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A nemmeno un anno di distanza Planet Explorer torna ad alzare il sipario. E per questa quarta edizione rientra in Europa, in Grecia per l’esattezza, a scoprire i miti classici che hanno reso fiorente una delle più grandi civiltà del passato ma anche a caccia di nuovi itinerari. La compagna di questa avventura che ci porterà a braccetto nei maestosi scenari della Magna Grecia è la nuova ammiraglia di casa Suzuki, la V-Strom 1000, una moto che ha nel suo dna la passione per i grandi viaggi e per un turismo molto raffinato.
E noi che pensavano che la Grecia a giugno sarebbe stata una scelta ideale per prendere sole ed avere un’ottima luce, invece ci ritroviamo a prendere freddo e vento e, come se non bastasse, anche tanta acqua! Il punto di arrivo è Kalampaka, una movimentata cittadina che sorge ai piedi di una delle più grandi bellezze naturali, ma anche storico-religiose della Grecia: le Meteore. E’ affascinante pensare che un tempo, diciamo all’incirca 10 milioni di anni fa, le rupi e i pinnacoli delle meteore erano i depositi sedimentari di un mare interno che poi, in seguito ai movimenti tettonici, spinsero l’intera regione fuori dal mare stesso. Dichiarate patrimonio mondiale dell’Umanità, le Meteore sono dei monasteri arroccati su pinnacoli di roccia. Il toponimo meteora deriva infatti dall’aggettivo greco meteoros che significa “sospeso nell’aria”. Ma chi abitavano questi romitori così nascosti e isolati? I primi insediamenti dei monaci eremiti risalgono già all’XI secolo, ma fu nel 14esimo secolo, quando il potere dell’impero romano volgeva al declino e le incursioni turche erano sempre più frequenti, che alcuni religiosi si insediarono qui per cercare un luogo sicuro. La peculiarità che ha reso questi monasteri un luogo sicuro, praticamente invalicabile, fu il fatto che si poteva accedervi solamente attraverso scale rimovibili, poi in seguito furono introdotte degli argani con tanto di reti nelle quali i monaci vi si calavano dentro. Si narra che quando i visitatori incuriositi chiedevano con quanta frequenza si sostituissero le funi la risposta era: quando il Signore lascia che si rompono!
Sono altri 110 i chilometri da percorrere per giungere sino ad Ireo, entrando quindi nel Peloponneso, un breve tratto interrotto da ben 3 stazioni di pedaggio che invece di trovarsi come caselli posti all’uscita ce li ritroviamo lungo il percorso autostradale.
Il luogo di maggiore interesse storico, e soprattutto archeologico è il sito di Heraion situato a 15 chilometri a nord-ovest dell’antica Corinto. Gli scavi hanno portato alla luce il tempio di Hera oltre a rovine significative della civiltà pre-corinzia. Non c’è dubbio che il tempio dedicato alla sovrana dell’Olimpo, in quanto moglie e sorella di Zeus, sia il monumento più importante dell’area che si adagia su di una spiaggia a poche centinaia di metri dal faro di Melagavi. Il faro in se per se non ha niente di interessante, anzi è piuttosto deludente per quel restauro fin troppo perfetto che gli toglie il pathos che tipico di queste costruzioni di vedetta. Curioso piuttosto il fatto che il faro sia operativo da fine ‘800 e, che come primo combustibile, fosse utilizzato il petrolio. Ore 21 dietro-front, la V-Strom inverte la marcia per arrivare nella capitale in tardissima serata.
Atene si può visitare per molteplici ragioni ma andare nella capitale greca senza visitare l’Acropoli sarebbe come andare a Roma e non passare dal Colosseo. E allora cominciamo con il dire che l’Acropoli è fra i più importanti siti archeologici al mondo e che il Partenone è il simbolo per eccellenza dell’antica Grecia. Ma cosa rappresenta in realtà questo luogo abitato già nel neolitico ovvero 4.000 anni prima della venuta di Cristo? L’Acropoli era sicuramente un luogo di culto e di venerazione dedicato ad un’importante figura mitologica del mondo ellenico, Athena Parthenos, la dea che rappresentava il potere ed il prestigio della città. Ma seppur affascinanti questi monumenti non sono altro che i pallidi resti dell’Atene di Pericle, quando furono chiamati i migliori architetti, scultori e artisti del tempo per realizzare questa imponente opera. Visitare l’Acropoli oggi significa prima di tutto trovare un parcheggio, e se per le auto resta cosa impossibile, almeno in questo la moto ci da un grosso vantaggio. Poi, una volta affrontata una ripida salita che in estate vuol dire perderci due litri di sudore, ci troviamo nel bel mezzo di restauri con tanto di gru, ponteggi in acciaio e frese per levigare la pietra che non smettono un istante di gracchiare. Dulcis in fundo, una fiumana di persone da togliere il respiro, farà da cornice alle colonne secolari... Questo a parte, se uno riesce ad isolarsi con la mente e a staccarsi da ciò che lo circonda, l’Acropoli resta sicuramente un luogo dal fascino unico.
