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La prima volta che ho avuto modo di intervistare Garrett Gerloff è stato dopo il suo terzo posto a Barcellona. Sino ad allora l’americano era stato una specie di oggetto misterioso. Il suo team ne parlava un gran bene, ma i risultati non erano esaltanti. Ovviamente nessuno si aspettava che una volta catapultato dal MotoAmerica al mondiale Superbike, senza conoscere le piste e gli avversari, Garrett riuscisse a stare subito con i primi, ma sino alla gara al Catalunya circuit il suo miglior risultato era stato il decimo posto. Il suo podio di Barcellona ha sancito la fine del suo apprendistato, la conclusione di un percorso iniziato con la sua ferma volontà di ripetere le gesta dei suoi idoli americani.
Come è successo che sei arrivato in Superbike? E’ stata un’idea tua o della Yamaha?
"E’ stata una mia scelta, un mio preciso obiettivo. Da ragazzo guardavo in televisione le gare di Nicky Hayden, Ben Spies e Colin Edwards, tutti grandi piloti americani. Sono loro che mi hanno dato l’ispirazione. Nella vita bisogna avere degli obiettivi e dei sogni. Il mio è sempre stato quello di correre in Superbike per emulare i miei idoli."
E come è stato il tuo impatto con l’Europa? Con un modo di vivere molto diverso da quello americano.
"È una cultura completamente nuova per me. La vita in Europa è molto diversa per tanti fattori, che vanno dagli orari dei negozi all’alimentazione. C’è voluto un mese per iniziare ad adattarmi alle abitudini europee. Ho avuto la fortuna di allenarmi con lo stesso trainer del team Petronas MotoGP, una persona che mi ha aiutato molto a comprendere la cultura e la mentalità degli europei."
E il cibo?
"Amo il cibo che si mangia qui in Europa. A me piace variare, conoscere paesi diversi e gustare diversi tipi di cibo. Alcuni miei amici texani sono venuti a trovarmi e sono rimasti con me due settimane, ma si lamentavano spesso per il cibo. Per me è una cosa inconcepibile, perché io amo la cucina italiana, quella francese e quella spagnola. Ma in effetti è un cibo diverso da quello che mangiamo noi negli USA e questo per qualcuno può rappresentare un problema. Per me tutto quello che è nuovo scatena curiosità e voglia di provare, di imparare. Questo tipo di mentalità ti permette di fare nuove esperienze e di comprendere meglio le diverse culture."
Sei texano come Edwards e Spies. Sei in contatto con loro?
"Mi sento spesso con Ben Spies e quando ero in America andavo spesso al camp di Colin Edwards. È a soli venti minuti da casa mia e mi piaceva andarci per poter fare un po di cross o di flat track. Questo mi ha permesso di conoscere bene Colin e di parlare con lui della sua esperienza in Europa. Mi sento anche con Wayne Rainey, che ha un ruolo molto importante nel campionato Moto America. E’ strano ed affascinante per me aver visto in televisione questi autentici miti del motociclismo americano ed avere ora delle relazioni personali con loro. E’ un qualcosa che non avrei mai pensato potesse accadere. Sono tutti molti gentili con me, mi danno molti consigli e questa è una cosa fantastica."
Com’è il livello nel Moto America? Lorenzo Zanetti mi ha detto che è molto alto
"Il livello attualmente è davvero molto alto. Ci sono piloti come Beaubier, Elias o Fong che potrebbero far bene anche qui nel mondiale. Purtroppo in Europa non tutti conoscono il nostro campionato, e quindi sono critici con i piloti americani che vengono a correre in Europa, senza considerare tutte le difficoltà che incontriamo quando corriamo fuori dai nostri confini. E’ tutto diverso, le gomme, le piste, le moto. Serve indubbiamente del tempo per adattarsi al mondiale Superbike. Qualcuno come Ben Spies ci è riuscito in poco tempo, mentre altri ci hanno impiegato più tempo. Io ho fatto fatica all’inizio del campionato, e solo negli ultimi due round ho capito di aver fatto dei notevoli progressi."
Quali sono le differenze più nette tra la R1 che utilizzavi negli USA e quella che usi qui in Superbike?
