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Vi ricordate quando c'erano i cantieri sulla Salerno - Reggio Calabria?
E quando ci si trovava davanti alla tabella gialla "percorso alternativo" nei pressi del parco del Pollino?
Prima di riprendere l'autostrada, ci si doveva arrampicare per chilometri e chilometri in mezzo ad un toboga di asfalto sconnesso, talmente immerso tra gli alberi che alle dieci del mattino si riusciva ad illuminare la strada coi fanali.
Io me lo ricordo! Andavo in vacanza in Trentino coi miei in età non ancora "motorizzabile" e quelle deviazioni mi piacevano un sacco non solo perché facevamo sosta con relativo panozzo d'ordinanza negli alimentari di paese e ci si ritrovava con quintali di conserve sott'olio e "pane di casa" nel bagagliaio, ma anche perché potevo liberare le mie prime perversioni latenti da futuro motoviaggiatore, le stesse che mi spingono adesso a mettere quanti più chilometri e scorci e panozzi possibili tra me e la meta... che non è nemmeno così importante, no?
Un po' come quella volta che dovevo andare in Grecia e invece di traghettare ad Ancona ho seguito la mia tabella gialla e ho preso la Panoramica attraverso le capitali occidentali della penisola balcanica.
Lubiana profuma di fresco e di cose da mangiare e fa il verso alla grandi capitali europee come una bella ventenne che vuole inserirsi in società, coi suoi palazzoni moderni e i localini della movida dedicati ai tantissimi giovani in giro per le strade.
La capitale slovena si trova a circa 20 chilometri a Sud di Kamnik, un grazioso centro dalla connotazione rurale, dove per otto euro mi viene offerta una piazzola per la mia tenda su un prato verdissimo, liscio come un biliardo e circondato tutto intorno da un intreccio di stradelle bianche da esplorare.
"Welcome Bikers" c'è scritto sui cartelli che campeggiano davanti ad ogni locanda che incontro, e la sensazione che i motociclisti siano davvero i benvenuti da quelle parti è confermata anche dai giovanissimi riders che mi salutano a bordo dei loro cinquantini.
Me la prendo davvero con calma durante i trasferimenti, alternando extraurbane scorrevoli a piacevoli deviazioni su strade a fondo naturale, per la felicità
mia e del mio Ténéré 660 - "Pippo" - che fa fatica a digerire il ritmo costante di superstrade e autostrade.
Un ostello a New Zagreb è quello che mi ci vuole per darmi una ripulita prima della visita della città vecchia.
L'odore dell'Est si fa via via sempre più marcato guidando verso l'entroterra croato e nel centro storico di Zagabria cominciano ad apparire le guglie neogotiche sui campanili delle chiese e degli edifici in mezzo ai quali un quartetto di suonatori di ukulele con buffi cappelli, regala una perfetta colonna sonora all'imbrunire.
Tornando sulla costa mi concedo una giornata di relax sulla spiaggia del campeggio a Spalato. La ragazza dell'ostello, forse innamorata della nostra Rivera Romagnola, me l'aveva descritta come "un posto da sogno".
Superata Makarska ed i pedalò che sembrano fluttuare sull'acqua come fossero appesi ad una lenza invisibile, da lì a qualche ora, avrei sognato davvero entrando in un' atmosfera che pochi luoghi al Mondo possiedono, una specie di alchimia perfetta ed inspiegabile, un melting pot di culture che convivono serene circondate da montagne altissime, un territorio diviso in due da un piccolo fiume e con un centro storico che in un'ora l'hai già bello e girato due volte, ma ricco di tutto quello che serve ad una città magica: Sarajevo.
Un'insegna sgarrupatissima recita: "hostel". Siamo in sette nella cameretta ed i letti a castello sfiorano il soffitto.
Lascio i bagagli e cerco di sistemare la moto in un cortiletto più sgarrupato dell'insegna, prima di perdermi in un piccolissimo centro rimasto intatto nonostante la guerra abbia colpito duramente Sarajevo, specialmente nella sua parte periferica dove ci sono ancora scheletri di edifici bombardati e stucco sulle pareti delle case a coprire i fori delle raffiche di proiettili.
Ceno con un sacchetto di pesche prese al mercato seduto su dei gradini. A Sarajevo è bello anche soltanto pensare.
Ancora inebriato dalla magia della capitale bosniaca serpeggio tra le strade in mezzo ai boschi che mi porteranno in Montenegro, alcune delle quali offrono delle invitanti deviazioni sterrate che spesso mi fanno cedere alla tentazione di scoprire dove andranno a finire.
Da quelle parti però non è così difficile trovarsi davanti ad un muro di felci che sancisce bruscamente un "cul de sac", ma quando il sentiero conduce in cima ad un piccolo promontorio con in mezzo un monastero ed il suo panciuto custode che ti da il benvenuto, i sudori per aver fatto mille manovre con moto e bagagli - con relativi autoimproperi - fanno posto alla semplice gioia della conquista.
Podgorica è la capitale del Montenegro, è giovanissima e ci arrivo ormai a sera per un giretto veloce prima di trovare una stanza in un piccolo ostello appena fuori città gestito da una vecchina di almeno ottant'anni che si carica le mie borse da moto in un lampo per portarle in camera prima che io possa accorgermene.
Il giorno seguente Pippo è nuovamente chiamato ai lavori pesanti per attraversare il border albanese perché le strade non esistono fino Shkoder.
In qualche modo riesco anche a passare la dogana dopo aver fatto ispezionare il mio bagaglio e stipulato una dubbia copertura assicurativa di una settimana a firma di un ragazzo di sedici anni che, per quanto ne so, può essere pure il vice doganiere.
Tirana però non tradisce la mie aspettative con il suo caos, i suoi odori ed il suo folklore ma anche la sua profonda cultura perché la città possiede più di venti facoltà universitarie.
Bledi è il portiere dell'ostello che mi ospita all'interno di un quartiere popolare ed ha imparato l'italiano guardando i nostri programmi in TV. Mi suggerisce un itinerario con i principali punti di interesse da visitare, così mi incammino per la città, compro della focaccia, un piccolo libro di Freud in albanese, pensando ai chilometri che non avrei percorso, agli scorci che non avrei visto ed al pane che non avrei assaggiato se avessi preso quel traghetto.
L'indomani sarò in Grecia e non so bene dove andare ma questo è un altro discorso e nemmeno così importante, no?
Giuseppe Trovato