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Adesso è il momento di cercare la nuova protagonista delle mie nuove avventure e iniziative incentrate sul viaggio. Comunicherò la mia decisione dopo il Salone di Milano 2016.
Cinque mesi esatti per macinare i 30.000 chilometri più intensi dei 370.000 percorsi fin’ora, e solo 2 giorni per ritornare al punto di partenza: casa. Il mondo è una piattaforma, e noi motoviaggiatori scegliamo uno dei mezzi più romantici e evocativi di tutti! Io scelgo la moto da 12 anni per trovare la libertà, perché in sella mi sento libero di assecondare l’istinto e mettere in discussione tutto quello che ho appreso.
Mi affascina il parallelismo che risiede fra la vita e la strada e l’equilibro che entrambe mi impongono giorno dopo giorno, in viaggio e a casa. Rimanere in equilibrio sulla linea del tempo richiede un impegno costante, e ogni caduta offre l’opportunità per una crescita personale.
L’impulso di partire per questo viaggio durante il quale ho ripercorso le Vie della Seta, è nato in una contesto domestico, lontano nel tempo e nello spazio da ciò che, mesi dopo, avrei vissuto sulla mia pelle, immergendomi in una dimensione completamente differente, fra cambi climatici, di quota, religiosi, culturali e somatici. Fra le pagine di “One man caravan” di R.E. Fulton, letto avidamente sulla spiaggia di San Vincenzo durante le ferie di famiglia, ho sognato di avventurarmi in questa parte del mondo chiamata Asia Centrale; e ritornando da una delle serate che sono invitato a realizzare in tutta Italia per condividere la mia esperienza di viaggio con altri appassionati, Ylenia mi ha dato lo slancio definitivo. Quella notte, di ritorno da Vicenza, Ylenia mi invita a rimettermi in viaggio, perché abbiamo da poco superato un forte periodo di crisi e sentiamo che è giunto il momento di rimettersi in gioco.
Da lì a pochi mesi riempio lo studio di cartine, contatto amici motoviaggiatori, chiamo ambasciate e consolati e metto la moto sotto ai ferri per un restauro.
Poi la partenza. Cinque mesi dopo rintro in Italia, con l’ennesimo video-aggiornamento registrato e montato al volo, fra una spedizione moto via aereo, un volo di sola andata per Pisa e una trasferta su Roma per recuperare la “salma” della mia fedele compagna di viaggio.
Quando sono arrivato a Katmandu avevo in serbo tre opzioni per spedire la moto: Francoforte, Vienna e Roma, e molteplici erano gli spedizionieri che mi avevano inviato il preventivo. Ma il centro turistico della capitale del Nepal pullula di agenzie di spedizione internazionale e, mentre cerco un hotel con parcheggio, pianifico una visita a tutti gli spedizionieri della zona per ottenere il prezzo migliore.
Fortuna però vuole che uno di loro già sapesse del mio arrivo in città e, una volta connesso alla wi-fi dell’hotel (ore 15:00), trovo un suo messaggio che mi esorta a passarlo a trovare in ufficio il prima possibile, perché il Paese sta per entrare in un periodo festivo lungo sette giorni, e se non lo faccio entro domani dovrò posticipare la spedizione a 10 giorni.
Scendo in strada ancora bagnato dalla doccia e mi infilo in due uffici a caso, esco con un prezzo indicativo e poi raggiungo la persona che mi ha dato appuntamento, per decidere prima che sia troppo tardi. Il suo preventivo è visibilmente più caro, ma mi è stato raccomandato da tutti gli amici motoviaggiatori che hanno spedito da qui, e così mi affido a lui. Preventivo di 1.420 USD inclusivo di inscatolamento moto (in cassa fumigata e a norma), scartoffie doganali (fra cui il Carnet) e spedizione aerea via Thai Cargo (con scalo a Bangkok) e destinazione Roma (che scelgo perché ho rotto il telaio per la terza volta, e l’assicurazione italiana è scaduta assieme a tutte le altre peculiarità non originali della moto).
Per anticipare il periodo festivo ci rimane solo l’indomani (venerdì) e l’appuntamento è alle 10 in hotel per raggiungere in moto l’area cargo dove la moto verrà ispezionata, inscatolata e le pratiche saranno terminate entro la giornata, per essere spedita il primo giorno possibile. Stando a quanto detto dallo spedizioniere a cui mi affido, il periodo festivo altera i giorni lavorativi della dogana e del magazzino, ma non dei vettori internazionali (corrieri in volo) che probabilmente prenderanno in carico la moto nei prossimi giorni.
