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Il nostro viaggio si svolge in sella a una BMW R 1100 GS, e a una Honda Dominator 650, entrambe appositamente equipaggiate per affrontare questo viaggio impegnativo.
Dopo mesi di preparativi iniziamo finalmente il viaggio che ci porterà a visitare tutta la Turchia dell’Est, toccando i confini di Siria, Iraq, Iran, Armenia e Georgia.
Partiamo la mattina del 30 luglio; noi da Torino, Fhilip e Anita da Cremona. L’incontro avviene direttamente a una stazione di servizio in autostrada nei pressi di Parma, dopodichè via per completare la prima tappa di 1150 km che ci porta fino al porto di Brindisi, dove arriviamo la mattina del 31. Evase le pratiche d’imbarco, alle 14,30 salpiamo le ancore e dopo 32 ore di piacevole navigazione approdiamo al porto di Cesme, in Turchia. Durante la traversata inganniamo il tempo ripassando più volte l’itinerario da percorrere e prendendo un po' di abbronzatura sul ponte della nave, complice una stupenda giornata di sole. Le prime foto sono quelle sul canale di Corinto: un'opera grandiosa di straordinaria bellezza e suggestione.
La mattina successiva partiamo di buon'ora per la seconda tappa di circa 430 km alla volta della Valle di Peristrema, nel Sud/Est della Cappadocia. Facciamo base nella cittadina d’Ihlara, dove troviamo un alberghetto a poco prezzo con posteggio moto all’interno del cortile. La valle è una gola profonda che il fiume ha scavato nel corso dei secoli. Si percorrono a piedi circa 16 Km tra andata e ritorno e lungo il tragitto si possono ammirare una quindicina di chiese scavate nella roccia tufacea, tutte bellissime, alcune con affreschi ancora ben conservati. La gola stessa offre poi scenari di rara bellezza. Il giorno seguente decidiamo di fare un anello in fuoristrada visitando siti fuori dalle rotte turistiche. Assaporiamo tutta la bellezza paesaggistica locale divertendoci moltissimo con le nostre moto su strade a volte al limite del praticabile.
Abbandonata Ihalara, partiamo per la terza tappa in direzione del confine siriano verso la cittadina.
Sanliurfa a circa 620 Km di distanza. Passiamo Adana e Gaziantep, fermandoci di tanto in tanto per ammiare spettacolari panorami offerti dall'altipiano Anatolico. Sanliurfa, meta di pellegrinaggio religioso, è un luogo sacro dove si ritiene sia nato il profeta e patriarca Abramo. La città ha una strana fusione d’antico e moderno, dove uomini dalle lunghe barbe e donne avvolte nei chador pregano e porgono cibo alle carpe sacre delle vasche a mò di piscine sulla piazza. Secondo la leggenda Abramo, infuriato, distrusse le divinità pagane così che l’allora Re Assiro Nemrud I, offeso da quel gesto, decise è ordinò che Abramo fosse bruciato vivo nella pubblica piazza. Dio trasformò però il fuoco in acqua e i carboni in carpe. In seguito a questa leggenda, tutti venerano le carpe e l’acqua diventò sacra a tutto il popolo. In città ci sono diverse moschee e case antichissime, il castello da cui si gode un meraviglioso panorama sulla città, un museo e il giardino parco della piazza principale con la grotta natale del profeta Abramo. Il giorno seguente visitiamo, quasi al confine con la Siria, la città di Harran che assieme a Sogmater fu il centro del culto di Sin, Dio della luna e del sole. Ci sono molti resti archeologici che ci portano a quest’antica venerazione e tutto il luogo emana una storia millenaria, dagli Hittiti agli Urri, dagli Assiri ad Alessandro Magno, dai Pardi ai Romani, dai Bizantini ai Selgiuchidi fino ai tempi nostri. Da segnalare che è possibile girare attraverso questi siti archeologici con la moto senza dover pagare nessun biglietto di ingresso. Visitiamo diversi villaggi con case particolari simili ai trulli d’Alberobello, solo che qui sono a cono e fatti di sterco, fango e paglia.
Le nostre compagne iniziano a sbuffare, al che capiamo che è arrivato il momento di tornare in albergo
per una doccia ristoratrice un un po' di meritato riposo.
