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“In viaggio la strada presenta una moltitudine di prove da superare, e altrettante sono le scelte che il motoviaggiatore deve compiere per andare avanti. Quando viaggio in solitaria, sono libero di affrontare ogni imprevisto affidandomi all’istinto. E, come qualcuno mi ha insegnato anni fa, l’istinto non si può giustificare.”
Le porte del Pamir sono finalmente aperte, e lascio Osh, in Kirghizistan, ansioso di scoprire questo posto definito da molti altri motoviaggiatori “unico e speciale”.
I tornanti asfaltati diretti verso la frontiera salgono subito sopra i 3.000 m.s.l.m. ma la moto non dà segni di scarburazione. Le temperature sono giuste, attorno ai 25 gradi, e le vette più alte appaiono in lontananza. Cambiano i colori, cambiano gli odori e presto cambia anche il manto stradale. Lo sterrato inizia pochi km prima della frontiera, e sono intenzionato ad arrivare a Karakul, dove campeggerò davanti all’omonimo lago. Lì l’altitudine massima registrata è di 3.900 metri, e la repentina scalata e i ripetuti controlli doganali e fitosanitari evidenziano come l’altitudine mi stia rendendo tutto più divertente.
Sembra di essere sbronzi, e le conversazioni con gli agenti del posto si fanno lente e pesanti. La fumigazione della moto e il permesso di circolazione per il Pamir mi costano rispettivamente 10 USD, ma alla sbarra di ingresso l’ultimo gendarme mi offre un divertente pretesto per uno sconto.
Mentre sto estraendo per l’ennesima volta il passaporto, appoggio le mie cose sulla sua scrivania per comodità e lo osservo mentre gioca con il mio cellulare, incuriosito da questa marca poco blasonata.
Lo provoco dicendoli “attento a non curiosare troppo, altrimenti trovi i miei porno”.
In tempo zero l’agente sparisce dall’ufficio e torna con il suo vecchio cellulare. Attiva il bluetooth e mi chiede di copiargli qualche video. 10 video al prezzo di 20 USD, così facciamo pari. Lui ride, e mentre il primo file è in trasferimento ce la ridiamo sonoramente prendendoci in giro e mimando con le mani e la bocca cose abbastanza palesi. Il trasferimento dati però fallisce, l’umore sfuma ed io saluto un po’ di fretta i due gendarmi.
La strada adesso è immersa fra vallate, vette innevate, letti di fiumi quasi del tutto prosciugati, e piccoli villaggi sparsi lungo la famosa M41. Un po’ come per la Ruta40 in Argentina anche questa strada gode di una certa fama, ed è per questo che la percorrerò lentamente in tutta la sua lunghezza.
Quello che provo ad ogni chilometro e ogni giorno è il tanto anelato senso di meraviglia che ogni motoviaggiatore va cercando durante le lunghe traversate cui si sottopone in sella al proprio mezzo.E’ come se, all’improvviso, tutti i km tediosi e monotoni accumulati negli ultimi due mesi di viaggio venissero spazzati via da questi 1.500 km sterrati. Ognuno di noi ha una propria classifica dei posti e delle strade più belle che ha percorso in moto. Luoghi unici che hanno dato un senso alle centinaia di migliaia di km che abbiamo percorso per trovarli. Per me la Carretera Austral in Cile, la Ruta40 in Argentina, l’Altipiano in Bolivia e Perù e l’Indonesia sono i luoghi che più meritano di stare in quella classifica personale, ma da questo momento anche il Pamir e il Wakhan Valley ne fanno parte.
Mi accorgo subito dell’intensità di queste strade perché, anche volendo, non riesco mai a fare tappe brevi. Rimango inchiodato sulla moto per ore e ore senza volermi fermare mai, e poter così assaporare la meraviglia provata per questi posti fino al calare del sole.
Le strade sono sempre diverse, sempre impegnative, mai monotone. I villaggi sempre interessanti e punto di ritrovo per molti altri viaggiatori. Le persone del posto sono cordiali, e la forza con cui portano avanti uno stile di vita isolato e pacifico le rende persone con una forte identità.
La strada prima si apre fra le vette altissime, prima bianche, poi rosse. Lo sterrato si confonde con la sabbia e poi le rocce, e la carreggiata spesso si tramuta in sentiero che discende la vallata o si svolge attorno a una profonda gola rocciosa, nella quale scorre un fiume impetuoso.