A moto inscatolata, Carnet timbrato per l’esportazione della stessa e passaporto di nuovo in mano mia, posso tornare in hotel e pianificare il mio ritorno per l’Italia. Con me ho anche il tracking number della moto, che mi permetterà di sapere con certezza quando la cassa sarà arrivata a Fiumicino e noleggiare così un mezzo per andarla a prendere.
Così comincio a spulciare sbadatamente il web per offerte di voli solo andata per l’Italia, e ne trovo uno su Pisa (a 35 km da casa mia) a 495 USD, che parte alle 7 della mattina successiva. Sorrido pensando che ero arrivato a Kathmandu per prendermela con calma, certo che le tempistiche dei nepalesi mi avrebbero rallentato, e invece già sto inserendo i dati della carta di credito per volare via dal Paese fra meno di 10 ore. Forse una delle spedizioni più facili mai realizzate in vita mia, organizzata in viaggio tra una stanza di albergo e l’altra.
Ultima passeggiata in Nepal per cena, poi preparazione della valigia nei limiti del peso consentito (ho buttato via un sacco di cose, ma adesso non servono più) e vado a dormire.
Il volo di ritorno di ogni ogni grande viaggio che ho fatto mi risulta sempre surreale, quasi strano. Il giorno prima ero sulle pietraie dell’Annapurna a 4.000 mslm, impantanato, bagnato, con problemi alla moto e adesso seduto in sala d’attesa. Il comfort degli aeroporti internazionali e l’accoglienza del servizio aeroportuale, dal check-in, all’aria condizionata, al pranzo a bordo, sono talmente lontani dalla realtà che ho metabolizzato a terra giorno dopo giorno per cinque mesi, che quasi mi viene da sorridere.
È come scalare l’Everest in mutande e poi scendere con la scala mobile, dentro a una capsula riscaldata.
A casa ho preparato una sorpresa, come adoro fare ogni volta, e così faccio complice mia madre che in segreto viene a prendermi all’aeroporto e mi porta a casa, dove mio figlio e Ylenia credevano sarei tornato in una decina di giorni.
Sorpresaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa! Dopo un’overdose di abbracci, baci, caffè espresso, latte fresco (e successivamente, per cena: mozzarella, schiacciata, prosciutto crudo e parmigiano reggiano, con un po’ di prosecco), riprendo la mia vita come niente fosse. Non risento del cambio brusco o, come amano chiamarlo sui social, lo shock del ritorno, perché il ritorno è voluto e pianificato con cura. Per carattere mi dedico al 100% a una cosa, e quando è portata a termine mi dedico al 100% a un’altra. Certo, la famiglia ha sempre rivestito un parte importante anche mentre viaggiavo, ma adesso che scrivo questo penultimo aggiornamento dalla scrivania del mio studio, non mi sento alienato dal ritorno e non soffro della mancanza di qualcosa che il viaggio mi dava e adesso non mi da più. Dopo 12 anni in viaggio e una vita costruita in sella, credo di poter dire con serenità che il viaggio risiede dentro di me, a prescindere da dove mi trovo e cosa faccio.
Pochi giorni dopo il sito del vettore aereo dice che la mia moto arriverà a Roma alle 6:50 del giovedì e così, armato di un furgone a noleggio e della compagnia di Ylenia, che scende con me anche per delle scartoffie al consolato cileno, raggiungo Cargo City Fiumicino ed espleto tutta la trafila di scartoffie che mi separano dalla moto. L’unica mia preoccupazione è la burocrazia italiana che, come accadde nel 2010, ha il potere di rendere un momento così bello un vero e proprio incubo. Ricordo di aver spedito la mia moto da Santiago a Milano via nave, e di aver dovuto pagare 800 euro solo per ritirarla, fra costi di movimentazione e altre cose senza senso. A fronte di quanto già pagato fino ad ora per l’invio aereo, spero che Roma sia più magnanima e non mi chieda un rene.
