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Sono del 5.30 del mattina del 26 dicembre quando mi allaccio il casco di fianco alla mia moto carica e pronta per partire. L’ora non è anomala, ma il 26 dicembre sì. Partire per un viaggio il giorno dopo Natale reduce dalle abbuffate dei giorni prima non mi era mai capitato, e non mi sembra ancora vero che fra due giorni percorrerò per la prima volta in vita mia le strade della Grecia e soprattutto della Turchia.
Non sto quindi a raccontarvi l’ansia mista ad eccitazione provata in questi momenti, subito dimenticati dopo poche decine di chilometri a causa della pioggia che non mi ha lasciato fin dopo Bologna, iniziamo bene!
Sul traghetto ho scambiato due chiacchere con dei ragazzi che facevano parte di una missione umanitaria diretta in Siria, tutti inglesi ma di origine siriana; ragazzi giovani che hanno deciso di aiutare i loro connazionali rischiando parecchio… giù il cappello di fronte a tale gesto.
L’indomani, dopo una notte passata quasi in bianco sui divanetti della nave, sono sbarcato in suolo Greco e…. ha iniziato a piovere! Nonostante questo ero al settimo cielo, stavo percorrendo le strade greche e finalmente dopo quasi 100 chilometri sotto al diluvio ha smesso lasciando il posto però alla nebbia. Superato indenne le montagne nei pressi di Ioannina, sono sceso nella pianura trovandomi di fronte ad una immensa centrale nucleare, mai vista una così grande, uno scempio in mezzo alla natura.
Arrivato a Salonicco sono rimasto sbalordito dal traffico, gente, caos (non sapevo che è la seconda città Greca). Ero stanco, assonnato, sorpreso, tanto da impiegarci quasi un’ora e mezza per trovare un alberghetto a prezzi decenti per le mie tasche, girando come un automa per le vie intasate del centro.
Ho sempre odiato il navigatore, ma devo ammettere che in questa circostanza, e solo in questa, è stato vitale.
Che dire di Salonicco: è una città mondana, a ridosso del lungomare vi è una quantità di locali e bar uno più trend dell’altro tutti stracolmi di gente, alla faccia della crisi del paese. Quello che mi ha colpito è l’enorme quantità di immondizia che viene lasciata tranquillamente marcire sulle strade, anche davanti agli ingressi degli hotel più prestigiosi.
L’indomani, lasciata Salonicco, ho percorso tanto per non perdere l’abitudine, quasi 200 km tra nebbia e pioggia.Forse , pensavo fra me e me, è perché siamo in inverno? Proseguendo, dopo una galleria, è riapparso il sole, offrendomi una panoramica sul litorale Greco e permettendomi di smanettare sulle curve tortuose dell’ottima autostrada (assomiglia a quella Ligure nei pressi di Genova ma con zero traffico, una manna per noi smanettoni italiani…).
Passata la frontiera Turca, dove per la prima volta ho esibito il mio passaporto e fatto controllare i documenti della moto sperando che tutto filasse liscio, ho macinato i miei primi km in questo paese con un’emozione indescrivibile: ero in Turchia, da solo, con la mia moto e stavo per calarmi in una realtà a me totalmente sconosciuta e completamente diversa da tutti gli altri paesi europei.
Le strade a due corsie per senso di marcia, in inverno come credo in estate, sono non proprio in condizioni da definirle tali, con un sottile strato di fanghiglia che ricopre tutta la carreggiata attraversate da pecore, cani, carretti trainati da cavalli e persone che passeggiano tranquillamente. Dopo aver percorso un pezzo assomigliante per la presenza di foreste di pini e colline all’Austria, è apparso finalmente lo Stretto dei Dardanelli, uno dei punti fondamentali del mio viaggio. Ebbene sì, qui separati da una breve striscia di terra si affacciano due continenti, l’ Europa e L’Asia, due culture, due modi di vivere quasi all’opposto, e vedere con i miei occhi questo spettacolo naturale e percorrere la strada che lo costeggia seduto sulla mia due ruote è stato incredibile, come incredibile è la quantità di navi che lo attraversano, praticamente guidi con al tuo fianco queste grosse imbarcazioni.
Alla sera mi sono fermato ancora nella parte europea, a Eceabat, un piccolissimo paese di mare, dove ho avuto un primo assaggio di quella che poi in seguito si rivelerà la stupefacente ospitalità turca: il proprietario dell’albergo affacciato sul porticciolo mi ha fatto parcheggiare il GS proprio di fianco alla porta automatica dell’entrata, per cui il sensore faceva di continuo avviare l’apertura. Io ho proposto di spostare il mio mezzo ma non c’è stato verso, lui ha chiuso definitivamente l’entrata facendo passare i suoi pochi clienti dalla porta secondaria.
