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Si leggono spesso interventi da parte di Dorna a favore della MotoGP, per aiutare team e piloti ad affrontare la crisi economica derivante dalla mancata disputa delle gare a causa del Coronavirus.
Carmelo Ezpeleta (CEO di Dorna) ha già annunciato il decreto salva team per la MotoGP, che prevede una serie di pagamenti anticipati ai team privati della classe maggiore, mentre per quanto riguarda Moto2 e Moto3 l’IRTA, l’associazione dei team, aveva anticipato i pagamenti a tutte le squadre ed Ezpeleta ha successivamente stanziato un pagamento di 25.000 euro per ciascuno pilota delle due categorie. Tutto questo – per citare le parole del CEO di Dorna- “al fine di garantire il benessere economico delle squadre indipendenti e del loro personale, nonché di garantire la loro sussistenza per il futuro”.
E per la Superbike? Ricordiamo innanzitutto che il promoter spagnolo non è “proprietario” dei campionati delle derivate dalla serie, ma ne è stato incaricato della gestione da parte di Bridgepoint, importante gruppo internazionale di private equity, che nel settembre del 2011 ha acquisito Infront e di conseguenza anche la Superbike. La persona incaricata da Dorna di gestire il mondiale è l’ex pilota Gregorio Lavilla, che ha assunto ufficialmente la carica di Direttore Esecutivo delle Aree Sporting & Organization WorldSBK. Assieme a lui opera Marc Saurina, WorldSBK Executive Director Commercial, Marketing&Media, che però, come descritto dalla sua qualifica ufficiale, si occupa degli sponsor e dei media.
Per sapere cosa stia facendo il promoter spagnolo per il futuro della Superbike, e cosa possiamo aspettarci da una eventuale ripresa dei campionati, abbiamo intervistato Lavilla, che si è dimostrato non solo disponibile, ma anche molto attento e sensibile alle problematiche che stanno interessando tutte le persone che gravitano attorno ai mondiali delle derivate, molte delle quali stanno andando incontro a seri problemi economici.
Come state lavorando in Dorna in questo periodo?
"In Dorna abbiamo creato un gruppo di lavoro, del quale io ed altri facciamo parte per quanto concerne la Superbike. Stiamo lavorando su varie soluzioni. Al momento non possiamo che restare nel campo delle ipotesi, in quanto non sappiamo quando potremo uscire di casa e nemmeno quando potremo viaggiare da una nazione a un’altra.
Stiamo programmando alcune possibili soluzioni future, alla luce di quanto gli Stati che abbiamo interpellato ci stanno richiedendo, anche se a loro volta, al momento, non dispongono di leggi e regole ben definite. Per quanto riguarda ad esempio la possibilità di correre a porte chiuse, se ne è parlato per la GP, ma ci stiamo lavorando di pari passo anche noi per la SBK. Sappiamo dai pass permanenti quante persone sono solitamente presenti nel paddock, esclusi piloti e meccanici. Di conseguenza ci stiamo preparando all’eventuale possibilità di far entrare in autodromo un numero limitato di persone, come ci è stato paventato da alcuni governi europei, in modo da stabilire quali attività potremmo svolgere e a quali altre dovremmo invece rinunciare. Ma sono solo ipotesi, perché i Governi non ci danno nessuna indicazione precisa, nessuna data sulla quale lavorare. E quindi non possiamo che prepararci a tutti i diversi tipi di possibilità".
Non si tratta solo di gare, ma soprattutto della salute e della sopravvivenza economica di centinaia di famiglie...
Ti garantisco che la mia preoccupazione non è rivolta solo al mio posto di lavoro ed a quello dei miei colleghi, ma a tutte le persone che fanno parte del mondo della Superbike, e che con il loro lavoro mantengono se stessi e le loro famiglie. Inclusi i nostri fornitori di servizi o le varie aziende che lavorano con noi e con i team. Io sono personalmente vicino a queste persone, e sto lavorando duramente, con l’obiettivo di garantire un futuro a tutti loro, anche se so che si tratta di un compito difficilissimo. E’ una situazione umanitaria che va ben oltre lo sport. Stiamo lavorando con il nostro massimo impegno per non lasciare nulla di intentato, per essere pronti a gareggiare in qualsiasi situazione che ci possa venir prospettata, in modo da riattivare tutta l’economia che deriva dai nostri campionati.
Come avete considerato la proposta di un possibile campionato invernale?
E’ una possibilità, ma per quanto ci riguarda non è una soluzione attuabile: anche se al momento siamo impegnati a cercare di ritornare a correre il più presto possibile, abbiamo comunque valutato con attenzione questa proposta, riscontrando alcuni punti positivi ma anche molti punti a sfavore. In un calendario “ribaltato”, vale a dire da ottobre a febbraio, il reale periodo di non concomitanza con le altre gare motoristiche come GP o F1 sarebbe solo di tre mesi, nei quali potremmo organizzare al massimo 4 o 5 eventi. Quindi solo un terzo del nostro campionato. Questi eventi dovrebbero essere disputati al di fuori dell’Europa, con un aumento dei costi molto importante, sia per le squadre che per la Dorna, che solitamente partecipa alle spese dei team nelle gare oltre oceano. Un aumento dei costi che è in netto contrasto con la situazione della quale abbiamo parlato sino ad ora. Non dimentichiamoci poi che si interromperebbe quel flusso di piloti che c’è sempre stato, e che si è incrementato negli ultimi anni, tra GP/Moto2 e SBK/SS in quanto i campionati delle derivate inizierebbero quando quelli della GP sarebbero ancora in corso e viceversa. In altre parole riteniamo che questa sia una possibilità da valutare, ma non certo adesso, sia perché non esiste il tempo materiale per poterla organizzare e sia perché non esistono al momento le necessarie coperture economiche. Si tratterebbe infatti di trovare 4 o 5 autodromi fuori dall’Europa, in grado di sopportare l’esborso economico necessario non solo per disputare le gare, ma anche per aiutarci a sostenere le maggiori spese che i team si troverebbero ad affrontare in termini di spedizioni e trasporti aerei.
Se poi si pensa che molto probabilmente a causa del virus le gare si potrebbero disputare a porte chiuse, e quindi senza gli incassi dei biglietti, è facile comprendere come un simile progetto non sia realizzabile. Potrebbe essere una soluzione per il futuro, ma come abbiamo appena detto, il futuro sarà molto diverso dalla realtà attuale, ed andrà affrontato adattandoci a nuove realtà sociali ed economiche.