Con mia grande gioia scopro che l’agenzia mi sta contattando per invitarmi al ritiro, e che con 28 euro di pratiche posso andare a richiedere la firma della dogana. Qui il responsabile timbra il mio Carnet, ma non è certo di volermi dare la moto perché priva di assicurazione per circolazione su strada.
– La moto non è più marciante, sarà esposta in un museo e per questo sono sceso con un furgone a noleggio (e mostro il contratto).
Ma il doganiere mi detta una dichiarazione di cessato utilizzo della moto che sembra proprio un attestato di decesso. Ylenia siede accanto a noi e assiste alla scena con palese tristezza (noi su quella moto ci siamo fatti una famiglia, facendo la spesa, cercando casa e andando dal dottore durante le visite della gestazione, roba difficile da spiegare).
Così firmo la dichiarazione e il doganiere mi presenta un collega che dice di seguirmi da molti anni, e che adesso legge i miei resoconti su Moto.it. Questo ovviamente facilita e sveltisce le pratiche doganali. Per la movimentazione della cassa ci chiedono 78 euro e, una volta messa nel furgone, la moto se ne ritorna a casa con me.
Qualche giorno dopo passo a trovarla, la tiro fuori dalla sua bara di legno e decido di darle un riposo dignitoso: svuoto i liquidi (aveva una perdita d’olio dal motore), risaldo le parti rotte (il tramezzo del mono intanto si era spezzato di nuovo, quindi martellate a gogo per rimetterlo dritto), sgrasso e lavo con prodotti industriali (asportando via la metà degli adesivi per errore) e la parcheggio in un luogo asciutto in attesa della prossima serata che realizzerò. I comuni di Marostica e Marzabotto l’hanno già richiesta in esposizione e stiamo prendendo accordi, ma sono certo che la rivedrete anche in altre occasioni.
Il mio ennesimo viaggio finisce così, nello stesso capannone in cui, l’11 Maggio, sono partito in un giorno di pioggia diretto verso Vicenza e poi Austria e poi Repubblica Ceca e poi… Il viaggio è stato molto impegnativo, mi ha testato, messo a dura prova e soprattutto ha permesso a me e alla mia famiglia di capire la dimensione del mio viaggiare in solitaria oggi (a 33 anni, con figlio, moglie e attività di moto tour sulle spalle). Abbiamo appreso molte cose e siamo contenti di esserci concessi questa esperienza. Per quanto riguarda la moto, sono toccato dal momento, ma intimamente soddisfatto: non avrei voluto cambiare questa Transalp per nessun altro motivo se non il graduale invecchiamento da viaggio-avventura.
La cosa più importante è che, nonostante le cadute, nonostante il freddo in Romania, il rischio di arresto alla dogana turkmena, i 57°C in Iran, la scorta armata in Pakistan, nonostante il telaio rotto sulla Karakorum, i minivan assassini in India o le tigri in Nepal, io sto bene, e sono tornato a casa per raccontarlo.
Ho già iniziato a cercare il nuovo mezzo perché il non avere una moto già mi manca, ho fatto alcune riunioni con marchi ufficiali, ma sto anche valutando un mezzo usato. Per me l’importante è continuare a viaggiare, e per farlo ho scelto la moto. Qualunque sia la quella che sceglierò, farò di lei la nuova protagonista dei miei viaggi, a partire dall’anno prossimo. Ma vi rivelerò i dettagli in futuro.
RINGRAZIAMENTI
Grazie alla mia compagna Ylenia e mio figlio, alla mia famiglia e a chi mi ha supportato e aiutato in questi cinque mesi. Grazie ai follower per l’entusiasmo con cui hanno condiviso i miei aggiornamenti o taggato i loro amici. Grazie anche per i libri e i dvd ordinati, per i commenti e per il supporto morale.
Grazie a Francesco Bassi e Francesca Lattaro per alcune delle musiche più belle scelte per i video-aggiornamenti, e grazie alla redazione di Moto.it per lo spazio in esclusiva che hanno creato per permettermi di raccontare questo viaggio anche ai loro lettori. Grazie ai Marchi che anno offerto i loro prodotti a costo zero.
Grazie agli sponsor (economici): la mia attività Exmo Tours e la EnneciMacchine (che ha messo a disposizione capannone, attrezzi di officina e manodopera sia prima che dopo il viaggio, permettendomi di mettere a punto la moto e di ripristinarla per l’esposizione in Italia.