"Ce ne sono tante. Innanzitutto la parte elettronica, ma anche le sospensioni, i freni. Il serbatoio della superbike è molto più piccolo e questo cambia il baricentro e quindi la guidabilità della moto. Ad inizio stagione non mi sentivo a mio agio su questa R1, ma ora penso di essere in grado di sfruttarne tutto il potenziale."
E le gomme?
"Nel campionato MotoAmerica utilizziamo le Dunlop mentre qui usiamo le Pirelli. Sono molto diverse ed influenzano il tuo stile di guida. Le Dunlop hanno un range di utilizzo molto limitato. Hanno un buon grip ad inizio gara, ma poi non calano molto alla distanza. Al contrario le Pirelli offrono un grip incredibile nei primi giri, ma poi calano lentamente. Non è stato facile per me ad inizio campionato, perché nei primi giri non sfruttavo il maggior grip e quindi perdevo terreno nei confronti dei miei avversari, mentre poi nel finale soffrivo la minor aderenza. Ora ho imparato."
Il team GRT ti aiutato?
"Sono persone fantastiche, che vogliono il meglio per me e che lavorano sodo per aiutarmi ad esprimermi al meglio. Siamo molto uniti e non solo quando le cose vanno bene, ma anche quando qualcosa non va come dovrebbe. Loro mi spronano sempre a dare il massimo e a non fermarmi davanti ai problemi. Sono molto contento di poter restare ancora un altro anno con questo team."
Sembra che tu non faccia fatica ad imparare piste nuove. E’ sempre stato così?
"Le piste dove corriamo negli USA sono quasi sempre le stesse e quindi non ce ne sono di nuove. Penso che per me sia facile imparare in fretta almeno il 90% di una nuova pista. Però per imparare ad andare davvero forte la devi conoscere al 100% e quel 10% è la differenza che corre tra me ed i top rider della Superbike. E’ questione di esperienza."
Ti aspettavi di salire sul podio a Barcellona o è stato un evento inaspettato?
"Me lo aspettavo. Dopo le prime gare mi ero accorto che io e la mia squadra avevamo tutte le capacità per emergere e per stare davanti. Però era come se avessimo avuto davanti a noi un grande puzzle, tutto da comporre. I pezzi c’erano tutti, ma l’immagine non era ancora chiara. Mano a mano che la stagione è proseguita i pezzi sono andati al loro posto ed è arrivato il primo podio. Al Motorland non avevamo ottenuto i risultati sperati, ma avevamo fatto un grande passo in avanti. Arrivati a Barcellona ho avuto subito la consapevolezza di poter ottenere un grande risultato e ce l’ho fatta. Il podio mi ha dato la certezza di poter stare con i più forti. Per me la cosa importante, nelle corse come nella vita, è migliorare costantemente la mia mentalità, le mie esperienze. Questo mi permette di acquisire autostima, e maggiore consapevolezza delle mie capacità."
Il prossimo anno avrai imparato le piste ed avrai una maggiore esperienza. Quali sono i tuoi obiettivi per il 2021?
"Il mio obiettivo per il prossimo anno è quello di essere il primo dei piloti Yamaha. Non è un traguardo semplice da raggiungere, ma bisogna sempre darsi degli obiettivi e lavorare per raggiungerli. Ho la fortuna di continuare con il team GRT e questo mi aiuterà molto. Inoltre la Yamaha ci supporterà maggiormente, ed avrò a disposizione la R1 in versione 2021."
Sei solo qui in Europa o con la tua famiglia?
"Ho scelto di venire in Europa da solo, per trovarmi nella condizione di dover trovare nuovi amici e di iniziare un nuovo capitolo della mia vita. Ero consapevole che non sarebbe stato facile, ma sono convinto che è nei momenti difficili che diamo il meglio di noi stessi ed io voglio dare il massimo per sfruttare questa grande occasione che mi viene offerta. Ho conosciuto molti nuovi amici, tra i quali anche alcuni piloti del mondiale Moto3 e Moto2. Con loro ci alleniamo e passiamo dei bei momenti insieme. La quarantena l’ho trascorsa in Texas, ma appena ho potuto sono venuto qui in Europa."
Dove abiti?
"Non ho una casa o un posto fisso nel quale vivo. Quando non sono in Texas mi muovo tra l’Italia e la Spagna. Sono un po un vagabondo, ma va bene così. Come ti ho detto prima mi piace cambiare, fare nuove esperienze ed imparare cose nuove."