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Da tanto tempo mi dicono di essere un po’ matto, e in fin dei conti mi piace tanto sentire certe affermazioni. Non ho mai pensato di essere l’unico ad esserlo, e con il passare del tempo mi rendo sempre di più conto che questo mio pensiero potrebbe benissimo essere un’idea con un fondo di ragione ben fermo.
L’idea di partire mi è venuta da subito, appena mi sono messo in testa che ora è seriamente arrivato il momento di diventare un motociclista di quelli veri, di quelli grandi.
La prima cosa che ho fatto è stato cercare una moto degna di questo compito, il ferro da corsa gia ce l’ho, ora mi serve qualcosa di diverso, qualcosa con cui farsi la pellaccia!!!
Dopo poche ricerche ben mirate eccola, una bellissima e raffinatissima “Mucca” da viaggio, una BMW R1150GS degna di nota!
Qualche chilometro di strada per trovare la giusta armonia con la nuova arrivata ed è subito amore!
Perché aspettare l’estate per collaudarla, sta arrivando la brutta stagione ma io non ho nessuna voglia di mettere via le armi del centauro, anzi! Mi hanno detto che in Germania c’è un raduno, una cosa da pazzi, solo per veri temerari, in mezzo alla neve e alle birre, si parte proprio nei giorni della merla e si guida in condizioni disdicevoli, sotto alla neve, sotto alla pioggia, con il freddo che ti entra nelle ossa…. Perché non andare? Poi, a pensarci bene c’è Ale, il ragazzo che qualche anno fa mi faceva il motorino per correre, che è un veterano di questo raduno!
Lo contatto e mi dice che la cosa è fattibilissima, anzi, verrebbe anche Marco, anche lui pilota… e la cosa si fa preoccupantemente interessante!
Tempo qualche giorno e sto già impazzendo tra magliettine termiche e accessori vari, inizio con allestire la moto: vedo su Internet un ragazzo di chissà dove che vende in kit usato di manopole riscaldabili, oltretutto sono originali per la mia moto, mie! Senza pensarci nemmeno dieci minuti le prendo, e questo sarà l’inizio dell’epopea organizzativa.
Mentre le manopole sono in spedizione è la volta delle moffole, trovate senza troppi problemi nel negozio di Fede, e del cupolino maggiorato, offerto gentilmente da un amico di Angelo.
Ale nel frattempo pensa al resto, mi procura la tuta, gli stivali, le gomme tassellate per la moto, mi da un sacco di dritte sui vari acquisti utili o meno utili riguardo al resto dell’abbigliamento e cerca in tutti i modi qualche informazione su come montare le manopole che nel frattempo sono arrivate e non combaciano neanche morte.
I giorni passano, io mi rendo conto guardando gli estratti conti della banca di avere le mani molto più bucate di quello che immaginavo, ma questo viaggio a quanto pare costa davvero e in effetti si sapeva!
Ho gia preso quasi tutto, ma le manopole non sono ancora montate, vuoi vedere che ci rimetto qualche dito?
A pochi giorni dalla partenza sono praticamente pronto, Ale riesce a trovare un ragazzo che ha un officina giusto a due centinaia di chilometri da casa mia, ma che è disposto ad adattare il kit, allora una bella sera prendo e vado a far fare il lavoro.
La tuta manca ancora ma Ale me la fa portare dal ragazzo che mi sta aspettando per montare il kit, ora mi sento veramente ad un passo dalla partenza.
La moto ora è ok, la tuta sembra fatta su misura, gli accessori ci sono e il resto dell’abbigliamento anche, bisogna solo aspettare!
Venerdì 1 febbraio 2013: la sveglia suona presto e il cuore batte forte, al piano di sotto sta aspettando tutta l’attrezzatura meticolosamente sistemata in salotto, in ordine, piegata, pronta per essere indossata. Prima i pantaloni termici, poi due paia di calze spesse, la maglia termica pagata una fortuna (ma tiene un caldo spaziale) ben rimboccata dentro i pantaloni, la maglietta del team ‘N’-Gula che mi ha sempre portato fortuna e che ho sempre indossato durante tutte le mie gare, un pile leggero, in modo che non faccia troppo volume, un altro pile un po’ più spesso che tenga caldo e la tuta, prima i pantaloni e poi la giacca. Stivali chiusi a dovere, passamontagna, altro passamontagna, casco, occhiali, guanti e via… Sembro il Bibendum!!! Ma almeno sono a prova di freezer!
Salutino ai genitori preoccupatissimi per la mia partenza e mi dirigo a Castelnuovo, il paese vicino, per salutare Valeria, fare un po’ di benzina alla moto e si parte!
