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Una vita in vacanza a due ruote. Per ora ci dobbiamo accontentare di un’estate. Dopo un anno di fermo, causa Covid, l’allegra motobrigata che un paio d’anni fa era partita come un’armata Brancaleone per i Balcani con l’obiettivo di arrivare in Montenegro per poi, sull’onda dell’entusiasmo, sconfinare in Kosovo, ci riprova con un obiettivo meno ambizioso, un italico tour appenninico tra Toscana e Lazio. Identico, invece, il modo di intendere la vacanza: viaggiare leggeri come in un libro di Marcello Fois. La formazione è sempre la stessa: tre collaudate coppie, tra cui quella del sottoscritto, e un battitore libero, Cesare, single per forza, causa una moglie non troppo amante della motocicletta. Anzi, per nulla. L’appuntamento è al lago del Bilancino, nel cuore del Mugello.
Basta un piatto di ravioli fatti in casa, un paio di fette di roastbeef e un buon rosso toscano a rimettere insieme brigata e spirito vacanziero. Ci mette pure lo zampino il gestore di questo agriturismo che ci chiede di fare gli interpreti con alcuni olandesi alla disperata ricerca di un alloggio per la notte: tutto fa vacanza compreso il tour dell’agriturismo ancora in erba che zio e nipote, entrambi catanesi, stanno cercando di avviare su questa collina a pochi chilometri da Firenze. Li aiuta un ragazzo albanese tuttofare che riconosce l’aquila nera in campo rosso che fa bella mostra di sé sulla borsa della mia moto. Il racconto del Paese delle aquile, di Kruje, antica capitale, Kap i Rodont, Behrat, Tirana e Butrinto contribuisce ad aumentare la nostra credibilità di grandi, sifaperdire, viaggiatori. Che, in quanto tali, dopo cena stendono sul tavolo la mappa della Toscana per provare a ipotizzare un itinerario sensato nella calura che si prospetta anche per il giorno successivo.
Giacomo, già manager e ora imprenditore, mostra il decisionismo di una vita al comando e pone le sue condizioni: niente autostrada, almeno per domani. Conosce queste strade, preferisce le curve del Mugello per scendere a Firenze. Non teme il traffico cittadino anche perché conta di evitarlo grazie a Google Maps e al suo telefonino che quest’anno campeggia sulla parte sinistra del manubrio del suo Swm. Come, e soprattutto perché contraddirlo? Ci affidiamo a lui e non ce ne pentiamo: Scarperia e poi Fiesole ci regalano una spettacolare discesa in città, il cui attraversamento si rivela più laborioso del previsto, complice l’imprecisione di Google Maps e un traffico molto incasinato che ne complica la consultazione mentre si è alla guida. Impieghiamo poco meno di un’ora a raggiungere l’Impruneta, a sud di Firenze e a imboccare la Cassia fino a San Casciano.
L’attraversamento non proprio agile di Firenze ha minato l’affidabilità della tecnonavigazione e le certezze del suo mentore. Le oggettive difficoltà di consultazione in viaggio inducono all’errore e se vogliamo divertirci sulle strade del Chianti è meglio dare un’occhiata alla meno tecnologica carta stradale, anche a rischio di passare per giurassici. La necessità di un caffè ci consente di aprire la carta sul tavolino di un bar e di verificare il percorso. La Cassia, almeno per il momento non fa al caso nostro, meglio deviare appena possibile per la 222, che non è chiaro se sia una statale o una provinciale, ma è con tutta evidenza la strada più adatta per attraversare il Chianti e si può imboccare nel giro di pochi chilometri.
Giacomo riprogramma il suo navigatore e rimontiamo in sella. Neanche il tempo di apprezzare le prime curve che inizia a piovere. Mannaggia. È vano, per non dire patetico, il tentativo di esorcizzare i capricci di questo meteo spostando lo sguardo a sud dove il cielo sembra un po’ più clemente, bisogna fermarsi e vestirsi per evitare guai peggiori. Se il buongiorno si vede dal mattino, quest’anno partiamo forte: Babette ha dato (per ora?) forfait e siamo già sotto un acquazzone. L’ottimismo della volontà sta facendo a pugni con il pessimismo della ragione, almeno dentro al mio casco. Ma Paola, che ha ottima memoria e non si perde mai d’animo, ricorda il diluvio appena partiti da Brisighella per raggiungere Ancona e poi i Balcani. Anche in questo caso si potrebbe trattare del classico temporale estivo di un agosto infuocato. E in effetti basta una decina di chilometri per vedere la visiera che si asciuga e il panorama di queste colline che si colora con le verdi geometrie dei filari di vite.
