Gionata Nencini: Tour delle Vie della Seta - Settimana 5 e 6

Cadere a 80 km/h a causa di una disattenzione fa abbastanza male, per fortuna la moto si ripara, e io non mi son fatto quasi niente!
28 giugno 2016


Ma scoprire che il Turkmenistan potrebbe negarmi il visto di transito, obbligandomi a tornare a casa, fa ancora più male. L’importante è crederci e preparare un piano B, un piano C, D E, F, G, H…
Lascio Almaty in cerca di curve e temperature più consone, ma prima dell’ultimo saluto il Kazakistan decide di farsi perdonare i 43°C con una sorpresa: il bellissimo canyon di Charyn. Appena ritornato sulla strada principale, essa cambia radicalmente, la temperatura scende, le salite aumentano, le prime curve appaiono, le prime gocce di pioggia scendono, e attorno, il rosso arido del deserto diventa un verde rigoglioso. Arrivo alla dogana ansioso di entrare in Kyrgyzstan, ma scopro di essere arrivato 10 minuti in ritardo e nessuno vuole farmi passare. Ho con me solo una busta di zuppa liofilizzata e mezza bottiglia d’acqua, siamo a 2.000 metri di altitudine e la notte si fa interessante. Riesco a comprare del pane fatto in casa e del formaggio di capra prodotto dalla famiglia che vive a 50 metri dalla dogana, e vado a letto, pronto per salutare il Kazakistan la mattina successiva.

Naviga su Moto.it senza pubblicità
1 euro al mese

Devo ottenere il visto del Tajikistan, il permesso per il Pamir, il visto per l’Uzbekistan e capire se mi serve o meno il visto di transito per il Turkmenistan


Al mio risveglio sono il primo in fila, e mi addentro sui primi km kirghisi accolto dal sole e dalle bellissime praterie di questa zona. Non ho ancora cambiato i tenggit in soms, ma a 50 km dalla frontiera mi accorgo che le stazioni di servizio sono molto moderne, e accettano pagamenti con carte. Pochi km dopo prelevo le mie prime banconote in valuta locale.
Prevedo di arrivare a Bishkek e concedermi una buona dose di scartoffie logistiche. Devo ottenere il visto del Tajikistan, il permesso per il Pamir, il visto per l’Uzbekistan e capire se mi serva o meno il visto di transito per il Turkmenistan o, come mi è stato suggerito da chi ci è stato anno fa, posso farlo alla frontiera, mostrando gli altri visti.
Lo sterrato e le buche sono finiti, e la strada che costeggia il lago è a tratti asfaltata e a tratti in lavorazione. Aumento il passo facendo i primi sorpassi quando, proprio mentre sono sovrappensiero, avverto una strana oscillazione della moto. Nel primo istante mi convinco che sia il manto sterrato ad essere friabile e sabbioso, così mantengo la velocità e la moto dritta, poi la ruota anteriore produce un rumore di strusciamento piuttosto forte, e quando mi rendo conto che ho forato decido maldestramente di non frenare e di provare a controllare la moto.
Questa decisione e il ritardo con cui mi sono reso conto delle circostanze provocano lo stallonamento del copertone dal cerchio, così a 80 km/h perdo completamente il controllo della moto e mi schianto a terra violentemente, rotolando qualche metro sulla banchina. I primi a soccorrermi sono sbalorditi, ma in silenzio ritorno alla moto e la guardo perplesso, conscio di aver avuto questo imprevisto in un momento in cui non ero concentrato sulla strada. Le repentine e pessime decisioni che ho preso negli istanti fondamentali della foratura hanno causato questa caduta: la moto ha le leve destre piegate, sia pedalina che freno, paramani rotto, telaio borsa laterale spezzato e una delle borse d’alluminio palesemente smussate dalla caduta.
La mia pelle non ne ha risentito, gli stivali e la giacca hanno riportato delle abrasioni leggere, e l’unica conseguenza è una piccola sbucciatura sull’avambraccio.