I pensieri nella testa di una persona che percorre i primi chilometri di un viaggio come questo, in un posto cosi freddo, sotto alla neve, dopo aver sentito mille dicerie, mille racconti, mille paranoie, raccomandazioni, beh, sono davvero tanti! Cosa ho visto prima di partire? Mio padre che con una lacrimuccia mi salutava con tante raccomandazioni, mia mamma che lo guardava spiegandogli che un tempo questa cosa l’avrebbe fatta anche lui, e la mia ragazza che con la faccia triste mi guardava tutto imbardato sulla mucca pronto per la partenza, mentre a distanza con la mano le mandavo un bacio.
Beh ma io sto andando e sono sicuro di quello che sto facendo, sono sicuro di ritornare intero, perché io sono un motociclista di quelli seri, finalmente!
Parto e la prima cosa che incontro è la nebbia, non si vede ad un palmo dal naso e fa freddo! Passando vicino ad una fabbrica il termometro segna -5, infatti la nebbia si ghiaccia addosso gia da qualche chilometro e il cupolino della moto è diventato completamente bianco, giusto per ricordarmi cosa sto andando a fare.
Con il passare dei minuti però il sole fa capolino e il ghiaccio si trasforma in condensa che allegra si muove, svolazza e mi bagna un po’ la giacca.
Arrivo a Milano, una manciata di chilometri di traffico, qualche zig zag tra le macchine e la tangenziale passa veloce, direzione Brescia Centro dove alle nove e mezza mi aspettano Ale e Marco. Come al solito sono in ritardo e viaggio spedito nonostante il tutor!
Alle 10 meno un quarto sono al casello, ma di loro nemmeno l’ombra, mi tolgo il casco, i due passamontagna, i guanti e mi metto seduto sul muretto del parcheggio del casello ad aspettare, faccio qualche telefonata, mando qualche messaggio per avvertire che fin lì sta procedendo tutto bene e nel mentre guardo delle galline che cercano da mangiare. In autostrada? Curioso.
Alle dieci e mezza sono congelato, fa freddissimo senza tutti i miei strati addosso, ma da lontano finalmente sento due moto arrivare, Ale era rimasto chiuso fuori casa e Marco aveva sbagliato il luogo dell’incontro, non male come inizio!
Qualche saluto e si parte, destinazione Garmisch, a circa 300 chilometri.
Qualche chilometri di autostrada e si inizia a salire, la strada scorre veloce, fa relativamente caldo, anche perché un paio di gradi bastano a farci stare più che bene, delle belle curve e dei bei panorami ci accompagnano e in men che non si dica siamo già sotto al passo del Bernina, siamo larghi sulla tabella di marcia e decidiamo di fermarci per un pranzetto veloce.
Foto alle moto, telefonatina di piacere e siamo di nuovo in sella con le parole di Ale che risuonano nel casco “si si ragazzi, fin qui siamo andati bene, ma aspettate di iniziare a salire che secondo me arriva il bello”… Per fortuna ogni tanto anche i più esperti sbagliano, passiamo a fianco all’incrocio con l’ultima frontiera per andare al mio amato Livigno e in quattro curve siamo al Bernina!
Mi piace questo viaggio, si gode senza faticare.
Percorriamo il tratto di strada affianco al famoso treno rosso, guardiamo con ammirazione lo splendido ghiacciaio del Diavolezza, scendiamo verso St. Moritz, e deviamo verso Tirano in direzione Austria, dobbiamo poi prendere l’autostrada, per arrivare a Garmisch entro sera.
Tutto procede molto meglio di come avevo immaginato per mesi, qualche goccia, ma niente di che, inizia a piovere più forte quando mancano solo un centinaio di chilometri, ormai direi che la giornata è fatta, è andato tutto benissimo no?
Mmmmmh no!
Si esce dall’autostrada, ci si ferma un secondo per dare uno sguardo al telefono con la mappa e i visi diventano seri: "Dobiamo salire su di là? Ma è una strada di montagna, diluvia, non si vede niente, dai guarda quanti chilometri mancano, non sarà poi così terribile”. “80”.
L’errore più grosso è stato proprio quello, fermarsi. Gli occhiali si sono completamente appannati, data l’umidità nell’aria e la pioggia che non cessa per un secondo, e sono diventati inutilizzabili. E’ notte, la visibilità è ridotta a pochi metri e con l’aria diretta negli occhi siamo obbligati a viaggiare a 60, massimo 70 all’ora con la strada si vede appena.