Viaggio torna a fare rima con paesaggio e appena ci fermiamo per togliere i fluoscafandri arriva anche il conforto dei whatsapp di Babette che ci raggiungerà a Frosinone, capoluogo della Ciociaria, dove noi prevediamo di arrivare proprio martedì. Evviva, evviva, il gruppo (e la coppia) si ricompongono, sebbene il signorCesare, comme d’habitude, proprio martedì sarà costretto a fare ritorno a casa. Fu così in Montenegro, quando dalle montagne del Durmitor partì per tornare in Italia, e a Sulmona, un anno dopo: il suo PinaGreenPass dura una settimana, poi deve rientrare alla base dove lei lo attende insieme con Sia, il cucciolo di Labrador che da tre mesi allieta e vivacizza, per usare un eufemismo, le loro giornate. Ma questi sono affari di famiglia. Noi dobbiamo riprendere la marcia. Anche perché tra navigatori inefficienti e pioggia il nostro ruolino di marcia batte la fiacca. Se vogliamo arrivare, come da programma, a Proceno dobbiamo darci una mossa.
Il signorCesare sembra conoscere la zona piuttosto bene e con una sicumera che non gli è usuale si mette in testa al gruppo e guida la motocarovana. Noi seguiamo il nostro Conducator che ha battuto queste zone mandato dalla casa madre a fare visita alle varie banche del territorio. Evitiamo Siena e la baraonda che si scatena in estate grazie a una tangenziale strategica che ci riporta alla Cassia sud poco oltre Radi, uno dei punti di ingresso dell’Eroica, doppio anello di 150 chilometri di strade non asfaltate che da Siena scende fino a Montalcino e risale a Gaiole in Chianti. Eroica perché ricorda e celebra ogni anno il ciclismo epico dei Binda e dei Girardengo, con gare e kermesse internazionali. Per i motociclisti di eroico c’è poco o nulla. Solamente l’illusione di fare del fuoristrada facile con i maxi enduro comprati a rate con cui non riuscirebbero ad affrontare la meno ripida delle mulattiere.
C’è invece, e vale assolutamente il viaggio, l’emozione di attraversare in splendido isolamento le Crete senesi con il paracadute di poter facilmente e in breve tempo ritornare sull’asfalto quando si è stufi di mangiar polvere o, in caso di maltempo, di infangarsi. Noi, in modalità asfalto, la guardiamo salire e scendere tra le Crete seguendo con la coda dell’occhio la polvere sollevata da auto (perché si può fare pure con un’auto), moto e bici che scendono fino a Buonconvento e Torrenieri. Immagini che riportano alla memoria la mia prima Eroica, con vecchio ma agilissimo XT con cui provavo a fare i miei primi fuoristrada. Formidabili quegli anni e formidabile quella moto (io molto meno, pippa ero e pippa sono rimasto). Il panorama è incantevole anche dalla statale asfaltata ma è meglio non distrarsi, il traffico avvicinandosi a Montalcino si intensifica.
