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Siamo nella bellissima Meteora, e ci svegliamo per l’ultima volta insieme: facciamo colazione, prepariamo i bagagli, e poi ognuno per la sua strada. Ho molti chilometri da percorrere, quindi, dopo una piacevole ora passata tra curve e panorami mozzafiato, imbocco l’autostrada che mi porterà verso il confine turco.
La mia destinazione odierna è Efeso, sulla costa sud della Turchia, che dista 1.100 chilometri: parto nella speranza di fare l’intera tratta in giornata, ma con un confine da passare e un traghetto da prendere non sarà facile. I chilometri scorrono veloci sotto le mie ruote, e uno dietro l’altro passano i cartelli che indicano la distanza; mi fermo solo per rifornimenti e per una veloce pausa pranzo, arrivando al confine nel pomeriggio.
Una lunga fila di camion in attesa di controlli mi fa pensare che non sarà così veloce, eppure nonostante i cattivi presagi vengo accolto gentilmente dalle guardie, e poco dopo entro finalmente in Turchia, qualche foto di rito sotto la bandiera, e via verso sud.
Ormai non c’è più luce, arrivo in serata a Kilitbahir dove spero di prendere il traghetto per attraversare lo stretto sul Mar di Marmara. Ancora una lunga fila di auto e camion davanti a me, il traffico e il caos nella piccola cittadina è assurdo al punto di far fatica anche con la moto a passare tra i veicoli in coda: intanto, per non farmi mancar nulla, ha anche iniziato a diluviare. Bagnato fradicio riesco a salire sul traghetto, che in poco meno di mezz’ora mi porta sulla sponda opposta dove cerco un hotel per passare la notte. Sono troppo stanco e continuerò la mattina seguente.
Al mio risveglio c’è il sole, indosso il casco e mi dirigo verso sud. Sul mio cammino un cartello mi indica che a breve arriverò alle rovine della mitica città di Troia, famosa per le gesta del prode Achille. Sono un’amante della storia, e non posso che fermarmi a visitare la città che sin da piccolo ha evocato in me interesse al pensiero della epica battaglia che vi fu combattuta: ma purtroppo, dell’antico splendore resta poco.
Mi rimetto in cammino ed è curioso vedere come le strade turche siano piene di finte auto della polizia utilizzate come deterrente per la velocità, e devo dire che inizialmente mi avevano un po’ spaventato.
Passata la città industriale di Smirne arrivo ad Efeso, antica città greca in terra turca, oggi Patrimonio dell’Unesco. L’antico splendore e maestosità del sito mi lascia senza fiato, sono rapito dalla bellezza di questo luogo che vede nella facciata dell’antica biblioteca di Celso e nell’enorme teatro i suoi gioielli più preziosi. La cittadina fuori dalle rovine è accogliente, e trascorro piacevolmente la serata tra le sue turistiche stradine.
All’indomani sveglia presto, qualche piccolo controllo di routine sulla moto, una lubrificata alla catena, un cambio d'olio, ed eccoci di nuovo in sella verso un’altra meraviglia della Turchia.
Sto parlando della bellissima Hierapolis, affacciata sulla collina di Pamukkale, che grazie alle sue acque termali che arrivano dal sottosuolo si è creata questa bellezza unica al mondo: un’intera collina di un colore bianco accecante, nelle cui piscine naturali di acqua calda si può fare il bagno.
Secondo il mio itinerario di viaggio da Pamukkale sarei dovuto andare direttamente in Cappadocia, ma poco prima di partire sono stato contattato dalla Anlas, azienda turca produttrice di pneumatici da moto, che mi ha chiesto di effettuare un long test sulle nuove Capra X.
Onorato dell’opportunità ho accettato; mi hanno anche invitato a visitare i loro uffici ad Istanbul, quindi, nonostante i 650 chilometri di deviazione mi dirigo verso questa enorme città della quale cui sono innamorato.
Il percorso che porta ad Istanbul, nonostante sia tutto su autostrada, è molto bello. Prima di entrare in questa città che conta 15 milioni di abitanti si attraversano due enormi ponti, dove guidare con la moto e il forte vento laterale non è facilissimo. Entrato nel centro mi scontro con il caos e il traffico di Istanbul, che già nella mia prima visita zaino in spalla mi aveva impressionato: ma ora che guido la mia moto sono in difficoltà.
Prendo un albergo in centro e subito vado al porto, dove mangio il famoso pesce del Bosforo alla griglia, cucinato dalle numerose bancarelle ambulanti.
La mattinata seguente mi dirigo negli uffici della Anlas, dove vengo accolto con gentilezza dai dirigenti e dai tecnici che prima mi spiegano la storia della Società, e poi fanno i rilevamenti sui pneumatici della mia Yamaha e mi fanno compilare un file nel quale mi chiedono le sensazioni e i suggerimenti: tutto questo a riprova che l’azienda tiene molto allo sviluppo e alla qualità dei propri prodotti.
Dopo questa piacevole opportunità riparto, e mentre sto percorrendo il ponte per uscire dalla città mi capita una delle cose più assurde di questo viaggio: vengo affiancato da un motociclista, che vista la mia targa straniera mi fa cenno di fermarmi.
Inizialmente non capisco e penso di avere qualche problema alla moto, invece il mio nuovo amico mi invita a bere qualcosa, e nonostante non abbia tempo decido comunque di fermarmi. Scopro che il ragazzo sta andando ad un appuntamento con un giornalista molto famoso qui in Turchia, nonché uno dei più famosi motoviaggiatori del Paese. Rientriamo in città e arriviamo al bar dove aspetto di conoscere Erik: nell’attesa parliamo delle gesta e dei viaggi di questo viaggiatore che in solitaria ha attraverso Russia e Mongolia.
