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Il percorso è tortuoso, qualche tornante impone attenzione e brusche scalate a scapito del comfort del passeggero, ma la strada che sale in val di Ledro si dipana tra curve morbide e un asfalto liscio come se fosse appena passato il giro d’Italia. Più piccolo del lago d’Idro, Ledro, adagiato in una vallata più ampia, è anche più luminoso e sembra essere meta molto amata dalle famiglie tedesche con propensione al dinamismo. Gruppi di cicloamatori più o meno assistiti ma tutti rigorosamente protetti da caleidoscopici caschetti si avventurano lungo i percorsi disegnati dalla locale proloco.
A bordo lago sorseggiamo un dissetante e prudenziale panaché prima di ripartire per Riva del Garda. Ma è meglio non distrarsi, anche perché l’orografia di questo territorio che scende fino al lago è un incanto e disegna una meravigliosa strada dalla quale è sempre meglio non distogliere lo sguardo. Questioni di intensità traffico, dalle quali soprattutto nei fine settimana non si può prescindere, e di velocità, alla quale spesso si concede più spazio di quello riservato alla prudenza. Riva è un punto obbligato per fare il pieno di benzina e avvisare il nostro uomo a Rovereto dell’imminente arrivo nell’appartamento nel centro storico che lui e la moglie hanno fatto diventare un delizioso b&b. Affacciata sulle cascate, La Veranda sul Leno offre una vista spettacolare sul fiume.
Oltre alle istruzioni per l’uso dell’appartamento, Massimo ci spiega le origini di questa veranda opera di un facoltoso turco arrivato in città sulla via della seta che, nel ‘700, rappresentava la principale fonte di ricchezza di Rovereto e della Vallagarina. Noi purtroppo non abbiamo la pazienza di ascoltare l’intera storia, apprezziamo le ardite architetture lignee e le decorazioni volute dal ricco mercante ma desideriamo solo una doccia e una birra al sottostante Circolo Arci di Santa Maria. Abbiamo adocchiato l’insegna passando in moto e abbiamo intuito la presenza di una terrazza con tavolini dedicata agli ospiti. La conferma da parte di Massimo della vivacità del locale suona come un invito a ringraziare Massimo, docciarsi, indossare abiti civili e approfittare dell’ospitale circolo.
Rovereto sorprende. E non solo per la calda accoglienza del Santa Maria. Avamposto militare della Serenissima per oltre un secolo, nel Rinascimento la città divenne un punto di scambi commerciali grazie a un decreto veneziano che la esentava dai dazi. Rovereto e la Vallagarina costituivano una zona franca che contribuì allo sviluppo dell’industria della seta e di una ricchezza che si riconosce ancora oggi nei palazzi del centro storico progettati da architetti veneziani: la città si guadagnò la fama di Atene del Trentino e ora è anche città della Pace, in omaggio a Maria Dolens, la Campana dei caduti costruita con il bronzo dei cannoni della Prima guerra mondiale: i suoi 100 rintocchi ogni sera al tramonto ricordano il valore della pace.
A noi i rintocchi fanno venire in mente che è ora di muoversi e raggiungere Isera, al di là dell’Adige, dove ci aspetta il menu a km zero della Vineria de Tarczal. Ordiniamo subito un Terlaner locale e proviamo a ipotizzare le visite di domani: il Mart è imprescindibile, ma la Casa Futurista di Depero ci regala un’anteprima: Depero.1929 Drama, un plastico che ricostruisce il rapporto che Depero ebbe con New York. Ne nascerà un film che verrà presentato in autunno al Mart. Quale miglior viatico per accedere al Mart? Due le mostre: Botticelli e Raffaello, che approccio timidamente: temo che nel mio cervello a forma di Bigino si addensino troppe informazioni e non vorrei mandare in tilt le sinapsi. Il rapporto di Raffaello con Picasso, Dalì e De Chirico non è immediato, ma i curatori del Mart riescono a visualizzare collegamenti non intuitivi.
Per noi invece è intuitivo ripartire. Ci basta dare un’occhiata all’orologio per capire che se vogliamo rientrare per sera e magari salire al Giogo del Maniva conviene darsi una mossa. Alcuni nuvoloni in cielo minacciano pioggia. Itinerario: ritornare fino a Londrone dove una rotonda indica la provinciale 669 che sale verso Bagolino e ai 1664 metri del Maniva. Tornanti e curve strette regalano grandi panorami e qualche brivido di freddo anche nella bella stagione. Per Marco il passaggio da Bagolino potrebbe essere l’occasione per acquistare il Bagoss, formaggio di alpeggio aromatizzato allo zafferano secondo tradizione veneziana. Ma le probabilità di pioggia salgono ogni volta che consultiamo la meteo app. E ci basta uscire dalla città per avvertire i primi goccioloni sulla visiera del casco.
Scatta il piano B: sosta tecnica, vestizione antipioggia e ciao ciao Maniva. La rampa di accesso alla Modena-Brennero ci suggerisce di non rischiare pioggia in quota: quella del fondovalle potrebbe essere già sufficiente. Tra acquazzoni, schiarite e un traffico da controesodo i 200 chilometri fino a Milano sono stati sufficientemente noiosi da richiedere un paio di soste in autogrill, ma non hanno spento l’entusiasmo. Maniva e Bagoss, prima di rimettersi il casco, sono state più di un arrivederci: il mantra del prossimo viaggio.