Ma Atene è anche altro, nella sua vastità di una capitale da appena 800.000 abitanti, ha un’estensione della sua cerchia urbana a perdita d’occhio, da qualunque lato la si osservi. E in mezzo a tutta questa grandezza non poteva certo che mancare un maxi-stadio, una specie di San Siro, con 70.000 posti ma realizzato qualche anno prima. Stiamo parlando dello stadio Panatenaico, un’imponente costruzione costruita nel IV secolo avanti Cristo per ospitare le gare di atletica della Panatenee. Molti secoli più avanti, nel 1895 per l’esattezza, fu un facoltoso mecenate greco a curarne il restauro per ospitare l’anno seguente i primi giochi olimpici dell’era moderna. Senza spostarsi di molto, forse nemmeno un paio di chilometri e in un traffico assolutamente vivibile, la nostra V-Strom fa tappa di fronte ad un’altra maestosità di Atene. Si tratta semplicemente del più grande tempio di tutta la Grecia, i cui lavori di costruzione si protrassero, per mancanza di fondi, per oltre 700 anni! Ben 104 colone alte 17 metri e di un diametro di 1.7 metri, raffigurano una struttura davvero imponente. Non può che essere il tempio di Zeus!
Ma veniamo adesso a noi e al nostro tour in cerca della movida e delle zone più caratteristiche di una città che vista la crisi ha cambiato il suo volto adattandolo alla situazione attuale, ma ciò nonostante riesce a non perdere la propria dignità e peggio ancora a non cadere nella violenza. Atene si gira di notte senza nessun problema e a chi ci piace viaggiare e scoprire, il primo consiglio è farsi un giro per apprezzarla dall’alto e quindi, la strada che conduce alla collina di Lykavitos, oltre a dare la possibilità di fare due pieghe in tutta scioltezza, offrirà un panorama molto esteso della capitale. Prima di scendere in centro conviene fare un passaggio anche nella collina di Filipapou, altro bel punto di osservazione sulla città che lentamente si avvolge nel blu prima di accendersi con mille bagliori. Per gustare un frappè in ambienti piuttosto eleganti e raffinati, a poche centinaia di metri dal Partenone, la scelta è sicuramente Thisio, dove con la moto è facilissimo accedere e ancor più parcheggiare a pochi metri dai locali disposti lungo una specie di area pedonale. Ma per vivere il centro nella maniera migliore due sono le alternative più interessanti: il distretto di Plaka che con le sue residenze in stile neo-classico rappresenta l’anima storica della città, dove nelle strette viuzze si trovano locali interessanti per giovani o per i turisti di passaggio. Il cuore pulsante di Atene resta però l’area di Monastiraki, un quartiere che confina con Plaka e che di giorno è famoso per il mercatino delle pulci. Di notte invece, specie la piazza principale che fino a due anni fa era completamente deserta, si è trasformata in un ritrovo di giovani provenienti da ogni nazione: dall’Africa all’America centrale, dove fra ritmi tribali e note improvvisate si consuma con semplicità e allegria il lento trascorrere delle ore…
L’asfalto è ben tenuto e con un ottimo grip, e suppur stracarichi fino al collo riusciamo anche noi a divertirci per quel che possiamo. Il motore della V-Strom è proprio nato per viaggiare. Potente e carico di coppia da non lascarti mai in crisi in nessuna situazione; ha un tiro fin dai bassissimi, riprendendo in scioltezza dai 2.000 giri e con una progressione quasi impressionante. A 7.000 giri, sempre lontani dalla zona rossa, si viaggia allegrotti sui 190 orari… Sulle strade collinari ci spostiamo con estrema scioltezza, sempre assistiti da un cambio che fa perfettamente il suo dovere ed un telaio che ci sostiene anche nei cambi di direzioni più rapidi, pur mettendo in crisi talvolta l’anteriore a causa dell’eccessivo carico sul retro. La prossima meta è un’altra tappa forzata per chi va in cerca di grandiosità archeologiche. Realizzato per mano di Policleto il Giovane, il teatro di Epidauro è uno dei più grandi esempi di architettura greca rimasto perfettamente conservato fino ai nostri giorni. Ben 34 file di sedute, alle quali ne sono state aggiunte altre 21 dai romani, portano questo immensa opera d’arte ad una capacità di 15.000 persone. Impressionante è quanto l’acustica venga diffusa in maniera stereofonica e naturale, tant’è che gli attori che qui si esibiscono non hanno il benché minimo ausilio di impianti di amplificazione. Dopo tre hot-dogs, tre bibite e 24 euro spesi, decidiamo che sia meglio lasciare il posto e proseguire altrove visto che le belle strade continuano ad aprirsi e a correre lungo costa. La penisola di Methana è tutta da viaggiare e da scoprire. Uno di quei luoghi ameni non ancora rovinati dal turismo di massa e dove l’autenticità di questa nazione riesce a sopravvivere. Dal paese che da il nome alla penisola, e che merita di essere visto per la sua bellezza naturale, al vulcano che anch’esso si chiama Methana, tanto per essere originali, è un susseguirsi di piccole delizie che ci riportano veramente fuori dal tempo. Anziché andare in uno dei soliti locali da turisti imbrattati e arredati in stile kitch, noi preferiamo l’essenza vera e mentre rientriamo da un mini-trekking al vulcano ci colpisce la genuina semplicità di un ristorantino a Vathy, così sul lungomare da finire in acqua! Fra i tanti bei momenti trascorsi, l’atmosfera di una cena a base di pesce fresco su quella minuscola terrazza appoggiata sulle acque del golfo, la ricorderò per un bel pezzo…
