Planet Explorer 11: Australia - Day 3

Arriviamo in tarda sera a Evans Head, un posto un po’ fuori dal mondo, trovando una sistemazione in uno strano motel dove il primo soggetto che si presenta di fronte a noi, ancor prima di entrare in doccia, è una bella blatta!
3 dicembre 2017

DAY 3: Evans Head / Noosa (370 km)
Arriviamo in tarda sera a Evans Head, un posto un po’ fuori dal mondo, trovando una sistemazione in uno strano motel dove il primo soggetto che si presenta di fronte a noi, ancor prima di entrare in doccia, è una bella blatta! Fortuna che Booking lo dava con un ottimo rating! Mai fidarsi delle apparenze, specie nel web, e questa è comunque una buona norma e regola da applicare anche fuori dal contesto dei viaggi. Poche ore di sonno, come al solito, e al mattino successivo ripartiamo, ben felici di lasciare quella camera.

Poco meno di un’ora di strada e siamo già al nostro primo punto di interesse: Byron Bay o, per essere ancora più precisi, a Cape Byron. I primi europei che arrivarono in questo sito furono il capitano esploratore James Cook ed il suo equipaggio - stiamo parlando del 1770 - che, come tutti i colonizzatori che si rispettano, iniziarono subito a fare i primi danni. Invece di sterminare le popolazioni di aborigeni, pensarono piuttosto ad un bel disboscamento e alla caccia delle balene e, successivamente, al commercio dei cedri rossi e all’estrazione dell’oro. Ma cosa ha di particolare questo sito? E’ sicuramente il punto più ad est di tutto il continente australiano, quello che per primo vede la luce del nuovo giorno. Abitato per millenni dagli aborigeni Arakwal, nella loro lingua lo definirono Cavvanbah, che significa luogo di incontro. E, non a caso, tanti ma tanti anni dopo è divenuto anche la meta di incontro degli hippies, ma questa è già storia moderna. Sul promontorio di Cape Byron sorge un faro, tuttoggi il più potente e luminoso dell’Australia, seppur costruito ai primissimi del ‘900: un’icona imperdibile per chi si rechi nel Nuovo Galles del sud.

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Ripartiamo di fretta per raggiungere la nostra meta successiva, ed entriamo finalmente nel Queensland, che da qui dista circa 60 chilometri. L’Africa Twin digerisce bene l’asfalto piuttosto sconnesso delle strade australiane, che non brillano certamente per manutenzione. Anche il comfort è degno di una moto certamente pensata per il fuoristrada, anche se non più quello dakariano, quanto piuttosto ai grandi viaggi. In poco più di 200 chilometri arriviamo alle Glass House Mountain, e qui si apre tutto un altro scenario rispetto al precedente. Siamo nella foresta sub-tropicale, e al di sopra di una fittissima vegetazione si ergono queste montagne che in realtà sono un gruppo di 13 colline rappresentate da una serie di coni vulcanici: secondo la leggenda aborigena, appartenevano ad una famiglia di spiriti che popolavano la montagna. Molto meno poetica, invece, l’interpretazione del capitano Cook, al quale ricordarono la classica forma dei coni industriali delle fornaci per la produzione del vetro. Ci sono svariati sentieri da percorrere, lookout e punti di interesse, personalmente però non sono riuscito a trovare niente di particolarmente affascinante in questa zona che sicuramente non consiglierei nemmeno per una visita, seppur sia inserita nel patrimonio nazionale e del Queensland come paesaggio di rilievo nazionale.

Luca Bracali

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