Facciamo una sosta per rifornire le moto e mi rendo conto che la tuta impermeabile ma traspirante, non è completamente impermeabile. I pantaloni lasciano passare un po’ di acqua dal fondoschiena e il sedere è completamente a mollo!
La strada scorre lenta e si arrampica sulla montagna, a terra con l’aumentare della quota inizia ad attaccare un po' di neve, che nel punto più alto scende decisa, ma un camionista italiano fermo ad un distributore ci dice che siamo in cima al colle, che la strada da ìi in poi sarebbe stata in discesa e che sotto ci sarebbero stati parecchi gradi in più. Infatti dopo pochi chilometri quei gradi in più sul termometro hanno fatto tornare la pioggia, facendoci tranquillizzare un pochino.
Sembrava infinito, gli occhi facevano male e la velocità era ridottissima, non si vedeva nulla e l’unico modo per procedere senza commettere pericolosi errori l’abbiamo trovato accodandoci ad un camioncino che piano piano percorreva la nostra stessa strada.
Ad un certo punto, sembrava essere passata almeno un'ora, ci fermiamo di nuovo, altra sosta? Non ce la facevo più. Invece la notizia era bellissima “No, siamo arrivati!” Finalmente eravamo a Garmish, il primo giorno era finito, bisognava solamente arrivare all’hotel.
Ale per fortuna è un conoscitore del posto e con decisione ci porta al parcheggio, spegniamo le moto ed entriamo nella hole bagnati marci, su quella moquette bordeaux a pois neri (la proprietaria ci guardava come se fossimo il diavolo in persona).
Togliamo le cose fradice di dosso buttandole su un divano rosso, prendiamo la stanza e saliamo. Una bella doccia bollente e un boccone da Burger King che non guasta mai. La seratina trascorre tranquilla tra amici e appena il sonno prende il sopravvento si va dritti filati a letto.
L’indomani arriva in fretta, appena sveglio do uno sguardo veloce fuori dalla finestra, nevica! Ma le strade sono pulite e la neve non attacca nemmeno ai lati, poi comunque non dobbiamo più salire di quota quindi il viaggio sarà tranquillo.
Colazione abbondante ed internazionale, con latte uova e nutella, vestizione degna di nota e alla solita tuta accompagnata da mille indumenti anti-era glaciale, aggiungo anche la tuta antipioggia, sembro un evidenziatore, ma sarà la mia salvezza dei prossimi giorni.
Il viaggio sarà veloce, 250 chilometri fatti quasi tutti in autostrada passano in fretta, qualche sosta per la benzina, per la mia moto che ad un certo punto decide bene di perdere una freccia in autostrada, per lo stomaco che chiede cibo e in un attimo si esce dall’Autobahn in direzione Passau, siamo praticamente arrivati.
Qualche stradina perfettamente curata e i cartelli iniziano a indicare Solla, il luogo del raduno.
Appena arrivati è esattamente come me lo immaginavo (a parte la neve che quest’anno si è leggermente dimenticata di presentarsi al via).
Moto ovunque, qualsiasi tipo di mezzo a motore purchè provvisto di sella: tricicli, sidecar, moto, motorini, addirittura scooter 50, mezzi fatiscenti, autocostruiti, bellissimi, bruttissimi, serissimi, spassosissimi, creati con pezzi vari cercati qua e là in qualche cantina abbandonata, vecchie opere d’arte da museo dal valore inestimabile, impossibile descrivere… Poi le persone: uomini, donne, bambini, signorotti, vichinghi, c’erano dei tizi rozzi che sembravano arrivare dall’età della pietra e neonati nei passeggini spinti da mamme ben vestite ed infilate in dieci centimetri di fango! Mamma che roba…
Parcheggiamo le moto e ci dirigiamo a piedi nella Buca, paghiamo il biglietto, prendo qualche souvenir da portare a casa in ricordo dell’impresa che sto compiendo e scendiamo. Il sorriso stampato in faccia è per tutti, ci si trova davanti ogni tipo di mezzo e persona, continuiamo a camminare nella melma diretti verso il fondo della fossa, “Oh Delma, là fanno dei panini marcissimi, andiamo che me ne fo due!” mi dice Marco. E aveva proprio ragione! Ne ho mangiate tante di schifezze, ma come quella mai. Ho dovuto lasciarlo per evitare di stare male, ma sono stato male lo stesso, l’odore di quella salsa alle cipolle mi sta ancora rivoltando lo stomaco!
Il tempo stringe, e dobbiamo tornare, la giornata non è ancora finita, entro sera dobbiamo tornare a Muchen “Monaco di baviera” e ci sono ancora 180 chilometri da fare.