Le stesse acque di quel fiume fungono da confine naturale fra il Tagikistan e l’Afghanistan, ed è una meraviglia poter ammirare i primi villaggi e le prime persone di un Paese che spero di poter conoscere molto presto.
Una volta arrivato a Ratm, la strada scende fino alla vallata e costeggia il fiume per chilometri e chilometri.
La saldatura frettolosa fatta a Bishkek al telaietto strumenti è già saltata, e adesso la parte elettrica funziona a intermittenza e tutto il peso grava sulla carena anteriore, che vibrando ha spezzato una staffa del serbatoio.
Inoltre un’altra staffa del telaietto borse ha ceduto, e le forti vibrazioni di questi km hanno irrimediabilmente spezzato anche gli altri due punti di fissaggio, obbligandomi a legare la borsa laterale con dello spago e cercare disperatamente un saldatore l’indomani nel primo paesello.
Fortunatamente trovo la persona giusta, che per 9 euro ripara tutto come meglio può. Ripristino l’impianto elettrico e riparto per fare visita alla fortezza di Yunchun, dove mi avventuro a piedi per toccare con mano questo fantastico reperto storico.L’aridità di queste zone è vinta dall’abbondanza delle acqua del fiume, che crea moltissime oasi verdi nelle quali le persone hanno edificato villaggi e piccoli paesi. Il contrasto dei campi coltivati e degli allevamenti al pascolo con le vette rocciose delle due parti montuose è veramente uno spettacolo unico nel suo genere.
Questa immersione di colori, saperi, culture e bellezza allo stato puro, continua fino a 100 km da Dushanbe, la capitale del Tagikistan. Prevedo di arrivarci in giornata, appena in tempo per telefonare al consolato turkmeno a Bishkek, ma un piacevole incontro ritarda il mio arrivo.
Trovo infatti i motoviaggiatori italiani di "the grease monkey & and the wind rose", e assieme sediamo in un caffè e conversiamo per qualche ora. Dopo esserci salutati, sono a 150 chilometri dalla capitale, la strada è ancora sterrata e il cielo comincia a promettere pioggia. Considerando che ho avuto sole fin dal mio ingresso in Pamir, non posso lamentarmi. In caso di pioggia, mi hanno detto, le strade che ho percorso possono rendersi problematiche, prima causa fra tutti la strada che frana e i tempi di ripristino degli scavatori locali non sono celerissimi.
Incurante del meteo, nei km a venire continuo la mia perlustrazione incantato dalla bellezza paesaggistica che ammiro dal mio ingresso nel paese, ma all’improvviso la quantità d’acqua sul manto stradale si fa eccessiva, e noto in lontananza veicoli fermi in due punti molto distanti della carreggiata.
Devo veramente perdere altro tempo qui a soli 60 km dall’arrivo? Questo ritardo causerà problemi al mio visto e all’ingresso datato per il Turkmenistan? Fra quanti giorni smetterà di piovere? Fra quanti giorni ripareranno la strada?
Arrivo alla frana con tutte queste domande, e decido di seguire il mio istinto. Quello che succede dopo lo vedete nei primi secondi del video.
Arrivao a Dushanbe abbastanza tardi, e mi rendo conto che gli hotel che offrono un parcheggio sicuro per la moto, una buona connessione internet e un telefono per chiamare Bishkek, sono pochi e molto cari.
Cambio due hotel in meno di 2 ore per problemi di connessione, e quando finalmente mi installo in questo decente albergo a 3 stelle scopro che tutti gli uffici sono ormai chiusi, perché in Kirghizistan sono avanti di un’ora. Vorrei chiamare il consolato turkmeno il giorno dopo (ieri), ma scopro che è la fine del Ramadan, e tutti gli uffici sono in ferie. Così oggi chiamo Alina e, dopo una rocambolesca serie di chiamate non risposte e non udite, riesco a comunicare con lei e chiedere se il mio visto è stato approvato o meno.E, con mio grande stupore, mi dice che stranamente, nonostante tutti i giorni trascorsi, non hanno ancora una risposta riguardo al mio visto.
Mi viene promessa una risposta per domani, e così, in attesa di sapere se il mio viaggio continuerà o meno, vi lascio con questo video.