Cenando in un bar, dove tra l’altro non servivano neanche una misera birretta e andando presto a letto, mi è accaduto per la prima volta di sentirmi spaesato, distaccato dalla realtà che mi circondava mai immaginando di trovare un paese ancora così arretrato, ed ero nella parte europea, figuriamoci dall’altra: credetemi, nella notte ho pensato veramente di tornare indietro e girovagare in Grecia.
Al mattino, ad affondare il morale già basso si è messo anche il tempo con un vento fortissimo e un mare a forza 10 tanto da mettere in dubbio l’attraversata dello stretto, che già lo era per altri motivi. Caricata la moto, ho premuto lo starter con mille pensieri nel casco, messo la prima e automaticamente mi sono diretto senza batter ciglio sul molo, preso il biglietto, di colpo mi sono ritrovato sul traghetto: ora, non so sinceramente se sia stata la moto ha portarmi sulla nave, oppure è stato il fatto di sentirmi semplicemente a casa stando a cavalcioni sopra di lei, però come in trance ho vinto le mie paure e mi accingevo a compiere quel breve tratto dello stretto. Un’avventura: mare spaventoso, traghetto idem. Senza copertura, immaginatevi io vestito con tuta antipioggia e casco in testa, seduto sulla moto avvinghiato ad un paramani, in balia delle onde che con i loro spruzzi mi hanno completamente lavato.
Appena sbarcato con non pochi brividi visto che il ponte era viscidissimo e la mia gomma posteriore stava facendo presa praticamente sul sapone, magicamente il morale è aumentato con il percorrere dei chilometri, sicuramente per il semplice fatto che finalmente ero nella parte asiatica della Turchia!
La giornata è trascorsa visitando le rovine di Troia, dove a parte tre cani semi addormentati, non vi era ombra di turista. Per il resto una delusione, non sono amante di questi tesori archeologici, mi stavo quasi addormentando insieme agli amici a quattro zampe.
Trascorsa la notte a Bergama, al risveglio ad accogliermi ho trovato un freddo bestiale e pioggia! Quella odierna è stata la giornata più faticosa in assoluto della mia storia motociclistica: freddo, pioggia, fango, neve (in quella zona non nevicava da 10 anni), vento che mi spostava dal centro della strada ai bordi, insomma un disastro. Ho incontrato camion ribaltati lungo la carreggiata, mentre io lottavo con il vento e l’asfalto reso viscido dal fango e pioggia. Non esagero, è stato massacrante.
Per fortuna dopo pranzo il tempo si è placato, permettendomi di assaporare il territorio che stavo percorrendo, fatto di piccoli centri sovrappopolati, edifici fatiscenti, povertà, pastori con tre/quattro pecore o mucche a testa, gente che cammina sul ciglio della strada con un sacchetto in mano oppure aspetta dove capita i pulmini che li portano al paese più vicino.
Ho lasciato per un pezzo la strada principale per addentrarmi nella campagna, sono finito in un paesino dove, giuro, a guardia dell’unica via di accesso c’era una troupe di oche agguerrite: ho invertito subito la rotta e sono scappato a gas spalancato.
Dirigendomi verso nord mi sono fermato a Mudanya sul mar di Marmara, dove il proprietario dell’albergo ha spostato in mezz'ora mezza legnaia per poter mettere la moto. A fine lavoro era sudatissimo ma contento di aver creato quello spazio per il mio mezzo. Di notte si è messo anche a piovere bagnando la legna. Al mattino ero veramente dispiaciuto per l’accaduto, ma lui che parlava un po’ di francese ha risposto semplicemente “nessun problema”, affermando che per gli amici italiani questo e altro.
Un passo indietro: alla sera reduce da quella giornata infernale, ho trovato un baretto sulla spiaggia con gente tipica del posto, musica turca, luce soffusa, dove, con questa giusta atmosfera mi sono gustato una strameritata birra, forse anche più di una!
Altro giorno altri chilometri, direzione mar Nero, un nome che mi ha sempre affascinato ed incuriosito, altro punto fondamentale del mio viaggio. Oggi ho trovato riconferma del grande cuore del popolo turco: nei distributori di benzina, tra l’altro presenti in quantità industriale, trovavo strette di mano, pacche sulle spalle, sorrisi sinceri di persone sincere, curiosità sul mio viaggio e sul mio mezzo, credo dettate anche dal fatto di essere l’unico straniero in questi mesi che transita nelle loro zone. A pranzo nel ristorantino dove mi sono fermato, il cuoco è stato fantastico : mi ha accompagnato fino alla moto e ha voluto a tutti i costi indicarmi sulla mia cartina il paese dove abita, facendomi intuire che sarei transitato proprio da lì. Per la strada del ritorno due giorni dopo ho fatto una piccola deviazione e sono ritornato a salutarlo: appena varcata la soglia del locale, mi ha subito riconosciuto e con un sorriso a trentadue denti mi ha accolto come un amico di vecchia data, felicissimo, ringraziandomi infinite volte per essere passato.
