Honda NSF100 Racing School, fucina di campioni

Honda NSF100 Racing School, fucina di campioni
Con la NSF100 Racing School Honda punta sui campioni di domani e lo fa con una con un metodo all’avanguardia. Per conoscere meglio questa realtà abbiamo intervistato Antonio Vitillo, ideatore e responsabile del progetto
25 marzo 2013


Con la NSF100 Racing School Honda punta sui campioni di domani e lo fa con una con un metodo all’avanguardia. E’ infatti l’unica scuola al mondo che si rivolge a ragazzi tra i 10 e i 12 anni a servirsi delle metodologie formative sintetizzate dalla ricerca applicata nel campo della prestazione sportiva. E per questo impiega l’esclusivo progetto formativo della Sport Riders Lab, metodo che peraltro vede confermata la certificazione ISO9001, sia per la metodologia sia per l’impiego di formatori altamente qualificati. La NSF100 Racing School è dunque una prestigiosa realtà italiana e molti esperti di settore ne seguono con una certa curiosità i progressi. Anche quest’anno la scuola darà il via ad un nuovo ciclo di lezioni parallelamente al campionato, per tutti gli interessati ad iscriversi rimandiamo al sito Honda Italia. Per conoscere meglio questa realtà abbiamo intervistato Antonio Vitillo, tecnico della prestazione sportiva di 4 livello CONI, ideatore e responsabile del progetto NSF100 Racing School.


In cosa si differenzia la NSF 100 Riding School dalle altre scuole?
«Si è parlato spesso di scuole, ma in realtà erano trofei monomarca e non c’era supporto e sviluppo delle capacità di prestazione dei partecipanti. Noi abbiamo pensato di infondere una nuova cultura nel motociclista. Fino ad ora si saliva sulla moto e si cercava il risultato, il buon tempo, non si ricercava un metodo per aumentare le capacità dell’atleta.  Noi andiamo invece a incrementare queste capacità che vanno poi ad migliorare la prestazione. E’ un insieme di caratteristiche psicosociocondizionali: caratteristiche psicologiche, caratteristiche sociali (in che ambiente cresce? Ha iniziato lo sport perché spinto da un genitore? etc ) e caratteristiche atletiche. Quest’ultimo, paradossalmente, è l’aspetto meno influente, perché in questa fase di crescita le caratteristiche fisiche si modificano velocemente. Noi analizziamo questi aspetti, e pur non potendo modificare le caratteristiche sociali, intervenire sugli aspetti psicologici, per questo nel nostro staff c’è anche uno psiocologo dello sport.

Antonio Vitillo con due giovani piloti
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Il lavoro è altamente strutturato e passa per fasi progressive per arrivare per step a concetti sempre più evoluti. Tutti gli aspetti che compongono il programma si fondano su un metodologia sperimentata ed esclusiva e lo staff è composto di professionisti di alto livello».
 

 

C’è un “tipo” di ragazzo in particolare che si iscrive alla NSF 100 Racing School?
«In questi 7 anni abbiamo visto di tutto, ogni genere di bambino, ma quello che abbiamo notato come una costante è quanto sia fondamentale il rapporto con il genitore: che il genitore proietti serenità sul figlio. I ragazzi spinti dai genitori dopo in po’ si svuotano. Quelli che fanno un lavoro sereno hanno più possibilità di mettere in pratica ciò che hanno appreso senza pressione. A conferma dell’importanza che attribuiamo a questo aspetto c’è Sport Parent Training: una serie di incontri durante i quali sensibilizziamo i genitori verso tutti gli aspetti che possono diventare delle opportunità formative nei confronti del figlio atleta o quelle che possono essere le difficoltà che sorgono in relazione all’attività agonistica».

 


Quali sono le esperienze più belle che da istruttore a contatto con questi appassionati bambini ha raccolto?
«Gli aneddoti sono moltissimi, ma forse la cosa più emozionante è il rapporto che si crea e si mantiene anche dopo anni. Si ricordano del lavoro fatto e ne capiscono l’importanza, avere la soddisfazione di vedere riconosciuta proprio dagli ex-alunni - che magari ora competono in campionati internazionali - la validità della nostra scuola. C’è chi ancora oggi che gareggia nel CIV segue i nostri consigli. Gli stessi addetti ai lavori poi riconoscono nei ragazzi che sono passati attraverso la nostra formazione una maggiore consapevolezza. Una grande soddisfazione poi l’ho ricevuta lo scorso anno quando Wayne Gardner si è complimentato con il lavoro che abbiamo svolto. Suo figlio infatti è stato nostro alunno. In una lettera di ringraziamento mi ha scritto che nel mondo non esiste un progetto come questo, neppure in Spagna».

Quali sono le difficoltà nell’insegnare uno sport come il motociclismo a dei bambini?
«La più grande è proporre un metodo rivoluzionario: lavorare sulle capacità di prestazione e non sul risultato. Tutto il lavoro che svolgiamo è fatto sulla definizione e il miglioramento delle capacità di formazione di ciascuno. Non ci limitiamo a vedere se un ragazzo fa un giro veloce. Analizziamo le singole componenti e cerchiamo di migliorarle».

 

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