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In occasione della presentazione del Team BbK abbiamo visto dove nascono le Bimota. Tutto avviene nello stabile di Cerasolo, vicino a Rimini. Succede tutto li, dalla progettazione al primo prototipo, dallo sviluppo alla produzione. In Bimota non hanno segreti e ci hanno aperto tutte le porte. Abbiamo potuto vedere il laboratorio, l’officina, i magazzini con tutti i componenti, la produzione e il prodotto finito. Tante bellissime KB998 Rimini tutte in fila, ma anche la Terra e la mitica Tesi che fa bella mostra di sè all’ingresso, un incredibile “biglietto da visita”.
Dopo questo interessantissimo tour abbiamo intervistato Pierluigi Marconi è il Chief Operating Officer di Bimota, colui che ha vissuto in prima persona tutta la storia dell’azienda romagnola nella quale milita dal 1982. Nessuno meglio di lui conosce ed impersonifica gli ideali e la particolare “filosofia” che consente la realizzazione di moto uniche, vere opere d’arte, curate nei minimi particolari. Moto che nascono in pista, e vengono successivamente elaborate e sviluppate per poter poi entrare in produzione.
Partiamo dalle rivoluzionarie alette aerodinamiche. Come funzionano?
“Quelle che vedete sulla moto di Bassani o di Lowes sono esattamente come quelle che trovate sulla moto di serie. Sino ad una certa velocità le alette non si muovono, dopo di che iniziano ad abbassarsi per diminuire la resistenza all’aria e una volta superati i 250 km/h diventa piatta e non oppone quindi nessuna resistenza. In frenata le alette si alzano, ma una volta rilasciata la leva del freno tornano all’inclinazione derivante dalla velocità della moto. Il tutto regolato ovviamente dall’elettronica”.
L’inclinazione della moto non modifica il movimento delle alette
“Ancora no. Non lo ha ancora fatto nessuno, ma se creassimo delle alette asimmetriche potremmo migliorare l’inserimento in curva. Per ora non lo abbiamo fatto”.
Quanti telai e quanti forcelloni avete dovuto creare e provare prima di arrivare alla soluzione finale?
“Due. Ci siamo arrivati in fretta, ma non ci siamo fermati. Si può sempre migliorare, ma al momento ne abbiamo provati solo due”.
Come siete arrivati a decidere di realizzare un telaio come quello della KB998?
“Abbiamo deciso di utilizzare un telaio misto acciaio ed alluminio perché siamo partiti dal concetto di far lavorare al meglio gli pneumatici. Garantire la miglior aderenza senza consumare troppo le gomme. Il nostro telaio offre un ottimo compromesso tra la rigidità richiesta in fase di frenata e la flessibilità richiesta in curva”.
Il baricentro della vostra moto è più basso rispetto ad esempio alla Ninja Kawasaki?
“Non posso darti dei valori, ma mi limito a dirti che sulla nostra moto possiamo variare l’inclinazione del motore e che il nostro baricentro è diverso rispetto alla Ninja”.
Come funziona praticamente la vostra collaborazione con Kawasaki?
“E’ molto semplice. Noi possiamo avere tutto da Kawasaki, ma quello che ci interessa è la parte elettronica ed il motore, che acquisiamo completamente, però alla parte ciclistica pensiamo noi.
Tu hai vissuto tutta la storia di questo marchio, dalla prima vittoria in Superbike con Tardozzi alle moto di Bassani e Lowes, ma cosa ci puoi dire della Bimota attuale?
“Ritengo che quella attuale sia la vera Bimota. Quando è nata questa azienda la tecnologia era allo stato iniziale ed era migliorabile anche con bassi investimenti. Attualmente le nuove soluzioni tecnologiche dipendono tutte dall’elettronica che è costosissima. Per creare un cruscotto ci vuole un milione di euro. Costi impossibili da sostenere per un’azienda come la nostra. Con l’aiuto di Kawasaki abbiamo potuto e potremo anche in futuro realizzare i nostri progetti. La Bimota senza la Kawasaki non esisterebbe. Lo stesso vale per la rete distributiva. Se non hai una buona e capillare rete distributiva è impossibile vendere le moto”.
Un matrimonio perfetto?
“Fantasia, creatività e velocità di realizzazione italiane, tecnologia, qualità ed organizzazione giapponesi. Una realtà unica, quasi perfetta. In un anno e mezzo abbiamo progettato e realizzato la KB998, l’abbiamo portata in pista ed i nostri piloti hanno fatto segnare subito dei tempi molto vicini a quelli di moto che corrono in pista da molti anni.
E poi c’è il fascino del marchio Bimota. Un valore aggiunto
“Tutte le nostre moto sono assemblate una per una, i nostri componenti sono particolari, studiati sino al minimo dettaglio, derivati dal pieno o in carbonio. Nessuna azienda fa altrettanto, nemmeno la Kawasaki. Ed è questo il valore aggiunto che noi portiamo alla collaborazione con la casa di Akashi”.
Come stai vivendo emotivamente questo ritorno alle competizioni?
“Ti dico solo che oggi mi veniva da piangere. Quando nel 2019 abbiamo iniziato a collaborare con Kawasaki ci hanno detto che un giorno saremmo tornati in pista ed io mi sono chiesto se avrei avuto il tempo di rivivere quel ritorno. Lo vedevo come una meta molto lontana. Invece sono passati solo cinque anni e siamo qui a presentare la nostra squadra per la Superbike. Un sogno che si realizza”.