Dietro le quinte del “mio” Motofestival: 4.000 km su e giù per l'Italia in 5 giorni

Dietro le quinte del “mio” Motofestival: 4.000 km su e giù per l'Italia in 5 giorni
Vi racconto un viaggio, il mio: tra Catania e la redazione di Moto.it in sella alla mia Kawasaki ZZR 1400 per realizzare uno dei servizi del nostro MotoFestival. In 5 giorni e 4.000 km
6 dicembre 2021

Tre piani a piedi ed ero già a casa, la conta dei danni parlava di moglie in villeggiatura con la figlia piccola e i due grandi disarmati e spediti da amici compiacenti amanti del rischio; non rimaneva che godersi il silenzio dopo il continuo ronzare del vento della corsa. Sì, ho gli acufeni ma per me è silenzio lo stesso.

Dolori, zero. Avrei ricominciato in quello stesso momento, tra l'altro il mio su e giù per l'Italia ha avuto anche - sottolineo anche - una buona causa professionale e la coscienza era ancora in lotta con il senso di responsabilità per quei quattro giorni e mezzo d'agosto fatti di moto, di caldo e di gente che all'Autogrill sorrideva nel vedermi con il giubbotto di pelle senza capire che - a parte la sicurezza - stare in sella per 10 ore al giorno a pelle scoperta con il sole che ustiona è sfidare la sorte. Ma vabbè.

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La notte dopo un viaggio in moto dormo sempre poco, senza eccezioni, e ormai non restava che attendere la Riunione di Redazione in streaming che non saprei descrivere senza scadere nel didascalico: fa il punto di quello che accade nel mondo della moto, esamina, costituisce edipta, rescripta, decreta e mandata, seleziona, dirige e mette in palinsesto; quel giorno la Riunione di Redazione, non paga di avermi mandato in giro per l'Italia in sella alla mia Kawasaki ZZR 1400, mi invita, con l'identico misurato garbo del Sergente Hartman, a scrivere anche un piccolo articolo sulla mia Tripla: endurance/curve pista/curve strada, un report su questi 4000 chilometri estivi su e giù per la Penisola.

A parte le ironie, a Moto.it il clima è quello degli appassionati veri e le idee che vengono fuori sono tante: buttare giù un breve articolo sul mio giretto da Catania a Milano passando per Misano e ritorno sarebbe stato soltanto uno dei modi più banali per raccontarvi un viaggetto e magari sentire le vostre esperienze di quest'estate e confrontarle.

Solo che - come potete vedere - sono arrivato lunghissimo. Scrivere di un viaggio estivo con Jingle Bells di sottofondo è un po' come bere una cioccolata calda sotto l'ombrellone ma, almeno, è la prova che la Riunione di Redazione sa essere magnanima e tollerare i miei ritardi. A voi lettori chiedo di tollerare invece le foto, non certo pensate per essere pubblicate ma solo per fare parte delle mie memorie e quindi un po' ruspanti.

 

Beh, innanzitutto la moto: sono partito con la mia Kawasaki ZZR 1400 del 2006, ovviamente in perfetto stato tecnico; quando hai da fare tanti chilometri in pochi giorni, tutto deve essere a posto per evitare gli inconvenienti più comuni. Quindi olio appena cambiato, pastiglie freni fresche, verifica usura catena, sui cerchi un bel paio di Metzeler Roadtec 01 SE nuove. L'itinerario non prevede nulla di sovrannaturale, niente di epico: sia chiaro. Viaggiare lungo le autostrade italiane non è tentare la scalata dell'Everest senza respiratori e, se avrete voglia di continuare la lettura, prometto di non raccontarvi altro che il banale indispensabile o forse anche meno.

Prima cosa: arrivare a Misano Adriatico

 

Se parti dalla Sicilia e vuoi arrivare appena meno che lucido a Misano per goderti un bel giorno di pista, devi assolutamente fare una sosta intermedia, mi dico. Un traghetto verso il Continente nel pomeriggio, una sosta dalle parti di Cosenza a dormire in un bell'albergo appena fuori mano e a costi più che accessibili e l'indomani l'Adriatica mi accoglie a braccia aperte e Autovelox spianati.

Ora posso esserne certo: in 4.000 chilometri non ho preso nemmeno una multa, e il dubbio non era generato da mie intemperanze quanto dal fatto che può sempre capitare di distrarsi e non percepire un cambio di limite. Per tutto il viaggio autostradale ho tenuto una velocità alla quale lo ZZR sonnecchia: 115 km/h indicati. Poco, direbbe qualcuno. Che noia, direbbe qualcun altro. Hai fatto bene dicono i miei punti patente. 115 km/h sono parenti stretti di circa 110 km/h effettivi e mi mettono al riparo da distrazioni - che in otto/nove ore al giorno di moto possono presentarsi senza bussare alla porta dell'ipotalamo - e portano i consumi della Kawasaki sui 20 km/l (anzi, curiosamente ma non troppo, scendere a 100 km/h li peggiorava).

A mio modo di vedere, più strada devi percorrere più la velocità deve essere ragionevole: il pensiero in autostrada si perde, la fatica dopo cinque o sei ore di viaggio può portare cali di concentrazione, la moto deve girare sempre in zona relax per scongiurare problemi inaspettati, specie con temperature di 35° gradi e più come quelle che ho subìto ad agosto. Anche un panzer indistruttibile come lo ZZR, meno lo solleciti, meglio è. Di troppo riposo non è mai morto nessuno, no?
 