La mattina del giorno dopo partiamo presto e dopo circa 70 km ci troviamo di fronte ad un lago venutosi a creare per lo sbarramento della grande diga. Aspettiamo la chiatta per essere trasportati sull'altra sponda, dove riprendiamo l’asfalto per la città di Barman a circa 460 Km di distanza. Avete capito bene, la città si chiama proprio così e non meriterebbe una sosta (è una caotica città petrolifera) se non fosse per la disponibilità di buoni alberghi e per la vicinanza con all'antichissima città di Hasankeyf, distante appena 30 km. La cittadina è arroccata su un promontorio roccioso spiovente sul fiume Tigre, con un ponte romano mastodontico a quattro navate, purtroppo in rovina. Visitiamo tutta la città, con le sue case a più piani scavate nel tufo, le chiese miste alle moschee e il castello. Nella parte bassa ci sono molte case ancora abitate dove il tempo sembra si sia fermato mille anni indietro. Ingannati da una falsa freccia, che indicava una chiesa affrescata nel tufo, decidiamo di prendere le nostre fidate moto e andare a farci una visita. Così, tornante su tornante, saliamo e ci inoltriamo verso l’interno. I chilometri scorrono ma incantati dal paesaggio non ci accorgiamo che la strada finisce in un villaggio sperduto di montagna, dove veniamo benevolmente rapiti dagli abitanti e ospitati niente meno che dal sindaco. Non sapevano più cosa offrirci e ci siamo abbuffati con anguria, melone e varie tazze di cyai. È stato un momento bellissimo, dove abbiamo capito quanto le persone di queste terre, anche se poverissime, siano tanto ricche dentro. Non sapendo come sdebitarci, offriamo loro un po' di sigarette e tanta, tantissima gratitudine. Ci siamo salutati appoggiando la mano destra nel cuore come segno di vero ringraziamento. Ritorniamo a Barman per la notte e la mattina seguente siamo di nuovo in viaggio per la nostra sesta tappa, che dopo 425 Km ci porterà al lago di Van. Siamo nel cuore del Curdistan, patria di un popolo che a nostro avviso è il più dignitoso, affabile e ospitale di tutta la Turchia. La strada attraversa posti spettacolari e ci fermiamo in diversi punti panoramici, immortalando il più possibile questo spettacolo della natura. Avvistiamo dall’alto il grande lago di Van, il suo colore azzurro verde crea un fantastico contrasto con quello del cielo e delle alte montagne che vi si specchiano. Troviamo alloggio nella città di Van e dopo esserci riposati visitiamo la vecchia cittadella arroccata su uno sperone di roccia. Caratterizzata da una splendida vista sul lago, vanta una storia antichissima poiché qui visse e prosperò il popolo Urarteo, nominato anche dalla Bibbia. Dopo la sua caduta nella regione si insediò un popolo che i persiani chiamarono Armeni. La nostra prossima escursione è la visita all’isola d’Akdamar, per ammirare la chiesa Armena della Santissima Croce, un luogo bello e rilassante. La chiesa è ben conservata, anche se gli affreschi interni sono quasi tutti deturpati dall’incuria e dal tempo. Per arrivarci bisogna aspettare che si formi un numero di persone tale da riempire la barca, per poi essere trasportati sull'isola.
Ripartiamo di prima mattina per l’ottava tappa di 200 Km che ci porta a Kars, a lambire il confine Armeno e Georgiano, le nuove repubbliche ex Sovietiche.
La strada è sotto sorveglianza militare ed è chiusa dalle ore 17 alle 7 per motivi di sicurezza. Notiamo stupendi paesaggi rurali che ci riportano indietro nel tempo. C’è molto verde, torrenti con acqua cristallina irrigano i campi, intere mandrie di cavalli allo stato brado pascolano indisturbati, tante oche, anzi tantissime, che gironzolano starnazzando al nostro passaggio.
