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Ma l'unica persona che risponde alle mie chiamate è quella del consolato turkmeno di un'altro paese (Tashkent, in Uzbekistan) e, sebbene la loro disponibilità e professionalità siano il toccasana che mancava, la notizia è sempre la stessa: il visto è ancora in fase di elaborazione. Così azzardo la domanda: e se mi presentassi alla frontiera ugualmente? "Follia - è la sua risposta - potresti rimanere nella "terra di nessuno" per settimane.
L'incertezza è così intensa che predomina su tutto, assorbendo il 100% della mia attenzione verso altre cose belle che il viaggio offre.
Solo un serbatoio restato a secco a Dusanbe (ho la spia benzina rotta) e l'istantaneo aiuto di uno sconosciuto, riescono a riportarmi nella dimensione viaggio. Poi la strada riprende, e il mio pensiero fisso è sempre quello: sto percorrendo gli ultimi km di questo bellissimo viaggio? Alla frontiera avrò la brutta sorpresa? Se rimango bloccato alla frontiera come ne esco? E i miei impegni? E il mio lavoro?
I bellissimi tornanti del Tajikistan rimettono a fuoco la mia mente sul privilegio di aver percorso questi 12 paesi e di trovarmi nel cuore di questa avventura già da due mesi. Il famigerato tunnel della morte, posizionato sul passo più alto di questa zona, invece di spaventare preoccupa per favoreggiamento alla broncopolmonite: entro sudato a 35 C° e pochi metri dopo, avvolto nell'oscurità infinita di questo tunnel chilometrico, procedo a 10 C° umidi.
Le ore passano e i chilometri tagiki si esauriscono con le ultime luci del giorno. La frontiera uzbeka è davanti a me, e il pluri-ribadito controllo delle foto sul cellulare (in cerca di materiale proibito) si verifica come preannunciato. E' l'ora di cena, sono l'unico in fila e l'attenzione dei gendarmi verte sulle foto cretine che mando a mio figlio da whatsapp: smorfie, linguacce e alla fine vengo quasi obbligato a reinterpretarle tutte con ovvio gradimento da parte della platea, che si sganascia come non mai. Così io entro e la mia collezione hard entra con me, inosservata. ;)
Dopo i chilometri fra le alture del Pamir, la piattezza e il caldo afoso dell'Uzbekistan, sono di una noia devastante. Visitare in moto ogni paese è un grande privilegio per noi motociclisti, ma il senso del confronto fra una zona e l'altra è molto forte, specialmente quando si è da poco se n'è visitata una che già è tra le più belle mai viste. A confronto, le strade che portano fino a Samarcanda sono una porzione malridotta delle statali kazake, già percorse il mese scorso e per niente rimpiante.
Dal punto di vista economico, il consiglio generale è quello di non prelevare né pagare con carte, bensì di cambiare i dollari al mercato blu, che raddoppia il potere di acquisto nel paese. Ma non mi avevano detto che 100 dollari americani equivalessero a 600 banconote in tagli piccoli, e così, confuso dalla mole del malloppo, riparto con in tasca una busta piena di denari.
La benzina e i ristoranti sono molto accessibili grazie a questo cambio, ma gli ostelli che lavorano con gli stranieri applicano il cambio blu e, anche se per noi costa pur sempre poco, per loro è un ottimo giro di affari.
Così mi fermo a Samarcanda per ritentare la fortuna con l'incaricata consolare a Tashkent e, fra una telefonata e l'altra, passano due giorni che dedico a piacevoli camminate nei dintorni di questa bellissima città che, con la sua bellezza, giustifica tutti i monotoni km percorsi dalla frontiera per raggiungerla.
Dopo due giorni ancora non ci sono novità per il visto, ma il mio programma di viaggio mi impone di andare avanti. Ho il visto iraniano in scadenza, e se voglio entrarci in tempo per richiedere una proroga devo presentarmi alla frontiera turkmena e tentare li tutto per tutto, anche senza visto.
La strada diretta alla frontiera con il Turkmenistan mi porta a Bukhara, città altrettanto bella ma meno contaminata dal turismo massimo, e per questo in grado di offrire un'esperienza più intima e personale. Ci arrivo il giorno in cui compio 2 mesi esatti di viaggio, quindì decido di provare il caffè espresso del bar nella piazza centrale, così, per incoraggiamento. Oggettivamente una schifezza, ma che vuoi farci, mica siamo in Italia. ;)
Camminare fra le strade scure della città, e ammirarne da vicino gli splendidi edifici, mi fa dimenticare per un attimo che domani mattina potrebbe iniziare il calvario che per settimane ho cercato di evitare. Ma credo anche di poter assaporare, adesso meglio di prima, la serenità di aver tentato il tutto per tutto, e per questo dimentico il problema godendomi il momento.
Credo di essere appassionato del viaggio-avventura per questo motivo. Oltre a proiettarmi in realtà sempre diverse e nuove, questo modo di viaggiare mi conferisce la forza di misurarmi con sensazioni e circostanze che mi permettono di riflettere e accrescere certe consapevolezze. Per me il viaggio non è soltanto uno sfrecciare fra un posto e un altro collezionando fotografie, bensì un mettermi a confronto con quella parte di vita (bella o brutta che sia) che risiede in ogni altra realtà lontana da casa.