Arrivo a Misano nel pomeriggio, albergo, cena sul lungomare e l'indomani vado in circuito per una delle esperienze che consiglierei a tutti - rectius, che ho già consigliato a tutti: la Suzuki GSX-R Racing Academy.

In pratica: arrivi in circuito, trovi l'hospitality Suzuki e una GSX-R1000R pronta con già su le termocoperte e via a girare con la supervisione di istruttori preparati ed efficaci.

Parcheggio la Kawasaki dietro il van Suzuki, tanto per non destare sospetti, scarico il borsone con l'abbigliamento da pista e in mezz'ora sono già al primo turno. Nonostante gli avvertimenti degli istruttori che ricordano a tutti che “Misano la mattina è ancora più insidiosa perché la vicinanza con il mare ecc. ecc.” e i miei buoni propositi di stare calmo, rischio di stendere la GSX-R1000R alla Misano con l'avantreno che si chiude per un attimo, quel tanto che serve.

I successivi quattro turni scivolano via con leggerezza e divertimento. Ripongo tuta e casco da pista nel borsone, carico tutto sulla moto con il mio stile inconfondibile che non conosce vergogna e riparto per Modena, poca strada.
 

Modena
Modena

In Redazione

Cena con un amico, dormita in B&B e l'indomani dritto a Milano per girare un video in Redazione insieme a Edo e cambiare la sella allo ZZR con una aftermarket “comfort” per testarne nei successivi 2.000 km la differenza in termini di comodità con quella di serie.

Pranzo? Il nostro Luciano ha già scaldato il motore della sua Maxi Enduro, prima dentro, direzione Colma di Sormano insieme a Edo. Panino in vetta, paesaggio e vista splendidi ma è la compagnia a fare sempre la differenza. Oltre che la strada, ovviamente.

La sera torno a Modena, giro in centro e dormita. Sono già a 2000 chilometri dalla partenza.

Mi sveglio sapendo che è arrivato il momento di puntare verso Sud. Parto con calma, la mia destinazione è la strada, prima o poi arriverò. 115 km/h, vanno benissimo.

A molti l'autostrada annoia fino al rigetto. Li capisco, altroché. Anche a me piacerebbe avere sempre davanti curve e ai lati paesaggi dolomitici, tuttavia i viaggi possono anche avere bisogno di trasferimenti e farli in autostrada è più sicuro e più veloce, anche a 115 km/h costanti dove, se si sa attendere abbastanza, si entra in quello stato di confidenza con il mezzo, con l'aria che si attraversa, con il rumore degli pneumatici che rotolano e con lo scarico che emette sempre lo stesso accordo.

Ci sono matti a cui piace e che potrebbero andare avanti così per giorni, fermandosi quando pare a loro, gioendo di ogni imprevisto e traendo piacere da ogni singolo chilometro in moto.

In fondo al Pozzo. Foto sgranatissima, vabbè.
In fondo al Pozzo. Foto sgranatissima, vabbè.

Dopo un po' vedo il cartello Orvieto, metto la freccia e decido che è finalmente arrivato il momento di chiudere una faccenda di tanti anni fa. A volte basta aspettare e i cerchi si chiudono da soli. Nel duemilasettordici ero lì in vacanza ma per tante ragioni non riuscii a togliermi lo sfizio di andare a vedere il Pozzo di San Patrizio. Parcheggio la moto in piazza, incrocio le dita sui bagagli che restano sulla moto e con casco in mano e borsa da serbatoio a tracolla discendo il Pozzo: fatelo anche voi se vi trovate a Orvieto, ma siate leggeri. Fidatevi.

Più si avvicina lo Stretto e più mi rendo conto che potrei restare in moto per sempre senza avvertire troppa nostalgia di una vita da bipede. Arrivo a Caserta, albergo, scarico i bagagli in camera, riaccendo lo ZZR e vado a cenare.

L'indomani il pensiero che annacqua il cappuccino a colazione è che non potrò dare un altro calcio al barattolo e che la prossima volta che metterò a nanna la Kawasaki sarà in Sicilia. Ragione di più per godermi tutti i chilometri che mi separano dall'Isola. Napoli? Sissignore, Napoli e Costiera Amalfitana, costi quel che costi.

Le curve della Costiera Amalfitana

Strade e panorami straordinari ma a maggio o giugno sono ancora più affascinanti: meno traffico (la strada è stretta, si rischia) e meno caldo, si possono gustare meglio le curve e l'asfalto delle strade a strapiombo sul mare e qui il mio pensiero va alle gomme che dopo 3.000 chilometri di autostrada, nei quali avrebbero avuto ben più di una giustificazione per perdere il profilo, riescono ancora a garantire una resa dinamica eccezionale e sicura sulle curve tra Praiano, Positano, Ravello e Amalfi, chapeau!

 

Riprendo l'autostrada a Salerno, arrivo al traghetto, siamo a circa 3.800 chilometri da quando ho lasciato il mio garage. Venti minuti dopo sbarco in Sicilia con la sensazione che stia per accadere qualcosa.

Sbagliavo, non accade nulla. La strada scorre, il motore ronfa per altri 200 km perché faccio il giro largo, mi attardo, tergiverso, accampo pretesti per restare in sella e sembra che io non sia nemmeno mai partito; vinto dall'evidenza, parcheggio lo ZZR accanto alle altre moto del mio garage che fa appena buio. Ticchettio, luce spenta, odore di motore caldo, tre piani a piedi fino a casa. L'indomani altra Riunione di Redazione, per fortuna.

 

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