Il principale motivo, per cui si arriva fino in questo posto sperduto, lontano da qualsiasi rotta turistica, è la visita della storica e misteriosa città di Ani, posta nella famosa striscia di terra detta di nessuno durante il dominio Russo. Oggi il torrente Arpacayi fa da confine naturale con la nuova repubblica Armena. Ani e resa ancora più misteriosa perché le autorità impongono delle restrizioni alla sua visita; si deve chiedere il permesso scritto all’ufficio turistico locale, posto nel comune, poi con il documento firmato ci si deve recare alla polizia, che a sua discrezione acconsente o meno alla visita di questa perla archeologica. Otteniamo il consenso in circa un’ora di trafila burocratica; giusto il tempo di risalire in sella e dopo circa 45 km vediamo le mura di difesa che circondano la città. Sono imponenti e massicce, come a scoraggiare chiunque avesse brutte intenzioni.
All’ingresso bisogna lasciare il passaporto ai militari, per poi riprenderlo all’uscita. Il primo monito e quello di "NO foto, NO camera". Una volta dentro capiamo il motivo. Ci sono torrette d’avvistamento militare, sia dalla parte Turca sia da quella Armena, a ribadire il fatto che siamo in zona militare.
Entriamo passando da un'imponente porta in muratura e raggiungiamo una sorta di museo all’aperto, dove capre, mucche e oche pascolano liberamente tra le rovine di palazzi, templi, chiese e moschee, demoliti dall’incuria e dai terremoti. Per la visita completa occorrono due ore buone di cammino. Lasciando fantasticare la mente si può immaginare la grandezza di un tempo passato. Ani era una città impero, posta in una posizione strategica delle vie carovaniere tra oriente e occidente sulle quali transitava tutto il commercio di allora. Tutti pagavano il dazio in danaro e chi la governava l’abbelliva con palazzi e templi. Conquistata dai Mongoli, la città man mano venne a decadere fino al colpo finale provocato dal terremoto intorno al 1.280 d.c.
Il giorno seguente siamo pronti per affrontare la nona tappa di circa 230 Km, che ci condurrà ad Artivin attraverso un paesaggio alpino. Notiamo che il clima e molto cambiato, in meglio, perché si viaggia senza quella calura che ti sfianca. In effetti avevamo letto che dalla parte Nord/Est e in tutta la costa del mar Nero il clima è fresco e molto piovoso. Artivin e una cittadina di montagna, meta turistica dei benestanti Turchi. Noi principalmente siamo arrivati fin qui per il paesaggio spettacolare delle montagne e la visita di molte chiese Georgiane, abbandonate nei posti più remoti dei monti circostanti. Per arrivare a scorgerle e un’impresa ardua, ma non per noi e le nostre moto che s’inerpicano su piste d’alta quota come delle vere caprette. Alcune di queste chiese sono di buona fattura e ben conservate, fa un certo effetto vederle abbandonate e semicoperte da sterpaglie e alberi che quasi le coprono interamente.
Trabzon, a 255 Km di distanza, rappresenta la nostra decima tappa verso il Mar Nero, che vediamo dopo 80 km di strada con alte montagne verdeggianti. Il mare e veramente nero perché promette temporale, ma poi il tempo si mette al bello. Trebisonte com’era chiamata dai Romani (Trabzon), é una città moderna e antica, con il più grande porto navale di tutto il Mar Nero. Con il crollo dell’impero sovietico e con l’apertura delle nuove frontiere ci sono molti immigrati che dalle repubbliche arrivano qui per vendere tutto quello che sono riusciti a portare via dal proprio paese.
Il motivo principale della nostra venuta è la visita della chiesa museo di Santa Sofya, situata circa 4 km fuori della città e posta su un terreno dotato di terrazza sul mare dalla quale si gode un panorama stupendo. Presenta magnifici affreschi murali, pavimenti in mosaici e varie tombe dei patriarchi ortodossi; nel bel parco circostante si può inoltre gustare il cyai e ammirare la vista sul mare. L’altro motivo é recarsi a circa 40 km Sud/Est, per la visita del grande monastero ortodosso di Sumela, abbarbicato come un nido d’aquila su uno sperone di roccia.
La salita al monastero é alquanto impegnativa, su strada ripida e stretta con una vegetazione fittissima. Arrivati in cima lo spettacolo é stupendo, sì ha veramente la sensazione di trovarsi davanti un nido d'aquila inaccessibile che gli ortodossi anno voluto costruire per sé e la loro confraternita, estraniandosi dal resto del mondo. Dentro ci sono affreschi di vari periodi; spettacolare é la chiesa interna scavata interamente nella nuda roccia, con decorazioni ben conservate. Terminata la nostra visita al monastero, decidiamo di proseguire per la strada sterrata che s’inerpica verso la montagna, con l’intento di tornare indietro se si presentasse troppo difficoltosa.
