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La tappa di oggi si preannuncia davvero interessante perché finalmente entriamo nel vero Marocco, in quello più autentico, nel cuore di un paese che convive nei contrasti e forse, proprio in questo, trova la sua forza maggiore. Ci lasciamo il casino di Marrakech alle spalle con una gioia indescrivibile, soprattutto grazie ad una app per Android che ci consente di uscire da ogni inestricabile labirinto cittadino, navigando con mappe off-line e di una precisione assoluta.
Il percorso che porta al sud del paese comincia a farsi interessante, la direzione è Ouarzazate e gli scenari cambiano di mano in mano che iniziamo a salire di quota. In meno di 30 chilometri la strada diventa uno spettacolo per chi abbia il piacere di farsela in moto e quella serie di curve e tornanti mettono una davvero una voglia sfrenata di non scendere più di sella. L'asfalto ha un ottimo grip e nonostante siamo abbastanza carichi ed in versione turistica, cominciamo ad apprezzare le doti stradali della Crossover che naturalmente è una VFR sotto mentite spoglie! Il V4 da 782 cc spinge eccome, dopo qualche lieve incertezza ai bassi esplode con grinta e decisione dopo i 6.500 di strumento, tirando fuori un sound rauco che cresce con il salire dei giri. In meno di un'ora siamo all'interno di una delle regioni più spettacolari del Marocco, l'alto Atlas, le montagne dell'Atlante che tagliano il cielo con cime innevate oltre i 4.000 metri. Cambia il clima e cambia il popolo, la temperatura è fresca in estate e decisamente fredda in inverno. I marocchini lasciano così il posto ai berberi, un popolo fiero ma soprattutto libero, tanto che nella loro stessa lingua, l'Imazighen, in origine significa appunto "uomini liberi". I villaggi in questa regione, un po' fuori rotta rispetto alle più classiche città imperiali, sono di una bellezza inenarrabile, sicuramente fuori dal tempo e molti di essi hanno conservato proprio quel sapore autentico sia nell'architettura che nello stile di vita. L'alluvione di fine novembre ha sicuramente lasciato la sua traccia, alcuni terreni lungo il letto dei fiumi sono franati e con essi pure qualche abitazione. In Italia fra sovvenzioni, aiuti esteri, permessi ministeriali, beni pubblici, belle arti e chi più ne ha più ne metta, prima di un anno non sarebbe stato mosso nemmeno un sasso, qua in Marocco, a distanza di 15 giorni dall'accaduto, già quasi tutto è tornato nella norma, lavorando a pieno ritmo per la ricostruzione fin da subito.
Più avanziamo nel nostro percorso, più interessanti si fanno i luoghi che attraversiamo. Ma il vero spettacolo giunge di colpo, all'uscita di una curva quando il paesaggio si apre d'un tratto di fronte ad una vera e propria città fortificata. Ait-Ben-Addou è nata un migliaio di anni fa come una ksar, edificata lungo la rotta carovaniera fra il deserto del Sahara e l'attuale Marrakech. La kasba, realizzato in fango e mattoni rossastri è di una bellezza inenarrabile, manco a dirsi patrimonio Unesco, fra le perle più suggestive di questo paese. Pensate però a come si è trasformata la sua storia. Se un millennio fa erano i cammellieri a farvi rotta, negli ultimi 50 anni è divenuta il set cinematografico per eccellenza. Lo scenario della kasba è stato infatti il teatro di numerosi kolossal e non a caso "Il Gladiatore", "Gesù di Nazareth", "Il te nel deserto", "La mummia", "Il gioiello del Nilo" e pure Lawrence d'Arabia, che nel 1963 vinse pure l'Oscar, sono stati ambientati fra le sue strette viuzze e le torri angolari.
Luca Bracali