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Superbike in crisi? Voci pessimistiche ci riportano che il mondiale delle derivate dalla serie non ha un futuro, schiacciato dalla GP e vessato dalla Dorna. Specialmente di questi tempi, nei quali è di moda rimpiangere e mitizzare il passato, si ricordano spesso quelli che vengono definiti i tempi d’oro della Superbike, quando a scendere in pista erano i vari Fogarty, Haga, Corser e Bayliss.
Altri tempi, realtà irripetibili.
Per quanto riguarda i piloti le nuove generazioni (salvo rarissimi casi) sono caratterizzate da uno scarso carisma e da un’estrema professionalità, che probabilmente ne blocca la fantasia e l’estro. Mancano i personaggi, ma possiamo dire che manchino non solo in Superbike. Tolti Rossi e Marquez, quali sono i campioni carismatici della MotoGP?
Ma il problema principale dei campionati delle derivate dalla serie non riguarda tanto i piloti quanto il mercato delle moto, che negli anni è radicalmente cambiato e non tornerà più quello di una volta. Al contrario della GP, la Superbike ha sempre avuto un legame strettissimo con le vendite. “Vinci la domenica e vendi il lunedì”, questo era il motto delle case produttrici. Negli anni 90 e nei primi anni 2000 il mercato europeo era affamato di iper-sportive, con cilindrate che andavano da 600 a 1.000 c.c.
In Supersport la lotta tra le case giapponesi era talmente accesa, che ogni anno venivano presentati nuovi modelli, sempre più competitivi e sempre più adatti più alla pista che non alla strada, ma che avevano un buon successo di vendita. Lo stesso avveniva per la Superbike e gli spalti erano gremiti da motociclisti fieri di vedere la propria moto vincere in pista. Come sia cambiato il mercato è sotto gli occhi di tutti. Le vendite delle moto sportive sono precipitate. Le moto che vincono il mondale Superbike occupano gli ultimi posti nella classifica delle vendite, con poche centinaia di unità. Le 600 sono quasi sparite dalle classifiche del venduto, e per questo la Supersport è una classe ormai agonizzante, che non interessa più alle case (fatta eccezione per la MV) e che presto per sopravvivere si dovrà integrare con la 600 Stock.
Il collegamento Superbike/mercato/vendite non esiste più. Vincere il mondiale è diventato solo una questione di prestigio per le case che, contrariamente a quanto avveniva in passato, traggono dalle vendite benefici economici inferiori rispetto alle spese che devono sostenere per partecipare al campionato.
Questa è la triste e difficile realtà.
Superbike morente allora? Assolutamente no. Più che di crisi bisogna parlare di evoluzione, ed ecco i motivi per i quali questo campionato avrà un importante futuro.
Contrariamente a quanto affermano i detrattori del promoter spagnolo ed i nostalgici della precedente gestione Infront-Flammini, Dorna sta lavorando molto per la Superbike. Chi sostiene che Dorna abbia acquisito questo campionato per poi affossarlo a favore della GP, dovrebbe ricordare che il compito di chi avesse voluto far morire la Superbike sarebbe stato molto semplice: sarebbe bastato mantenere tutto invariato. Ma così, per fortuna, non è stato. Senza le Evo nel 2014 e le nuove regole del 2015 introdotte da Dorna, avremmo avuto al via non più di 12 moto, un numero insufficiente per permettere lo svolgimento di un campionato mondiale. I vertici di Dorna furono molto chiari sin da quando rilevarono il campionato: in Superbike solo moto di serie, in MotoGP solo prototipi. Potrebbe sembrare un’affermazione scontata, ma così non è. Dorna ha interrotto quell’assurda competizione con la MotoGP che stava realmente uccidendo la Superbike. Nei primi due anni dell’era Dorna le moto si sono riavvicinate alla produzione di serie ed in futuro il promoter spagnolo intende proseguire su questa strada, senza però togliere la possibilità alle case di evolvere le proprie moto stradali ed utilizzare la Superbike quale importante laboratorio in pista per i modelli più evoluti. Ecco perché nessuna casa abbandona la Superbike (eccezion fatta forse per Aprilia), e perché Yamaha è tornata ad investire nei campionati delle derivate dalla serie.
Ma c’è anche un altro motivo di interesse che attirerà le case verso la Superbike, ed è rappresentato dai mercati emergenti. I grandi produttori (specialmente quelli giapponesi) traggono grandi profitti dai mercati dell’estremo oriente. In India, Cina, Malesia, Indonesia e Thailandia si vendono ogni anno milioni di moto, con cifre in costante aumento. Moto, non solo scooter. Sono passati gli anni nei quali i nuovi mercati assorbivano solo scooter o motocicli di bassa cilindrata. Le situazioni economiche delle nazioni di cui sopra sono cambiate e stanno ancora cambiando. Il potere d’acquisto è aumentato così come la qualità delle strade e questo ha fatto si che dalle cilindrate di 50-100-150 c.c. si sia passati a 300-400 c.c. Mercati in espansione che dimostrano un grande interesse per le competizioni motociclistiche. Chi è stato in Thailandia in occasione del round del mondiale Superbike ed ha visto le tribune affollate, sa bene di cosa stiamo parlando. E nel 2017 la Superbike correrà anche in India, il mercato più grande al mondo.
Se ne parla da tempo, e dal 2017 sarà una realtà : la nuova classe 300-400 (la cilindrata definitiva è ancora in via di definizione e dipenderà dalle moto presenti sul mercato). “Vinci la domenica e vendi il lunedì” : la storia si ripete. Visto che la cilindrata più venduta attualmente su quei mercati è quella che va da 300 a 400 c.c. è ovvio che le case vedano di buon occhio l’introduzione di una nuova categoria promozionale. Così come in passato si era scatenata la lotta tra le case in Supersport, lo stesso avverrà in questa nuova classe, che sarà ben presto invasa da piloti malesi, cinesi, indiani e thailandesi. In estremo oriente le corse in pista sono in grande aumento e campionati come il Shell Advance Asia Talent Cup, che abbiamo visto correre nel weekend della Superbike in Thailandia e Malesia, sfornano molti giovanissimi che in futuro troveranno il loro naturale sfogo proprio nella nascitura classe 300-400. Come logica conseguenza, anche la Superbike ne trarrà dei vantaggi, non solo per la presenza (in un futuro più prossimo di quanto si pensi) di piloti provenienti dai più importanti mercati mondiali, ma essendo la classe regina delle derivate, aumenterà per i produttori il prestigio che deriverà dalla loro partecipazione e dai loro successi.