L'indomani l'aria frigge di tensione, i 90 km che mi portano alla frontiera sono i più intensi mai fatti, e tutte le dinamiche che ho immaginato nella mia mente vengono spazzate via dalla mera realtà dei fatti. L'uscita dall'Uzbekistan presenta subito delle difficoltà: più di un ufficiale della dogana mi chiede se ho il visto turkmeno e, non contento della mia risposta recitata impeccabilmente, vengo invitato a sedere in disparte con un gendarme che, con tono complice e amichevole mi dice quello che non avrei voluto sentirmi dire:
- Hai il visto turkmeno?
- Si, certamente!
- Che succede se non ti faranno entrare?
- Mi faranno entrare, stai tranquillo.
- (sorride consapevole che sto bluffando) Ok, ma cosa farai SE non ti facessero entrare?
- Tranquillo, mi faranno entrare.
- Te lo chiedo perché tempo fa un tedesco non è riuscito ad entrare, e l'hanno rimandato qui. Però, come te, non aveva il visto per rientrare ed è rimasto qui per 2 settimane, in attesa che i diplomatici del suo Paese sbloccassero la sua situazione.
- (rumore di sciacquone del bagno nella mia testa) Mi spiace per lui, io comunque ho il visto.
Così sorride rassegnato, e timbra il mio passaporto per l'uscita annullando il mio visto.
Da quel momento la tensione si trasforma in ansia che si trasforma in paura. E se, e se e se?
Altri due gendarmi, negli ultimi due controlli uzbeki, mi chiedono del visto e, ormai vittima delle mie stesse paranoie, bluffo senza ritegno nella speranza di essere lasciato libero di gettarmi nella fossa dei leoni per vedere che succede. Ormai procedo per inerzia di incoscienza e disperazione.
Fra i due paesi c'è un 1 km di "terra di nessuno", mi fermo per registrare un video e poi vado avanti.
Non c'è una ricetta precisa o una serie di passi da seguire, la faccia di pesce non sembra adeguata in questa situazione, e così decido di utilizzare un'altro approccio.
Al primo controllo parliamo di Europei, Italia contro Germania e Buffon, e mi viene subito fatto cenno di proseguire. Al secondo controllo mostro alcune foto dell'Italia che ho sul cellulare. Al terzo controllo parliamo nuovamente di Europei, di chi ha vinto la finale e della moto. Il quarto controllo è l'ufficio doganale.
Entro, compilo la dichiarazione, mi faccio misurare la febbre (una prassi per entrare) e quando è il mio turno dall'ufficiale di dogana inizia un tango di parole, di negoziazioni e di tutto quello che ritengo necessario per arrivare alla persona che si cela dentro all'uniforme. Il mio approccio è sempre cortese, rispettoso, ma fermo nella mia posizione di poter entrare in Turkmenistan.
Sono le 14 e, dopo una serie infinita di NO e di intimidazioni da parte dei gendarmi di rimuovermi assieme alla moto dallo stabilimento doganale (impedendomi così di rientrarvi), gioco la carta della tenacia mischiata alla sottile ironia, e qualcosa si sblocca. La frase giusta nel momento giusto cambia le carte in tavola, e dopo 6 ore il doganiere fa la telefonata che non voleva fare, nonostante i miei ripetuti inviti. Dopo la telefonata mi chiede il passaporto, mi invita a pagare la cifra di 71 dollari per il visto e 70 per l'assicurazione moto, e dopo un'ora (di controlli da parte di tutti i membri della dogana) mi viene detto: "Welcome to Turkmenistan".
Ci sono 43 gradi e sono vestito con il mio equipaggiamento da tutto il giorno, non ho bevuto, non ho mangiato, e la dose eccessiva di tensione, apprensione e stress si ripercuote su di me pochi istanti dopo aver varcato la linea di confine, quando l'adrenalina finisce.
Da quel momento mi sentirò molto debole e provato, quasi prossimo a un esaurimento nervoso. Devo solo resistere fino alla prossima pausa in albergo. Hanno insistito tanto per non farmi entrare, e adesso mi ritrovo pure con un visto di transito di 5 giorni con cui attraversare il Turkmenistan e il visto dell'Iran ancora valido. La moto è in frantumi (telaietti rotti di nuovo, circuito elettrico in fase di stallo), ma decido ugualmente di aggrapparmi alle ultime forze che ho per macinare tutti i km del Turkmenistan in un giorno solo, entrare in Iran, e rigenerare le mie energie.
Così divoro i bruttissimi km dell'itinerario che mi è stato assegnato (eh già, la dogana mi ha anche imposto da dove devo passare e da dove devo uscire) e, dopo una serie interminabile di buche, vento e sabbia faccio il mio arrivo alla frontiera turkmena che mi separa dall'Iran, e la sera stessa sono ufficialmente fuori.
La repubblica islamica dell'Iran e la sua gente mi appaiono subito bellissimi: mi offrono il pranzo in dogana, mi aiutano a velocizzare le pratiche, mi accompagnano in hotel, e tutti si fanno in 4 per mettermi in condizioni di vivere la miglior esperienza possibile.
Gionata Nencini