Giunto a Akcakoca, famosa località turistica, per una bella strada montagnosa dove mi sono divertito e dove ho finalmente azzardato qualche bella piega, ho trovato quasi tutti gli alberghi chiusi a parte uno dal prezzo inaccessibile e un altro affacciato proprio sul mar nero con zero parcheggio davanti e negli spazi limitrofi, visto che l’entrata era situata proprio sul marciapiedi della passeggiata sul lungomare.
Sono entrato, ho trovato la stanza e chiedendo dove potevo parcheggiare la moto, il proprietario che parlava discretamente l’inglese, con tutta la tranquillità di questo mondo ha aperto entrambe le porte dell’entrata e mi ha invitato a mettere il mio GS sporco e infangato nella hall del suo albergo di fronte alla sua scrivania. Io sono rimasto basito, non sapevo cosa fare ma poi ho spinto il bmw dentro e l’ho parcheggiato dove lui indicava. Ho ringraziato quell’uomo penso cento volte, fino a stancarmi. Ho anche messo un pezzo di cartone sotto al cavalletto, per cercare di non rovinare il pavimento in marmo. Ho notato dai suoi sguardi che ha gradito il gesto e la mia gratitudine, tanto che al mattino prima di partire mi ha presentato tutta la sua famiglia e al momento di salutarmi prima di stringermi la mano ha portato la sua al cuore inchinandosi leggermente verso di me. E’ stato emozionante, quell’uomo, la sua famiglia, la ricorderò per sempre e tutti i chilometri fatti, la pioggia presa, spariscono di fronte a questi incontri.
Dimenticavo, ho festeggiato l’arrivo del nuovo anno proprio sul Mar Nero, concedendomi il lusso di un’ottima mangiata di pesce nel migliore ristorante della città, dall’antipasto al dessert, servito e riverito, il tutto innaffiato con dell’ottima birra spendendo la modica cifra di 28 euro.
L’indomani fatta colazione nella hall con la mia fedele due ruote di fianco, mentre guidavo macinando chilometri riflettevo sul fatto che per percorrere questi luoghi da solo con la mia poca esperienza e in questa stagione ho dovuto compiere un passo in più rispetto al viaggiare nella stragrande maggioranza dei paesi europei, ho dovuto “aprire” ulteriormente la mia mente per potermi calare totalmente in questa realtà. Nel primo giorno non sono riuscito e stavo per rinunciare, poi è stato un passaggio naturale, nella mia testa è scattato un interruttore e ho superato quel gradino. Intendiamoci, non ho fatto nulla di straordinario o epico, questo viaggio è alla portata di chiunque, non era neanche la prima volta che viaggiavo in solitaria ma stavolta per me è stata veramente un’esperienza diversa, sono partito con tutt’altre aspettative e sono tornato con esperienze diverse da tutte le altre provate nelle volte precedenti. L’aggettivo giusto per definire questo viaggio è intenso,sia come luoghi attraversati ma ancor di più come emozioni umane ricevute e percepite. Penso che la causa principale di tutto ciò sia da attribuire al fatto che viaggiavo da solo ed ero maggiormente predisposto a socializzare con le persone che incontravo. Sia ben chiaro, quando ho fatto due anni fa il giro completo della Francia sempre da solo ne ho conosciute di persone, ma non ho mai ricevuto così come in Turchia tanto calore sincero e vero.
Lasciato il Mar Nero e la sua gente sono arrivato finalmente a Istanbul. Ora, nell’intento iniziale avrei dovuto dedicare a questa città 2 giorni completi, ma dato che la mia organizzazione di tappe, chilometri e cose da visitare durante il viaggio subisce immancabilmente delle variazioni e dato che avevo perso un giorno a sud e un’altra mezza giornata a girovagare per la costa del mar nero e dato che mi avevano anticipato di una mezza giornata la partenza del traghetto, a mio malincuore ho dovuto solamente transitare fermandomi solo poche ore in questa megalopoli. E sapete cosa vi dico? Alla fine non mi è neanche tanto dispiaciuto. Perché sicuramente due giorni non sarebbero bastati per gustare appieno tutte le bellezze di questa città, inoltre io ero “sazio” sia dal punto di vista paesaggistico sia dal punto di vista umano. Solo un aneddoto: attraversando Istanbul mi sono perso e sono finito proprio alla biforcazione tra il corno d’oro e il canale del Bosforo dove si gode di un’ottima vista della città, da togliere veramente il fiato. Sono rimasto a bocca aperta! Comunque ho azzerato il contachilometri parziale a est all’ingresso della megalopoli, e l’ho riguardato all’uscita a ovest: 86 km di superficie occupata all’inverosimile, impressionante!