Ma cosa sono 180 chilometri, se a disposizione si hanno le autostrade tedesche piatte e perfette, con il loro manto asfaltato curato nei minimi dettagli? Ci fermiamo a metà strada per un caffettino caldo e un poco di benzina per le moto, in un attimo siamo in città e mi rendo conto che quel posto mi piace davvero un sacco!
Passiamo davanti alla Allianz Arena completamente illuminata di rosso, vediamo il palazzone della BMW ed un concessionario Mercedes che farebbe invidia all’intero paesello dove abito, talmente è grande, certo che in Germania sono davvero pazzi per le auto!
Giriamo una mezz’oretta a vuoto per cercare un hotel un po' economico e alla fine, grazie al mio infallibile telefono con la connessione Internet (dovrebbero farmi una statua, solo per aver avuto l’idea di attivare questa promozione per navigare all’estero) troviamo un certo Hotel Orly che fa al caso nostro, hanno una bella camera da 4 posti che ci farebbero per 120 €. Nostra!
Purtroppo però non c’è posto per le moto, che contrariamente a noi dovranno dormire fuori al freddo. Saliamo in camera e ci togliamo gli infiniti chili di attrezzatura puzzolente e infangata da dosso, io sono l’unico asciutto dato che avevo la tuta antipioggia.
Gli altri si spartiscono i pochi centimetri quadrati di termosifone in modo da asciugare i vestiti umidi e in un attimo siamo gia buttati sul letto, nel mondo dei sogni. Per fortuna uno per uno vinciamo la battaglia contro Morfeo e, dopo una bella doccia bollente, decidiamo di uscire per al cena in direzione di una trattoria italiana avvistata prima a pochi isolati dall’albergo.
Arriviamo, ci sediamo e prendiamo in mano il menu, italiano, non ci credo, con un incredibile inglese chiamiamo il cameriere che arriva e si mette paziente ad ascoltare tre poveri motociclisti che cercano in qualche modo di ordinare qualcosa parlando una lingua che non conoscono minimamente. La scena doveva essere divertente, il ragazzo che prendeva l’ordinazione infatti se la spassava alla grande, mettendoci anche in soggezione forse, ad un certo punto con un accento napoletano, che nemmeno i film di Totò, ci guarda compiaciuto ed esclama: “Ma siete italiani????”
“Si!” “E allora che ca...o mi parlate in inglese?”
Fantastico, siamo in una trattoria italiana, gestita da italiani, con cucina italiana e dipendenti italiani… Siamo a casa!
Diamo carta bianca al cameriere simpaticissimo che ci stupisce con un menù interamente di pesce: antipasti di mare, ravioloni con ricotta e pesce, e secondo sempre a tema, cucinato alla perfezione, perfetto! 29€ vino compreso.
Dopo cena io sono cotto, sono già le undici e torniamo in camera, ma a quanto pare sono l’unico ad essere stanco, gli altri cercano qualche localino per la serata e se ne vanno, io mi do una sistemata e mi preparo per andare a dormire, stanchissimo.
L’indomani la sveglia è alle otto esatte, dopo qualche minuto di svarionamento guardo fuori dalla finestra e NO! Neve da tutte le parti, 700 km di strada da fare entro sera, neve ovunque, dobbiamo oltrepassare il passo del Brennero, dobbiamo ancora prepararci e fare colazione!!!
Ci diamo subito da fare, addosso qualche pezzo di tuta e via al tavolo della colazione: una bella macedonia di frutta, qualche yogurt, spremuta di arancia, pastiglietta di vitamina C e di nuovo in camera per finire di prepararsi.
Gli altri sono velocissimi, in due minuti e sono già pronti, ma io sono attrezzato meglio, ho più cose da mettere e anche se mi rendo conto di essere l’ultimo a lasciare la camera sono contento perché con tutta quella neve che stava scendendo sono pienamente soddisfatto della mia tuta antipioggia gialla fosforescente come un pugno in un occhio!
Cinque minuti di sofferenza e di caldo atroce in camera e sono fuori sotto alla neve che scende copiosa, giusto per capire che quei 700 chilometri me li ricorderò per molto, molto tempo!
Una pulita alla sella della moto coperta di neve, un colpetto al pulsante di accensione che, come la mia sveglia delle otto, fa uscire dal letargo il bicilindrico BMW freddo e assonnato, ed inizio a chiudere i miei mille strati di corazza anti freddo, gelo, pioggia, neve, umido e chi più ne ha più ne metta!
