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Le gare che si disputano sul circuito di Phillip Island sono sempre molto particolari. A inizio campionato ci sono moto già collaudate che magari, come nel caso delle Ducati, non hanno cambiato quasi nulla, ed altre che devono invece ancora essere sviluppate, come ad esempio la Bimota. In altri casi ancora sono i piloti che, avendo cambiato squadra, si devono adattare alle loro nuove moto e non riescono quindi ad esprime il loro reale potenziale.
A rendere unico l’appuntamento australiano è poi il tracciato, con un layout dalle caratteristiche particolari ed un asfalto abrasivo che mettono a dura prova le prestazioni delle gomme.
Le gare dello scorso week end non hanno certo fatto eccezione, e i cambi gomme obbligatori alla fine non hanno influito molto sui risultati, ma hanno costretto team e piloti a strategie che di solito non vengono adottate.
Di conseguenza i risultati di Phillip Island vanno spesso presi con le molle. Lo scorso anno Alex Lowes e la Kawasaki tornarono dall’Australia con due vittorie che furono però le uniche della stagione. Lo stesso successe a Marco Melandri nel 2018, mentre nel 2015 Leon Haslam vinse Gara 2 e dovette poi aspettare l’ultima gara di Losail prima di tornare sul gradino più alto del podio. Michel Fabrizio nel 2013 a Phillip Island conquistò il terzo posto in Gara 1, ma poi non riuscì più a salire sul podio. E questi sono solo alcuni degli esempi, perché i risultati del primo round non sempre rispecchiano i reali valori in campo, ma quest’anno riteniamo che Bulega abbia invece dato un segnale forte, e che abbia dato una chiara impronta al campionato, però chi deve rincorrere ha tutto il tempo e le possibilità per farlo.
E’ stato un primo appuntamento caratterizzato da un meteo pazzo, con temperature che passavano dai 18 ai 33 gradi da un giorno all’altro, ma per fortuna la pioggia ha risparmiato piloti e pubblico e alla fine sono stati oltre 49.000 gli appassionati che nei tre giorni hanno affollato le tribune naturali del fantastico autodromo.
Lo spettacolo in pista deve essere piaciuto anche alle grosse oche grigie che spesso in passato hanno costretto la direzione gara ad esporre la bandiera rossa, ma che quest’anno sono rimaste a bordo pista, forse ad ammirare la guida sciolta e naturale di Nicolò Bulega.
Ecco i nostri voti ai protagonisti di Phillip Island:
Il voto giusto sarebbe 12 come le sessioni, le gare ed il warm up nel quale il giovane pilota della Ducati ha primeggiato e che sono poi tutte quelle disputate dai piloti SBK, test ufficiali compresi.
Il suo è stato uno strapotere che poche volte ci è capitato di vedere. E poi quando sono gli avversari a farti i complimenti significa che sei stato davvero il migliore. Nicolò non ha sbagliato niente, ha scelto le strategie giuste ed ha sempre letto bene le gare. Ora non resta che attendere i prossimi round per capire se davvero la Superbike 2025 ha trovato il proprio dominatore.
Al di là dello sfogo post Gara 2 del quale abbiamo parlato a parte, ritengo che il turco abbia come sempre dato il massimo, guidando spesso sopra i problemi della BMW. Il pericoloso dritto nella Superpole Race ed il conseguente tredicesimo posto è stato causato da un problema ai freni mentre il ritiro in Gara 2 da un non ben identificato problema elettrico.
L’impressione è che Toprak si sia svegliato da un bel sogno e la realtà lo abbia alquanto innervosito. Però il suo talento non si discute, così come la sua voglia di vincere e primeggiare. Avrà tempo per rifarsi.
La differenza tra il Bautista campione del mondo e quello della passata stagione sta tutta nella costanza dei risultati e anche in Australia lo spagnolo ha mostrato alti e bassi preoccupanti. Dopo un ottimo quarto posto in Superpole Alvaro è salito sul podio in gara1 ma nella gara sprint ha commesso due errori. Si è rifatto alla grande nell’ultima gara, ma ora che ha trovato il feeling con la sua V4 se vuole puntare al titolo deve essere più continuo.
Quello visto a Phillip Island è un pilota diverso rispetto a quello della passata stagione. A eccezione delle lamentele nei confronti della sua squadra (con le quali pensa di mettersi al sicuro da ogni eventuale critica) Andrea è stato costante ed è apparso sicuro di poter svolgere un ruolo da protagonista in questo 2025. Attendiamo la conferma nei round europei.
Iniziare la stagione con un podio non fa mai male, ma da lui ci aspettiamo qualcosa in più. Il ternano è sempre stato in lotta per il podio e ci è salito nella gara sprint, ma non abbiamo visto quel guizzo, quella grinta che sappiamo essere in suo possesso. Bravo ma non bravissimo.
Chi lo dava per finito (io) si deve ricredere. Tornato sulla Ducati il tatuatissimo pilota inglese ha ritrovato la voglia di correre e di lottare. Ha sempre lottato per il podio e lo avrebbe anche meritato. Curiosissimi di vedere come proseguirà la sua stagione ma intanto il biondo è tornato.
Nonostante il suo grande impegno su di una pista che gli piace molto, Andrea non è mai riuscito ad inserirsi nel gruppo degli inseguitori, ma se qualcuno riesce a fare di meglio con una Yamaha si faccia avanti.
Ha fatto compagnia a Locatelli nel gruppo dei “vorrei ma non posso”, ma è ovvio che la KB998 sia ancora acerba. Non è mai caduto ed ha lavorato molto con la sua squadra allo sviluppo della moto. Per ora il suo obiettivo è questo.
Work in progress anche per l’italiano della Bimota che si è plafonato tra il nono ed il decimo posto. Ma per ora più che la pista deve impegnarsi nel box. Diamogli tempo. A lui ed alla sua squadra.
Un weekend in crescendo quello del gemello inglese della Ducati che domenica si è inserito nella top five. E non è mai caduto.
Tre volte undicesimo. Che costanza. Senza nemmeno l’aiuto di un compagno di squadra lo spagnolo della Honda ha fatto quello che ha potuto, con una moto che non mostra mai segni di miglioramento importanti.
Ottimo debutto per il rookie del Barni Spark Racing Team. Yari sta imparando in fretta ed i suoi risultati australiani (scivolata di Gara 1 a parte) sono andati oltre le aspettative. Arriveranno anche momenti difficili ma ci sembra abbia imboccato la strada giusta.
Il nordirlandese ha rappresentato l’unica nota negativa di un primo round bello e interessante. Da alcuni anni la pista australiana è diventata ostica per il sei volte campione del mondo, e in un momento delicato della sua carriera questo infortunio proprio non ci voleva. Non ci sarà a Portimao e forse nemmeno ad Assen ma siamo certi che non mollerà niente e che lotterà come un leone come ha sempre fatto. Forza Jonny! (e che nessuno parli di ritiro)
A lui l’onore di aver portato per la prima volta alla vittoria la nuova Yamaha R9. Il romagnolo è assolutamente sprecato in Supersport ma cercherà di lasciare la categoria in bellezza, magari con un mondiale che ne consacri tutto il talento. E nel 2026 lo vogliamo in SBK, con o senza una Yamaha.