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Il secondo round di Mandalika è stato avvincente con gare spettacolari. Molti i colpi di scena e purtroppo anche gli incidenti, che in alcuni casi hanno scatenato polemiche, soprattutto nei confronti della FIM Stewart Panel, formato da tre esperti che devono giudicare e stabilire eventuali penalità (non la Direzione Gara, che in questo caso non c’entra, ma di questo parleremo prossimamente).
Lo spettacolo non è mancato anche se in Indonesia, così come era successo in Australia, la Ducati ha confermato di essere un gradino sopra a tutti. I suoi piloti, ufficiali o privati che siano, sono sempre protagonisti e l’unica casa che sembra poter contrastare il dominio rosso è la Yamaha.
Il dato più positivo per la casa dei tre diapason è che non è più il solo Toprak Razgatlioglu a stare costantemente con i primi e ad andare a podio, ma anche il suo compagno di squadra, a dimostrazione di come la R1 sia indubbiamente “l’anti Panigale”.
Gli scarsi risultati che i piloti Kawasaki avevano ottenuto a Phillip Island erano stati giustificati con la particolarità della pista, la variabilità del meteo e la mancanza di quelle gomme morbide alla quale la Ninja è abituata.
Il secondo round però ha in parte spazzato via questi alibi ed ha senza dubbio dimostrato come la ZX-10RR sia meno competitiva rispetto non solo alle Ducati ma anche alle Yamaha. Per una casa in calo eccone una in ascesa e mi riferisco alla Honda che era andata bene in Australia con Iker Lecuona ed è andata benissimo in Indonesia con Xavi Vierge. Il Team HRC deve ancora lavorare molto per migliorare la sua Fireblade, ma le super concessioni, il talento dei suoi piloti e soprattutto la volontà dei giapponesi di tornare a vincere in Superbike potranno portare ad ottimi risultati.
Naviga sempre in acque agitate la BMW, e non basta il sesto posto di Michael Van der Mark in gara1 a compensare i risultati degli altri piloti, con la “star” Scott Redding che fatica ad entrare in top ten.
La Superbike ora va in letargo per circa un mese e mezzo, per poi ritrovarsi ad Assen, dove avremo la prova del nove per quanto riguarda la Kawasaki, considerando che la Cattedrale della velocità in passato era terra di conquista per Rea e la sua Ninja. Staremo a vedere.
Nel frattempo ecco i nostri giudizi sui protagonisti delle gare di Mandalika
La pista indonesiana, con una sola traiettoria utilizzabile, ha tradito anche lui, scivolato nella Superpole Race.
Per il resto lo spagnolo non ha sbagliato nulla e si è confermato quasi imbattibile nelle gare lunghe. Una vera macchina da guerra.
E’ lui il vero (unico?) antagonista del BaBau. A Mandalika gli rosicchia due punticini, conquista la sua seconda Superpole (su due) è due volte secondo nelle gare lunghe e vince la gara sprint, dimostrandosi pronto ad approfittare di uno dei rari momenti di difficoltà dello spagnolo. Cosa potrebbe fare di più?
Sembra aver davvero fatto quel salto di qualità che tutti gli chiedevamo. Le gare di Mandalika hanno dimostrato che quello di Phillip Island non era un fuoco di paglia. Andrea è tremendamente consistent e veloce sia nel giro secco della Superpole che sulla distanza delle gare, e non sbaglia niente.
Che abbia del talento lo abbiamo capito, ma deve proseguire serenamente nel suo cammino di crescita, senza voler strafare. I due aggressivi sorpassi sui piloti ufficiali Yamaha (al di là della penalità inflittagli) denotano una grande determinazione, ma anche un nervosismo che non ha motivo di essere. Deve continuare a lavorare sui propri punti deboli se vuole salire sul podio. Senza forzature.
Gli manca sempre qualcosa per far risultato e sino ad ora non si può dire che la fortuna sia dalla sua parte. Non riesce a trovare la messa a punto ideale per la sua V4R e per questo la sua ruota anteriore si deteriora in fretta. Nella Superpole Race è l’ennesima vittima della pista “mono traiettoria”, ed un’imbarcata (all’anteriore) gli scippa il podio in Gara2. E’ sulla strada giusta e non si deve demoralizzare.
Jonny ha perso il bandolo della matassa e con esso anche la confidenza che aveva con la sua Ninja. Il VAI (Variable Air Intake System) ha portato forse più problemi che benefici, e il talento e la grinta del sei volte campione del mondo non bastano più a coprire le magagne della ZX-10RR. Non è capace a chiudere il gas, anche a costo di cadere. Per sua fortuna ora c’è una lunga pausa e poi si correrà ad Assen, una delle sue piste preferite, dove potrebbe ritrovare un assetto decente.
Il suo podio nella gara sprint salva la faccia alla Kawasaki e da un senso al weekend della seconda guida del Team KRT. Per quanto riguarda gli incidenti, l’inglese è al posto sbagliato nel momento sbagliato. Troppo vicino a Petrucci nella carambola che fa cadere lui e il povero Baz, e troppo vicino al francese quando questi stacca il piede dalla pedana. Soffre meno di Rea la scarsa competitività della ZX-10RR, anche perché si sa accontentare.
E’ venuto in Superbike per divertirsi e ritrovare la voglia di correre in un mondiale. Dopo un approccio soft ora inizia a prenderci gusto, a fare risultati, a lamentarsi delle sportellate e (giustamente) delle decisioni farlocche della FIM Stewart Panel. Buon segno. Petrux sta tornando.
Alti e bassi per il pilota della Honda. Irriconoscibile in Australia, sul podio in Indonesia. Al di là dei risultati (e di un anno in più di esperienza in SBK) sia lui che il suo compagno di squadra confermano che la Fireblade è migliorata. Da ora in poi però bisognerà vedere se i progressi proseguiranno o se il limite della CBR è quello attuale.
E’ stato una delle vittime della gastroenterite che ha colpito anche Tom Sykes ed Eric Granado. Difficile quindi giudicarlo per quanto si è visto a Mandalika.
Non si da per vinto, guida sopra i problemi e ce la mette tutta. Dopo un insperato sesto posto in gara1, viene tradito dalla pista nella gara sprint ed è ottavo in Gara2. Al momento con la M1000RR non si può fare di più.
Va bene essere sinceri e spontanei, ma lui dovrebbe essere anche un professionista, essendo pagato in quanto tale. Le lamentele, le sceneggiate in pit lane e le critiche non portano da nessuna parte. Ha l’unico merito di aver finalmente smesso di lamentarsi per il peso di Bautista.
Lo buttano in terra e poi gli rompono un piede e una caviglia. Se a questo aggiungiamo che guida la BMW del Team Bonovo Action il quadro è completo. Il voto lo merita per aver subito perdonato Lowes, e per non aver perso il sorriso nemmeno sull’ambulanza che tra mille buche lo ha portato in ospedale. Un grande