Dopo circa 12 km troviamo una famiglia di pastori a cui chiediamo informazioni per capire effettivamente dove finisce la pista che stiamo seguendo. Gentilissimi ci offrono del cyai e ci danno indicazioni precise; la strada è percorribile e si arriva al nastro d’asfalto dopo circa 65 km. Ringraziamo e proseguiamo lungo questa pista, veramente spettacolare, guadando piccoli ruscelli.
Arrivati in cima si apre un vasto altipiano verdeggiante adibito a pascolo. Non crediamo ai nostro occhi. Un pastore ha avuto la lungimirante idea di vendere la carne dando pure la possibilità di arrostirla all’istante su dei bracieri, da lui tenuti sempre accesi. Ovviamente approfittiamo dell’occasione acquistando 1 Kg di carne tagliata a fette e mangiandola con delle cipolle crude. Sarà per l’alta quota o per la fame, ma è finita all’istante. Rifocillati a dovere riprendiamo la nostra strada per incontrare l’asfalto e far ritorno alla base. Quando arriviamo decidiamo di fare un bagno turco in uno degli hammam di Trabzon. A tutti coloro che si recano in Turchia consiglio vivamente di provarlo, completo di lavaggio e massaggio.
Siamo così arrivati, con grande rammarico alla nostra undicesima e ultima tappa. Gli ultimi 670 Km ci portano alla storica città di Amasyia, situata in una zona montuosa a circa 230 km da Ankara. Dapprima città Ittita, fu conquistata da Alessandro Magno e quando l’impero di quest’ultimo cadde, prosperò sotto il Re Mitridate II. Questa città diede i natali a Strabo, che si può definire il primo viaggiatore/scrittore, che scrisse in giro per l’Africa, l’Asia occidentale e l’Europa 47 trattati di storia e 17 di geografia, andati per la maggior parte distrutti nell'incendio della Biblioteca d’Alessandria d’Egitto. La visita della città ci occupa tutta la giornata. Sulla sponda settentrionale del fiume incombe una ripida parete dove si possono ammirare ben 14 tombe reali scavate nella roccia. Arroccato sopra lo sperone montuoso che sovrasta la cittadina, sorge il vecchio castello dal quale si gode un panorama eccezionale su tutta la vallata. Visitiamo molte case ottomane ben conservate, restaurate con l’aiuto del governo e dell’Unesco, e anche qui ci concediamo un bagno turco, forse nel più antico hammam dell’intera Turchia realizzato dai Selgiuchidi. Si respira, un’aria antichissima, con i bagni tutti in marmo pregiato, soffitti a volta e splendidi arredi.
È un vero peccato, ma il nostro viaggio volge al termine. La partenza di prima mattina ci porta a Istambul, che non visitiamo perché vista in un precedente viaggio fatto nel 1998, e ci fermiamo dopo circa 650 km nella cittadina di Silivri, sulla costa del Mar di Marmara. Troviamo un bellissimo albergo con piscina e camerieri a nostro servizio, sempre con la stratosferica cifra di12 Euro a testa. La mattina successiva di buon ora ci dirigiamo verso il confine con la Grecia. In prossimità della dogana superiamo circa 12 km di coda tra auto e camion, tutti fermi per il controllo. Per fortuna che con la moto non sì hanno problemi e in un’ora circa siamo in Grecia. Siamo entrati in Europa e si respira aria di casa, purtroppo lo capiamo anche dai prezzi in Euro altissimi rispetto alla Turchia. Viaggiamo fino alle tre di pomeriggio, dopodichè decidiamo di fermarci a Chavalà, dove facciamo il bagno in un mare splendido con sabbia finissima. L'ultima tappa di 650 km in terra straniera ci porterà al porto di Ingoumenitza, giusto in tempo a fare i biglietti ed imbarcarci sulla nave con destinazione Brindisi , dove sbarchiamo la mattina presto, una volta a terra prendiamo l’autostrada che ci riporterà verso casa.