Finalmente arriva Erik, e dopo una piacevole chiacchierata decidiamo di scambiarci i profili Facebook per restare in contatto, e qui l’incredibile sorpresa: qualche mese prima del viaggio avevo contattato il mio amico Murat chiedendogli pareri sulla Turchia, e lui mi aveva consigliato di scrivere a questo grande viaggiatore turco. Seguii il suo consiglio, e ricevetti preziose informazioni sul viaggio. Quel ragazzo con cui mesi addietro avevo parlato era proprio il mio interlocutore Erik, e quando entrambi ci accorgiamo di avere già l’amicizia su Facebook scoppiamo in un allegra risata.
Incredibile come in una città di 15 milioni di abitanti sia stato fermato proprio da un ragazzo che aveva appuntamento con Erik, che tempo fa mi aveva gentilmente aiutato, ed ora mi sta anche offrendo da bere.
Ancora incredulo e contento per questa sorpresa riparto verso Ankara, la strada inizia a salire di quota e sono immerso in verdi foreste, la temperatura scende drasticamente e inizio a soffrire il freddo: al calar del sole decido di fermarmi, nonostante sia nel bel mezzo del nulla.
Arrivo in una deserta cittadina dove trovo un albergo spartano e sporco, ma sono troppo stanco e infreddolito perciò passerò qui la notte andando a letto ancora vestito da moto. Dopo una veloce colazione alla stazione di servizio riparto e poco dopo raggiungo la capitale, che però non è tra le mie tappe, quindi proseguo verso la Cappadocia.
Sulla mia strada il GPS segnala la presenza di un enorme lago salato, decido perciò di uscire dall’autostrada ed entrarci con la moto: adoro guidare in queste enormi distese bianche, come avevo già fatto nel precedente viaggio in Boliva, nel Salares De Uyuni.
Ad un certo punto le gomme iniziano a sprofondare nella crosta che si rompe al mio passaggio, mi sto avvicinando al centro del lago ed inizia ad esserci dell’acqua: quindi, prima di restare impantanati è meglio che rientri sull’asfalto, ovviamente dopo aver fatto qualche bellissimo scatto fotografico.
Ripresa la strada mi fermo a lavare la moto, perché il sale è corrosivo e non fa bene alla mia piccola. In serata arrivo finalmente a Goreme, in Cappadocia, dove prendo un albergo per due notti: è arrivato il momento di riposarsi un po’ e di godersi a pieno le bellezze di questo luogo.
La Cappadocia si distingue per i suoi paesaggi ricchi di cavità e grotte, caratterizzati da piramidi di terra di origine vulcanica: la sua conformazione è unica al mondo.
La mattina mi sveglio prestissimo per godere di uno degli spettacoli più belli di Goreme: il volo delle mongolfiere.
Goreme è probabilmente il posto migliore al mondo per provare questa emozione, e lo spettacolo all’alba con più di 150 palloni che volano nel cielo lascia senza fiato. Dopo la colazione prendo la moto e mi dirigo verso Uchisar, dove faccio qualche altro scatto prima di rimettermi in sella alla volta della città sotterranea.
La tentazione di fare un deviazione su strada non asfaltata è grande, perciò taglio verso l’interno e mi diverto a sfrecciare nei campi.
Arrivato alla città sotterranea e vengo stupito dal fatto che ci siano otto piani sotto il suolo con sistemi di aerazione e difensivi, che all’epoca ospitavano più di 20 mila persone. La Cappadocia è incantevole, e varrebbe la pena di fermarcisi a lungo: c’è tanto da vedere, ed io e la mia moto ci stiamo perdendo nella sua bellezza; ho percorso più di 100 chilometri e non credo di aver visto tutto, ma prima di tornare in centro a Groreme per la cena mi godo il tramonto che porta la notte sulla cittadina.
Anche nel secondo giorno la sveglia suona prestissimo, ho prenotato per oggi un volo in mongolfiera pensando che fosse la solita attrazione per turisti, e invece è un esperienza molto bella e vale il costo del biglietto.
Al rientro in albergo è ora di ripartire, la strada taglia in due zone brulle e pietrose, i chilometri tra le varie città sono tanti, e la guida è a tratti noiosa; mi sto avvicinando però alla zona est della Turchia, da anni tristemente famosa per le feroci rappresaglie del presidente turco contro i Curdi.
L’intera area è militarizzata, i posti di blocco all’ingresso di ogni città, trincee, carri armati e soldati in assetto da guerra non sono incoraggianti. In questo clima di guerra mi avvicino a quella che è la mia destinazione odierna: Nemrut Dagi. Qui, alla quota di 2.150 metri, si trova un mausoleo che fa parte dei misteri della storia, in quanto ancora oggi non si conosce cosa ci sia sotto l’enorme piramide di pietra costruita in cima alla montagna.
La strada si inerpica verso la vetta, ed è una vera goduria per i motociclisti come me: curva dopo curva ci si avvicina alla cima, e la totale assenza di qualsiasi altra persona sulla strada mi fa divertire alla guida. L’ultimo tratto prima di arrivare al mausoleo non è asfaltato, e vista l’altitudine la moto inizia a sentire la mancanza di ossigeno rallentando la sua andatura.
Data la sua posizione, Il tempio regala al tramonto uno spettacolo unico che mi appaga della fatica fatta per arrivare fin quassù.
Calato il sole arriva il momento di rientrare verso la civiltà che dista più di 50 chilometri: mi rimetto in sella e comincio a scendere verso valle, dove arrivo in tarda serata a Malatya.
Finisce qui la terza parte di questo racconto di viaggio. Per ora vi saluto, ma se avrete voglia di sapere come si concluderà questa avventura non perdetevi la quarta ed ultima parte, sempre sulle pagine di Moto.it.
Salvatore Di Benedetto