Ma la nostra settima giornata non si conclude qui, abbiamo ancora un po’ di strada da percorrere, meno di 80 chilometri ma buona parte dei quali snodati fra piccole strade interne, a prova di navigatore! Dato che ci siamo perché non accorciare il percorso e farsi un po’ di fuoristrada leggero tanto per saggiare le doti della V-Strom anche in off-road? Premesso che le gomme sono stradali ed il carico sul posteriore è eccessivo, la super-tourer di Hamamatsu si è disimpegnata piuttosto bene anche nel fuoristrada, ovvio che l’enorme peso tende a spingerla fuori traiettoria specie in discesa, ma con il traction-control impostato su livello 2 si viaggia comunque in piena sicurezza. La frenata è impeccabile: modulabile e potente e con un abs pronto, ma mai invasivo.
Ultima tappa prima di arrivare nel villaggio di Goura, è il monastero di St. George, a Feneus, sicuramente luogo di culto religioso ma anche di coraggio, visto che durante gli anni della rivoluzione greca contro il dominio ottomano, attorno al 1821, fu utilizzato come quartier generale assieme ad altri abati dei monasteri circostanti. A dire il vero i monaci non amano molto la pubblicità e le orde di turisti selvaggi, ma a quei pochi che ci arrivano con umiltà e nel rispetto dell’ambiente, oltre alla vista sul lago viene offerta una insolita quanto gustosissima marmellata di rose, un estratto ricavato dai roseti che curano con grande passione nella corte interna.
Mi racconta Danilo, il mio cameramen e compagno di viaggio e che visitò Santorini 27 anni fa, che allora si attraccava al vecchio molo e non essendoci altre vie di comunicazione, l’asino era l’unico modo per giungere in paese. Oggi le cose sono cambiate un po’, gli asinelli ci sono ancora ma per fare l’escursione turistica, in compenso si sono aggiunte strade e soprattutto un’infinità di auto, moto, ma soprattutto quad e autobus. L’architettura di Santorini è qualcosa di speciale, con gli intonaci delle case bianchissimi e levigati come vere e proprie sculture. Pur essendo un’isola dalle dimensioni piuttosto modeste visto che è lunga appena 28 chilometri, riusciamo a muoversi con assoluta disinvoltura, solo qualche lieve difficoltà magari l’abbiamo trovata nella serie di tornanti più stretti e ripidissimi dove la V-Strom, ben più carica degli asinelli, faticava un po’ ad inserirsi e a mantenere la traiettoria. Ma è la grande elasticità del motore, carico di coppia anche ai bassi, a disimpegnarci brillantemente da ogni situazione. Se un rapido trasferimento al sud dell’isola vale la pena giusto per vedere le rare spiagge, immancabilmente nere come il magma vulcanico dal quale derivano, la vera essenza di Santorini si vive indiscutibilmente nelle due località di maggiori richiamo, quelle in cui purtroppo, ma a ragione, si riversano decine di migliaia di turisti, tanto che se in inverno Santorini conta 15.000 abitanti o poco meno, in piena estate, ed in un solo giorno, può arrivare fino a 200.000!
Nella capitale Thira si respirano due atmosfere ben distinte: l’aria del passato, che trasuda da quelle impervie viuzze affogate nei vecchi edifici senza intonaco o quella più moderna visitando la parte della città più recente, quella che si affaccia sul mare, quella che ha subito restauri ed aggiunte ma sempre nel pieno rispetto degli spazi e dei canoni architettonici. C’è però chi sostiene che vista l’enorme quantità di cemento che è stata aggiunta alla città il destino di Thira non sia dei migliori, auguriamoci magari possano essere solo mere supposizioni, anche se c’è comunque da riflettere. Ma il meglio di Santorini dobbiamo ancora scoprirlo e dista solo una dozzina di chilometri dalla capitale. E’ nel piccolo villaggio di Oìa, un agglomerato di case bianchissime aggrappate sulla roccia vulcanica, che ogni sera si assiste e si applaude ad uno degli spettacoli più belli della natura. Il sole che lentamente scende all’orizzonte, accedendo di un arancio pastello le pareti delle case, dona a Santorini uno dei tramonti più belli al mondo. Ed a noi, umili spettatori, una delle immagini più suggestive da vivere e fotografare.