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L’abbondante colazione sulla veranda del Lons Hotel affacciata sull’Ariège è il miglior viatico per questa seconda tappa che ci fa entrare nel cuore dei Pirenei. Pochi chilometri e a Massat ci fermiamo per un espresso: l’allettante insegna che annuncia la possibilità di un caffè vero è un richiamo troppo forte per bikers italiani che non si rassegnano alla brodazza nera che da queste parti si ostinano a spacciare per caffè. L’espresso, come prevedibile, delude ma la piccola chiesa del ‘400 rimaneggiata nei secoli con soluzioni al limite dell’eclettismo è il fulcro di una piazzetta animata che mette insieme la tradizione di un piccolo mercato locale e la curiosità di un turismo itinerante spesso a misura di camper.
Attilio, il nostro esperto di arte religiosa, si rivela più informato di una guida verde Michelin e prova a raccontarci simboli e significati della chiesa. Noi, ammirati da cotanta conoscenza, non nascondiamo stupore davanti all’erudito compagno di viaggio. In effetti la Chiesa della Natività della Vergine che ora beneficia di un'iscrizione nei Monumenti Storici, è stata ricostruita nella prima metà del XVIII secolo, ma l’originale stile barocco mette in evidenza un magnifico campanile ottagonale del XV secolo, oltre a file di finestre ogivali sormontate da oculi sulle sue volte.
Chiusa la parentesi storica artistica, riapriamo la carta per capire che abbiamo fatto solo 40 dei 200 chilometri previsti per la giornata e che forse è meglio dare un’occhiata all’olio del motore e lubrificare anche le catene: da quando siamo partiti abbiamo già fatto un migliaio di chilometri. Dopo controlli e manutenzione, riprendiamo la strada con le curve del tracciato che iniziano a stringersi, ma un fondo stradale perfetto e il traffico praticamente inesistente invitano a una guida allegra e aumenta il numero dei giri (del motore).
Meglio non dare troppa confidenza alla manetta del gas: queste sono le strade del Tour e il cippo adornato da fiori nel punto in cui cadde e morì Fabio Casartelli nel 1995 ci ricorda la pericolosità di queste curve che vanno affrontate, anche in moto, con la dovuta e necessaria prudenza. Affrontiamo il Col de la Core e il Portet d’Aspet sorpassando solitari ciclisti che salgono e scendono queste strade con la pedalata tonda e regolare dei grandi passisti, come se la fatica fosse una compagna di viaggio e non una temibile avversaria da sconfiggere. Il caldo, nonostante si viaggi intorno a quota 1500, è abbastanza fastidioso: obbliga a frequenti fermate per bere e, nonostante l’abbondante colazione, la pausa pranzo è sempre nella nostra agenda di impiegati del viaggio in motocicletta.
Il cuore dei Pirenei non delude grazie a un meteo che quest’anno ci stronca di caldo ma ci regala anche giornate di un’estate comme il faut. Niente a che vedere con la neve e gli zero gradi che trovammo due anni fa salendo ad Andora. Allora zigzagavamo tra Francia e Spagna, ma quest’anno, causa Covid, abbiamo preferito rimanere in terra di Francia per evitare frontiere e quarantene nonostante ognuno di noi sia vaccinato con doppia dose inoculata da oltre 15 giorni e in possesso di un green pass formato europeo.
L’ultima sosta per una Perrier gasata e gelata è in cima al Col de Peyresourde prima di scendere ad Arreau. Salutiamo anche il nostro compagno di viaggio a pedali durante l’ultima ascesa: soddisfatto della prestazione fa inversione a U e riscende verso casa. Noi invece proseguiamo verso il Col de l’Aspin, eletto su suggerimento di Stefano, baffo gourmand di comprovata affidabilità, a meta gastronomica per la serata. Per evitare sgradevoli imprevisti, abbiamo prenotato un tavolo, mentre per la notte Booking ci suggerisce La Bergerie, qualche chilometro a valle, una sorta di Baghdad Café alla francese che, tra l’Aspin e il mitologico Tourmalet, non è solo un albergo ristorante per viaggiatori.
La Bergerie è anche il Pernod condito da animate chiacchiere. Noi constatiamo l’improbabile ma confortevole sistemazione che ci è stata riservata, ci rinfreschiamo con un’abbondante doccia e torniamo sull’Aspin: quattro chilometri agili (viaggiamo scarichi e con abiti civili) per gustare ottima carne alla brace, ascoltare il giornaliero aggiornamento sul love affaire di Gianni mentre alcune mucche pascolano in libertà nel vallone su cui si affaccia il ristorante. Questa atmosfera bucolica che ispira i racconti del nostro novello Peynet viene bruscamente interrotta dall’arrivo di pony e cavalli che si avvicinano, troppo per i gusti dei miei pard, alle moto: sono affascinati dalla sella pelosa che Gianni ha fortemente voluto, trovato e montato sulla sua moto. De gustibus non est disputandum, sostenevano Plutarco e, più tardi, Giulio Cesare. Fatto sta che lo stupore del cavallo era pari all’apprensione di Gianni per il destino della sella pelosa e conseguentemente della moto.
Scampato l’equino agguato, ci riappropriamo delle moto e come promesso a Marie Laure, che con Mathieu gestisce La Bergerie, torniamo a casa per un Armagnac di fine giornata e per ripagarla della delusione di non averci avuto a cena. Gli Armagnac alla fine diventano due ma questo è un dettaglio che ci aiuta solo a prendere sonno più facilmente.
- continua.