A parte Istanbul quella di oggi è stata una tappa monotona, a partire da Izmit nei pressi del lago di Spalanca fino a Tekirdag dove mi sono fermato per la notte, è solo un susseguirsi di cittadine caratterizzate da un’urbanizzazione selvaggia.
Alla sera mi sono addormentato mentre iniziava a piovere e alla mattina, al mio risveglio, scendendo per la colazione mi sono ritrovato sopra la mia moto un nylon per ripararla dalla pioggia che nel frattempo aveva lasciato il posto ad un caldo sole. Il ragazzo che stava alla reception vedendo il brutto tempo ha coperto il GS. Che dire, grandi Turchi!
Preparati i bagagli mi sono diretto verso la frontiera e mentre percorrevo gli ultimi chilometri in terra turca ripensavo a tutti gli incontri fatti, le strette di mano, i sorrisi, gli sguardi, i gesti piccoli o grandi che hanno permesso in qualche modo di farmi sentire a casa e di conoscere veramente questo popolo: quando mi chiederanno come sono i Turchi, non potrò che rispondere che queste persone sono eccezionali, meravigliosi, calorosi.
Forse mi sono fatto prendere la mano, ma ne ho avuto, se mai ce ne fosse stato ancora bisogno, la riconferma quando alla frontiera passato il primo “casello” il poliziotto è uscito dall’ufficio e mi ha intimato di fermarmi. Fra me e me ho pensato subito che c’era qualche grana, invece avvicinandosi mi ha chiesto di tutto sulla moto e sul mio viaggio. Non parlava granchè inglese ma ci siamo capiti al volo, tanto da chiamare due suoi colleghi per raccontargli la mia storia; poco dopo ha tirato fuori il suo cellulare e mi ha mostrato la sua moto, quei modelli che si vedono in giro da queste parti, una specie di mini-Varadero con un paravacche enorme da pick-up (con tutto rispetto per i pick-up e per la Varadero, grande moto che ho posseduto prima della Bmw).
Con questo gesto il poliziotto ha voluto a mio avviso rendermi partecipe del fatto che anche lui faceva parte di noi motociclisti, e di questo ne andava orgoglioso soprattutto di fronte agli altri suoi colleghi.
Alla sera sono nuovamente arrivato a Salonicco, ho trovato un albergo stavolta a prezzi più accessibili e mi sono goduto la serata sul lungomare, mangiando all’aperto (oggi la temperatura media si aggirava intorno ai 20 gradi) una bella fetta di carne alla brace guardando le bellezze locali sfilare in pompa magna sulla passeggiata.
Ultimo giorno vero di viaggio, ormai il mio pellegrinare sta volgendo al termine dato che stasera arriverò a Igoumenitsa per prendere il traghetto che mi riporterà in Italia. Lascerò la Grecia che è stata un intermezzo per la Turchia. Oggi andando incontro alle montagne mi hanno sorpassato numerose macchine con portasci e sci sul tettuccio ed io, molto sicuro e baldanzoso, ho pensato: “ma dove mai potranno andare a sciare che non si vede nemmeno l’ombra della neve o di impianti... la neve in Grecia, figuriamoci!” La mia sicurezza si è sgretolata dopo poche decine di chilometri quando, salendo dopo una galleria ho intravisto su montagne di una certa importanza gente che sciava su piste quasi alla pari delle nostre, dopo un’altra galleria ho trovato pure la neve ai lati della strada e anche lungo la carreggiata… mi sembrava di essere tornato al Treffen! All’andata nascoste dalla nebbia e nuvole, non avevo notato queste cime innevate, nemmeno la gente che sciava. Arrivato al porto, dopo aver perso e ritrovato per miracolo la chiave del bauletto, ho aspettato con molta pazienza di imbarcarmi e dopo aver varcato la soglia della nave ed essermi sistemato sulla mia poltroncina, solo allora mi sono reso conto che era proprio finito.
Sono le sette e trenta del mattino, mi sono svegliato stropicciato da una notte passata a dormire sul pavimento al nono ponte del traghetto che mi riporta in Italia. Il sole sta sorgendo sul mare , uno spettacolo che mi lascia sempre ammutolito. All’orizzonte è apparso anche l’arcobaleno, per completare questo quadro che la natura ha voluto regalarmi. Accendo il mio lettore MP3, riconosco immediatamente le prime note di una delle più belle canzone del mitico Bruce Springsteen, ovvero “Burn to Run” e penso, ne sono certo, che come conclusione di questo mio piccolo viaggio sia perfetta. Ripensandoci però questa potrebbe essere il giusto inizio di un’altra nuova, entusiasmante avventura.
Marco Tarello