Finiti i preparativi partiamo, vogliosi di tornare a casa ma intimoriti dalla neve che scende come a Natale, e invece rimaniamo nuovamente stupiti. Questi tedeschi. Buttano talmente tanto sale per le strade che nonostante le condizioni proibitive, l’asfalto è completamente pulito, come se stesse soltanto piovendo!
Ci districhiamo tra il traffico domenicale della bellissima città di Monaco, salutiamo un signorotto che dalla sua Mercedes nera ci guarda stupito, e in poco tempo ci ritroviamo in autostrada.
Come la città anche l’autobahn è pulita e sistemiamo le nostre moto ad un onesto 150 km/h, che se non fosse indicato dai nostri contachilometri, nemmeno mi sarei accorto di aver raggiunto! In effetti nevica, le strade sono bagnate e si alza un’immensa nuvola di acqua polverizzata dai mezzi che viaggiano, ma nonostante tutto ci sono mille automobilisti che, senza limiti, ci sorpassano a molto più di 200 all’ora spostandoci e facendoci quasi spaventare. Siamo proprio in Germania!
La situazione rimane invariata per quasi 200 km, decidiamo di fermarci per riprenderci un attimo, entriamo al bar dell’autogrill per la “sosta idrica”, per mangiare qualcosa di caldo, quattro ciance e si decide di fare il pieno, prendiamo tutte le nostre cose, usciamo per andare verso le moto e io mi accorgo di non avere più le chiavi del BMW. No!
Ma possibile mai che sono sempre io a fare certe cavolate? Non migliorerò mai.
Sono nel panico, mi fossi almeno dimenticato di mettere il bloccasterzo!
Rientro dentro, torno nei bagni (pagando di nuovo il biglietto d’ingresso) ma niente, torno al tavolo guardando bene a terra ma nulla, chiedo alle persone che sono lì vicino ma nemmeno mi capiscono e mi guardano malissimo come se fossi un alieno vestito di giallo fluorescente. Fuori c’è una ressa pazzesca dato che è domenica, faccio decine di volte avanti e in dietro sul tragitto moto – ingresso bar, ma delle chiavi nemmeno l’ombra. Ma possibile mai che sono cosi scemo?
Nel frattempo Marco è alle pompe di benzina e Ale mi sta aiutando, quando ad un certo punto con molta calma mi dice “Ma Delma, non è che per caso le hai messe nel casco?” OPS, no comment!
Riprendo la moto, faccio finalmente il pieno di benzina, due chiacchiere con un gruppetto di motociclisti diretti a Milano, chiusura di tutte le mille cose che ho addosso e si riparte sotto alla neve che scende, sbeffeggiata dall’asfalto salato che non fa nemmeno una piega! Direzione passo del Brennero, la quota aumenta, ma noi siamo davvero tranquilli, e facciamo bene ad esserlo!
Salendo la neve smette di cadere, le strade diventano asciutte, aumenta il freddo, ma in effetti -9°C non sono poi cosi terribili come possono sembrare!
La prossima sosta la facciamo in cima al passo per una foto, ma ci fermiamo poco, fa freddo e decidiamo di fare un altro spuntino poi in Italia, quando ormai si assapora l’odore di casa e alla cassa dell’autogrill possiamo finalmente chiedere “un panino e una coca grazie!” avendo la certezza di essere capiti!
La stanchezza inizia a farsi sentire, soprattutto per Marco ed Ale che la sera prima sono usciti, infatti le soste iniziano ad essere ripetute ogni ora, per poi diventare un affare di appena 80 km.
A quel punto io ho voglia di tornare a casa, siamo appena di fianco al lago di Garda, mi mancano ancora più di 400 km e quindi decido di salutare i miei compagni di avventura proseguendo da solo.
Il clima è decisamente migliore in Italia, c’è il sole e fa finalmente caldo, penso addirittura che in alcuni momenti si siano superati i 5 o 6 gradi. Mi fermo ancora appena prima di Milano per un pieno veloce, una telefonata per avvisare che sarei riuscito a cenare assieme alla mia famiglia e alla mia fidanzata e poi tutta una tirata verso casa.
Casa!
700 km in un giorno, 1930 in tre, neve, pioggia, buio, il camioncino, l’acqua che entrava nella tuta, la moquette dell’albergo ridotta a una latrina, il fango, i panini schifosissimi, le persone che mai avresti pensato di incontrare, i mezzi più indecenti del mondo, i video, le foto, le foto un'altra volta, il freddo, l’autostrada, la bellissima Monaco, la neve, il sale, un’altra volta la pioggia, il sedere piatto e… la voglia di rifarlo!
ELEFANTENTREFFEN 2013!
Auch ich bin ein elefant!
Marco Delmastro