Per rimettere il copertone al suo posto devo inventarmi una soluzione. Provo con le fascette, poi con un tirante e quando mi rendo conto che il piccolo compressore non ha le atmosfere sufficienti per farcela, fermo un camionista che mi presta gentilmente il suo compressore. Riparo la foratura, gonfio la ruota e percorro gli ultimi 100 km con i nervi a fior di pelle. Poteva andarmi molto peggio.
Il giorno dopo vado subito in cerca di visti e ottengo quello del Tajikista (e Pamir) in meno di 3 ore, per 75 USD. La brutta notizia però arriva pochi minuti dopo. Il Pamir è chiuso dal 20 al 30 giugno per motivi politici, e quelli erano propri i giorni che mi ero ritagliato per visitarlo. Come fare?
Mi reco al consolato usbeco la mattina dopo, certo di poter ottenere il visto con celerità, ma mi sbaglio. Gli uffici consolari si sono trasferiti in una nuova sede, e nessuno sa di preciso dove siano. Quando li trovo sono in ritardo, e mi rimandano al giorno dopo, venerdì. Mi presento in orario, e la ragazza mi chiede una serie di documenti che dovevo preparare da casa (o dall’ostello) e di cui lei, ieri al telefono, non mi ha messo al corrente. Mi volta le spalle, e mentre se ne va genera in me il lato peggiore. Inizio a gridare arrabbiatissimo finché non arriva il responsabile che stempera gli animi offrendomi un’alternativa. Seguo le sue indicazioni, lo chiamo per confermare il tutto e mi viene promesso che avrò il visto mercoledì. Alleggerito da questa piccola conquista, vado a curiosare al consolato Turkmeno, e mi rendo conto che le cose sono cambiate e in peggio.
Mi confermano che non potrò ottenere il visto di transito in frontiera, e che dovrò richiederne uno solo se in possesso del visto dell’Iran (che ho già) e dell’Uzbekistan (che forse avrò mercoledì).

A 80 km/h perdo completamente il controllo della moto e mi schianto a terra violentemente, rotolando qualche metro sulla banchina.

I giorni di attesa sono tutti dediti alla moto, al mio lavoro con Exmo Tours e i preventivi che mi vengono richiesti per i tour che guido in Patagonia, e alla condivisione di informazioni di viaggio con il maggior numero possibile di viaggiatori.
Nella guest house dove alloggio tira una bella aria e, vista la chiusura del Pamir per 10 giorni, molti motoviaggiatori da tutto il mondo sono in attesa. Durante una cena di gruppo cominciamo a parlare del visto del Turkmenistan, e scopro con grande sorpresa che alla metà dei visitatori che hanno richiesto quel visto non è stato concesso per motivi non chiari. Tutti avevano i visti dei paesi limitrofi, tutti erano in regola, alcuni avevano anche la moto, e molti sono stati rimandati indietro.
E qui inizia il problema vero. Non potendo passare dall’Afghanistan o fare il giro lungo per ovvi motivi di scadenza dei visti degli altri Paesi, sono praticamente in mano al responso del consolato turkmeno.
Cerco di capire quale sia il criterio di approvazione, ma le esperienza degli altri, sia positive che negative, non lasciano trapelare nessun tipo di vantaggio.
Così mercoledì ricevo il visto Uzbeko e mi fiondo al consolato turkmeno per non perdere tempo: ma il consolato è chiuso, e apre l’indomani. Quando è finalmente arrivato il mio turno per la richiesta del visto cerco di usare tutte le mie armi per strappare delle informazioni alla bella ragazza che parla inglese e che riceve le richieste di visto. Si chiama Alina, e devo a tutti i costi farle buona impressione!  Così mi rado e metto in tasca tutto il carisma che ho imparato, e appena Alina mi riceve nel suo ufficio, compilo i documenti e poi esordisco con questa frase: “ho impiegato un mese per arrivare fino a Bishkek e ho già fatto i visti per Iran, Pakistan e India, che hanno un costo e mi hanno richiesto molto tempo. Se non ottengo il visto di transito per il Turkmenistan non ho nessun altro modo di proseguire il mio viaggio e dovrei buttare tutto al vento.
Lei mi risponde: I don’t see a reason why your transit visa should denied”
E con questa frase che dice tutto e non dice un bel niente, me ne torno in ostello, preparo la moto e riparto. Dovrò solo chiamare l’ufficio di Alina venerdì 1 Luglio e sapere l’esito del mio visto. In caso positivo pagherò la differenza alla frontiera, dove potrò ricevere il visto e proseguire il mio viaggio.

Da Bishkek a Osh, il Kyrgyzstan offre la sua parte migliore. I passi montuosi, le pareti rocciose, le praterie, gli yourts, i fiumi, le cascate, ed è tutto così bello che mi ci immergo fino al collo.
Arrivo a Osh con del lavoro da sbrigare e con qualche giorno di anticipo sulla riapertura del Pamir, ma mancano pochi giorni e sono pronto per visitare questo bellissimo posto.
Trovo un ostello con campeggio, wifi e colazione inclusa, e dal tavolino della veranda vi mando questo video-aggiornamento delle ultime due settimane.

Gionata Nencini

 

Argomenti

Caricamento commenti...

Hot now