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JEREZ - Incidente alla curva 2. Gara definitivamente interrotta con la bandiera rossa. Una segnalazione come ce ne sono tante nel corso di una gara, e che non stupisce più di tanto, soprattutto quando in pista ci sono i piloti della Supersport 300.
Questa volta però è diverso. Alcuni piloti arrivano al parco chiuso visibilmente scossi. “Vinales - una voce più alta delle altre si distingue nella ressa del dopo gara - un incidente a Vinales”.
Questa volta è successo qualcosa di grave. Lo si capisce subito dai volti dei team manager e dei tecnici che vengono in sala stampa, sperando di avere qualche notizia migliore rispetto a quelle che hanno udito nel paddock.
Allora vado io nel paddock, tra le tende dei team della 300, perché il cervello ha già capito, ma la speranza che sia tutto solo un malinteso si aggrappa forte ad ogni sguardo, ad ogni commento.
Sino a quando non incontro un pilota della 300 che conosco bene e che con un filo di voce mi dice: “Ho visto tutto, ero dietro di lui”. Il suo racconto è più forte della mia illusione che sia tutto solo un malinteso, e scatena un’angoscia che ho già vissuto.
Ripiombo in quel maledetto 21 luglio 2013. Anche in quel caso un'ambulanza ferma, un elicottero che non decolla e nessuno che parla, perché nessuno vuole sentire la verità.
Non conoscevo Dean Berta Vinales come conoscevo Andrea Antonelli, ma lo avevo visto spesso nel paddock e avevo avuto modo di scambiarci qualche battuta.
Prendo il coraggio a due mani e chiamo uno dei suoi tecnici, un mio caro amico di Roma. Ci incontriamo, mi abbraccia e mi dice: “Era un ragazzo eccezionale. Intelligente, educato e sensibile. Dopo qualche difficoltà iniziale aveva fatto un grande miglioramento e ora stava nel gruppo di quelli davanti. Prima della gara ci eravamo parlati. Stai nel gruppo di testa sino agli ultimi giri, gli avevo consigliato, per evitare incidenti e scivolate”. Non riesce a dirmi altro.
Incidenti e scivolate come ce ne sono tante nel mondiale 300, una categoria che non mi è mai piaciuta e che chiamo “il tritacarne”. Troppi incidenti, troppe scorrettezze e poche penalizzazioni. “Le moto vanno troppo piano – mi dice un altro tecnico della categoria – ed i piloti possono fare quello che vogliono, percorrere traiettorie diverse, possono sbagliare e proseguire comunque la loro gara, magari facendo pagare ad altri il loro errore”.
Sia chiaro che l’incidente che ha portato via Vinales poteva succedere in qualsiasi gara ed in qualsiasi categoria. Dean è stato vittima di un high side, è caduto a terra e non è riuscito ad alzarsi, perché un primo pilota lo ha colpito alle gambe ed un secondo gli è passato sopra il casco.
Questo non toglie che la Supersport 300 sia una categoria pericolosa, che deve essere rivista e riconsiderata. Troppi i piloti al via. Quarantadue a volte quarantaquattro, tutti molto giovani e con moto simili, lente e pesanti.
Ma quello che deve essere rivisto sono senza dubbio il controllo della gara, le sanzioni e le penalizzazioni che dovrebbero far seguito ad azioni pericolose. Negli ultimi giri della 300 succede di tutto, e spesso vince chi riesce a restare in piedi.
Lo Steward Panel che dovrebbe controllare la regolarità delle gare, interviene di rado e mai con penalizzazioni esemplari, che sarebbero invece determinanti per insegnare ai giovani come ci si deve comportare in pista. Perché i piloti della 300 sono giovanissimi e sono spesso più incoscienti che coraggiosi.
Ma come abbiamo già avuto modo di rimarcare, dei tre componenti che formano questa importante Commissione uno solo è un membro fisso, che svolge sempre questo compito. Gli altri due cambiano ad ogni gara, e provengono da Federazioni Motociclistiche di paesi diversi. Non sono dei giudici professionisti e spesso si limitano a controllare che un pilota non esca di pista, senza accorgersi di scorrettezze o azioni che possano mettere a rischio l’incolumità dei piloti.
Forse dopo questo indicente qualcosa cambierà, ma è triste che debba sempre succedere qualcosa di così tremendo perché si parli di regole, di commissioni giudicanti e di sicurezza.