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Stefano Manzi è uno dei migliori “prodotti” del nostro motociclismo. La prima volta che l’ho intervistato è stato a Misano in un round del CIV 2013. Faceva parte di quella generazione di fenomeni che è ora protagonista dei vari campionati mondiali, dalla MotoGP alla Superbike ed alla Supersport.
Se nel 2013 avessi dovuto puntare su uno solo di loro lo avrei fatto proprio su Manzi, che invece una volta arrivato al mondiale Moto3 ha perso quello smalto e quell’irruenza di guida che lo caratterizzava in giovane età. E’ uno dei temi che abbiamo affrontato in questa intervista nella quale si parla del passato, ma ovviamente anche del futuro.
Stefano è contento di essere approdato nei mondiali delle derivate, dove ha trovato un ambiente amichevole e più rilassato rispetto a quello della MotoGP. Anche per questo ha ritrovato la gioia di correre per vincere, e nonostante sia lui che la sua Triumph fossero al debutto in Supersport, la sua è stata una stagione molto positiva, culminata con la vittoria di Portimao, la prima per la casa inglese nel mondiale.
Per lui la grande novità ora si chiama team Ten Kate Yamaha. La squadra olandese si è aggiudicata gli ultimi due titoli mondiali della classe intermedia delle derivate con Dominque Aegerter e per restare al vertice punta tutto su Manzi e sullo spagnolo Jorge Navarro, che vanno a comporre il team forse più temibile della Supersport, con una competitiva Yamaha R6.
Stefano sa che, dalla prossima stagione, potrebbe iniziare per lui un percorso che porta direttamente alla Superbike e sa di avere tutte le carte in regola per poterla percorrere con successo.
L’unica incognita potrebbe arrivare dal regolamento che potrebbe favorire le moto di cilindrata superiore a 600, che già nel 2022 si sono dimostrate in grado di lottare e battere le quattro cilindri. Attualmente il campionato è livellato, incerto e spettacolare e la speranza è che resti così.