invincibile binomio V4-Bautista ha iniziato a mostrare le prime crepe. Crepe che sono poi diventati crateri a Jerez, quando in Gara2 Alvaro è caduto in modo inaspettato e Rea ha dato inizio alla sua incredibile rimonta.
Nei successivi appuntamento di Misano e di Donington Park, alle cadute dello spagnolo Johnny rispondeva con altrettante vittorie, sino ad arrivare al round di Laguna Seca, dove in tre gare ha recuperato 57 punti, portando a 81 punti il proprio vantaggio in classifica nei confronti del pilota della Ducati.
Il resto è storia recente. A Portimao, nonostante il lunghissimo rettilineo dove la Panigale poteva sfogare tutta la sua dirompente cavalleria, Rea ha aumentato il proprio vantaggio di altri 10 punti e a Magny Cours un’altra caduta di Bautista (incolpevole come quella del quale era stato vittima a Laguna) gli ha permesso di festeggiare il suo quinto titolo iridato con due round ancora da disputare.
Ma è stato un campionato vinto da Rea o gettato alle ortiche da Bautista? Come è stato possibile che un pilota vincitore di 11 gare consecutive abbia poi dilapidato in pochi round ben 61 punti di vantaggio?
Chi non ha la memoria corta ricorderà come già dopo la prima gara di Phillip Island lo spagnolo cercasse di gettare acqua sul fuoco, affermando che la nuova V4 aveva indubbiamente un grande potenziale, ma allo stesso tempo anche alcuni aspetti negativi, che se non fossero stati migliorati sarebbero poi emersi su alcuni circuiti meno favorevoli.
E così è puntualmente successo, ad iniziare da Imola. La nuova Panigale 4 cilindri si è rivelata nel tempo come una specie di dragster: un missile in rettilineo, difficile da controllare in curva. Problemi di telaio? Di assetto? Come ha affermato Bautista in una nostra intervista: “forse non lo sanno nemmeno in Ducati”.
Che non fossero tutte rose e fiori lo ha sempre dimostrato anche Chaz Davies (per non parlare poi dei piloti privati Ducati) che a parte l’exploit di Laguna Seca, ha conquistato solo sette podi in trentuno gare, senza mai riuscire ad adattarsi completamente alla nuova moto.
Inoltre se come abbiamo visto il team e l’azienda sono state tra le armi vincenti del nordirlandese, non altrettanto si può dire per lo spagnolo. In Kawasaki hanno sempre cercato di assecondare tutte le richieste del loro pilota di punta, mentre a detta di Bautista la Panigale V4 è rimasta la stessa dalla prima gara ad ora. I problemi di inizio stagione sono rimasti insoluti.
Inoltre mentre Rea non è mai stato messo in discussione, Bautista è stato spesso indicato come l’unica causa delle cadute e questo ha senza dubbio incrinato il rapporto tra lo spagnolo e la casa italiana. Rapporto che si è poi del tutto spezzato a causa della trattativa per il rinnovo del contratto di Alvaro, che come sappiamo non è andata a buon fine, e Bautista che ha scelto di sposare il nuovo progetto della Honda.
A nostro parere la Ducati ha perso un grande pilota, l’unico che ha portato più volte sul primo gradino del podio la V4 e che ha saputo contendere il titolo a Rea sino alla seconda gara di Magny Cours.
E se forse in Ducati qualcuno rimpiangerà Bautista, di certo molti in Kawasaki rimpiangeranno Razgatlioglu, il più genuino e giovane talento espresso negli ultimi anni dai mondiali delle derivate dalla serie. Le due vittorie francesi del giovane turco hanno mostrato a tutti quello che i più attenti addetti ai lavori sapevano da tempo.
Chi ha seguito la carriera di Toprak dai tempi della Superstock 600, non ha mai avuto dubbi sulle qualità innate di questo pilota, che ha ancora un grande margine di miglioramento.
Il pilota del Turkish Puccetti Racing era destinato al team ufficiale, ma in questi due anni di Superbike si è sempre dimostrato un osso duro per Rea. Toprak (proprio come Johnny) vuole vincere, e con la Ninja ufficiale avrebbe rappresentato un avversario più che un compagno di squadra.
Dopo i problemi di incompatibilità sofferti con Sykes, nel team ufficiale preferiscono un pilota 'veloce ma non troppo' come Haslam o come Alex Lowes, che con ogni probabilità lo sostituirà il prossimo anno.
Da qui è nata la vicenda che alla 8 ore di Suzuka ha fatto inferocire Kenan Sofuoglu, al punto da indurlo ad intavolare una trattativa con la Yamaha e la casa dei tre diapason non si è lasciata sfuggire l’occasione di ingaggiare un pilota con il quale potremo finalmente vedere quale sia l’effettivo potenziale della R1.
Ci attende un 2020 di fuoco.