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L’ingegner Ernesto Marinelli, attualmente Direttor Tecnico di Termignoni, ha trascorso una vita in Ducati. Laureatosi con una tesi su un nuovo dispositivo per le bicilindriche bolognesi, venne assunto a Borgo Panigale ancora giovanissimo e li è rimasto sino ad alcuni anni fa, quando... due ingegneri nello stesso “pollaio” non avrebbero potuto convivere. Ed è allora che Ernesto ha iniziato la sua nuova ed interessante collaborazione con l’azienda produttrice di impianti di scarico.
In passato, era stato per anni Responsabile del progetto Ducati nel mondiale Superbike, avendo a che fare con campioni del calibro di Noriyuki Haga o Troy Bayliss, tanto per fare due nomi. Nel biennio 1998-1999 Marinelli era in America, a dirigere il progetto Ducati AMA Superbike ed è lì che ha conosciuto Anthony Gobert.
Prima ancora di potergli fare qualche domanda Marinelli mi confessa: “Non puoi immaginare quanto sia dispiaciuto e rattristato dalla morte di Anthony. Un ragazzo che con me si è sempre dimostrato dolce ed educato”.
Per quanto hai lavorato con lui?
Per due anni, ed oltre che nell’AMA abbiamo fatto anche una wild card nel World Superbike a Laguna Seca. Nel 1998 Anthony vinse tre gare AMA e chiuse in nona posizione, mentre l’anno successivo terminò il campionato al terzo posto con 5 vittorie. E fu in quell’anno che abbiamo fatto la wild card con lui ed il suo compagno di squadra nel Team Ducati Vince&Hines: Ben Bostrom. Gara1 fu un vero trionfo. Vinse Gobert e Ben arrivò secondo. In Gara2 fu Bostrom a vincere, mentre Anthony fu purtroppo costretto al ritiro, ma fu una giornata indimenticabile.
Che pilota era?
Quando stava bene ed era sobrio non ce n’era per nessuno. Me ne accorsi subito nel primo test a Daytona. Si presentò “pulito” ed in piena forma e fece subito il record della pista. Fece segnare il record in quasi tutti i tracciati dove correva, ed alcuni di questi hanno poi resistito per molti anni, senza che nessuno riuscisse a migliorarli.
Cosa chiedeva ai suoi meccanici? Come si sistemava la moto?
Non la sistemava. Mi diceva sempre: “nelle libere provo quello che volete voi, ma poi per qualifiche e gara rimettetemi la moto come al solito”. Correva in tutte le piste con lo stesso assetto, e siccome vinceva e stabiliva sempre nuovi record evidentemente aveva ragione lui. Affermava che doveva conoscere bene la moto per poterla portare al limite sempre, in tutte le curve, e quindi doveva essere sempre la stessa. Ci pensava lui ad adattare il suo stile di guida alla pista.
Cadeva poco
Mai. Aveva una padronanza del mezzo impressionante, tanto che sinceramente non mi ricordo una sua caduta.
Non hai mai avuto problemi con lui?
No, io no. In quei due anni qualche volta si capiva che aveva bevuto un po troppo magari la sera prima, ma poi arrivava in pista in condizione di poter correre senza problemi. Una volta in un round AMA il giovedì non si presentò nel box. Nemmeno il giorno successivo fece avere sue notizie ed iniziammo a preoccuparci. Arrivò sabato mattina giusto in tempo per le qualifiche. “Scusate. Non ero in forma, ma ora sono qui”. Salì in moto e dopo pochi giri fece la pole. I suoi avversari stavano girando da giovedì mattina. Lui era così.
La sua pista preferita era Laguna Seca?
“Si Laguna gli piaceva particolarmente. Una volta per le qualifiche andai all’interno del cavatappi, in mezzo agli alberi. Lui passò e vidi subito che stava andando fortissimo. Tornai al box e seppi che aveva stabilito il nuovo record della pista. Quando arrivò si tolse il casco e mi disse: “Hai visto come l’ho fatto il cavatappi? Ti ho visto in mezzo agli alberi ed ho spinto ancora di più!”. Come abbia fatto a vedermi mentre faceva il giro record resta un mistero. Ma lui andava forte su tutte le piste. Un'altra volta eravamo a Daytona, entrò per le qualifiche e fece il primo giro in 1.52. Tornò subito al box e montammo la gomma da tempo. Con quella fece un giro in 49 ed un secondo in 48,5, nuovo giro veloce del tracciato. Si fermò al box e si sedette davanti al monitor dei tempi. “Se qualcuno fa meglio di me rientro”. Non rientrò. Quando aveva stabilito il giro veloce mancavano circa 50 minuti al termine del turno. Il secondo si fermò a sette decimi da lui.
Un talento naturale.
Assolutamente. Allora l’elettronica non esisteva e lui pur avendo una guida pulita faceva cose incredibili, imprese che mi lasciavano a bocca aperta e mi emozionavano. E’ stato un privilegio lavorare con lui. Disponeva di un talento probabilmente superiore a quello dei migliori piloti che io abbia conosciuto, però gli mancava la costanza. Un istintivo al quale mancava il metodo, il lavoro.
Che ragazzo era?
“Io con lui non ho mai avuto problemi. Se aveva dei problemi non si presentava in pista, ma quando c’era era sempre sorridente, gentile ed educato. E’ stato rovinato dall’alcool prima ancora che dalle droghe, che penso siano state una conseguenza. Mi ha fatto sempre molto male sentire che fine aveva fatto e speravo sempre che si potesse riprendere. Purtroppo non ce l’ha fatta.