Il nostro Virgilio di giornata impone un giro veloce, quanto inutile, a San Quirico d’Orcia, dove non scendiamo nemmeno dalla moto, ma facciamo solo un tour panoramico delle mura della città. Non ci poniamo domande: ognuna ha le sue madeleine. A Pienza invece la sosta è d’obbligo. Come molte altre città di fondazione, Pienza venne costruita per volontà di papa Pio II. Corsignano infatti fino a metà ’400 era un piccolo borgo. L'evento che ne cambiò le sorti fu l’elezione a papa di Enea Silvio Piccolomini, cui Corsignano diede i natali nel 1405: 53 anni dopo infatti, divenuto papa Pio II, volle dare maggior lustro al suo paese natale. Durante un viaggio verso Mantova, poté constatare il degrado di Corsignano e su quel che rimaneva dell’antico borgo decise di costruire una nuova città ideale, affidandone il progetto di rinnovamento all'architetto Bernardo Borsellino: la costruzione durò circa quattro anni e portò alla luce una cittadina armoniosa e con forme tipicamente quattrocentesche. La morte prematura di Pio II chiuse anche la storia della nuova città, che da allora ha subito poche e limitate modifiche. Per la bellezza del suo centro storico rinascimentale nel 1996 Pienza è entrata a far parte dei Patrimoni naturali, artistici e culturali dell'Unesco, cui si è aggiunta nel 2004 tutta la circostante Val d’Orcia: un paradiso in terra certificato dall’Unesco. Poteva forse sperare di meglio Pio II per il suo piccolo e malconcio paese natale e per la vicina Val d’Orcia? Ma non furono solo papa e Chiesa a dare lustro a Pienza. La città s’è guadagnata un posticino anche nostra storia repubblicana con una medaglia d'argento al valor militare per l'attività nella lotta partigiana durante la Seconda guerra mondiale.
Storia a parte, è impossibile disconoscerne l’indiscutibile bellezza che purtroppo, è il caso di dirlo, viene omaggiata (o se preferite letteralmente presa d’assalto) da orde di turisti/viaggiatori in pianelle e prendisole che si accalcano tra botteghe di paccottiglia a uso e consumo dei foresti. Che tra un oh!! stupito e un ah!! di meraviglia acquistano compulsivamente souvenir tra selfie e videochiamate. Noi proviamo a non adeguarci cercando nell’arte, nell’architettura e nel refrigerio di una bibita spaccadenti acquistata al bar la giustificazione di una sosta meritata quanto opportuna. Su “Vacanze romane”, chat aperta a tutti i partecipanti al viaggio, compaiono un paio di messaggi di Babette: dalla sua quarantena ligure teme di essere esclusa e si lamenta della scarsità di foto. Subito provvediamo e ci omologhiamo al mainstream scattando una sorridente quanto tranquillizzante foto di gruppo prima di fare il piano di guerra per la serata. Ognuno secondo le sue capacità, a ognuno, il suo selfie, secondo i suoi bisogni, prendendo a prestito il pensiero del saggio di Treviri.
Proceno, o meglio, l’Agriturismo delle Spighe che abbiamo scelto come dimora per i prossimi tre giorni si trova lungo la Cassia al chilometro 140, come recita l’indirizzo pubblicato su Booking. A dare retta a Google Maps mancano una manciata di chilometri e una mezz’oretta di strada. Avremo anche l’uso della cucina e Giacomo, delegate a Cesare le funzioni di navigator, entra in modalità chef. Anzi Masterchef. Propone una cacio e pepe in omaggio alla Tuscia laziale, di cui Proceno si vanta di essere il comune più settentrionale nonché antico avamposto dello Stato della Chiesa di fronte alle minacce del Granducato di Toscana.
L’Ombrone segnava e continua a segnare il confine tra Toscana e Lazio. In corrispondenza del km 140 compaiono le indicazioni per raggiungere l’Agriturismo Le Spighe, un gruppo di casali di campagna in pietra adattati da Francesco alle esigenze del turismo itinerante. “Ci dovremo dividere”, spiega Paola, dopo il sopralluogo delle unità immobiliari disponibili con Francesco. Quattro da una parte e due in quello più vicino alla statale. Incurante dei rumori provocati dal passaggio delle auto, Paola sceglie per sé e per Marco: “Noi dormiamo qui!”, afferma perentoria. Noi ringraziamo, ci sistemiamo nell’altro e ci dividiamo anche i compiti: io, che ho capienti borse attaccate alla moto, accompagnerò la sempre solerte Anna alla Coop della vicina Acquapendente per esaudire i desiderata espressi in lista e per consentire a JackChef la preparazione della cena. I pici cacio e pepe non deludono e il tenero (ma non troppo) Giacomo viene insignito del non proprio allettante titolo e conseguente responsabilità di cocinero ufficiale anche per le serate successive. Almeno finché restiamo a Proceno.
“Gricia e amatriciana saranno le prossime sfide”, annuncia Giacomo. Come da richiesta, noi provvederemo a procurare guanciale e prodotti all’altezza della sua maestria ai fornelli oltre a garantire un adeguato supporto in cucina durante la preparazione.
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