Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
Dal diario di bordo di domenica 11 agosto, dopo una decina di giorni e quasi 2mila chilometri in giro per il sud della Francia: “Plage de Piémanson, l’unico posto in Europa dove poter ancora fare colazione con Nathalie e il suo cane Saffo e vedere il sole tramontare dietro una distesa di camper, roulotte, tende e baracche. Le moto ci proteggono dal vento sulla spiaggia. Buonanotte”.
Siamo sulla spiaggia di Piémanson, all’estremità più selvaggia del parco delle Camargue, nel sud della Provenza. Uno dei più grandi campeggi “selvaggi” d’Europa. Una vera e propria cittadina sul mare che si snoda lungo circa 7 chilometri spiaggia sabbiosa, delimitata a est dalla foce del Rodano, e a ovest e a nord da vaste saline e stagni pieni di fenicotteri.
Noi ci siamo arrivati per caso, finendo fuori rotta mentre ci addentravamo nel Parco naturale delle Camargue (una sorta di selvaggio West in salsa francese) nel tentativo di raggiungere le vele dei kitesurf che si scorgevano in lontananza. E invece di una semplice spiaggia dove fare un bagno abbiamo trovato uno straordinario rifugio per la notte. A 11 chilometri dal più vicino centro abitato: il paese di Salin De Giraud.
"Questo è l’ultimo posto in Europa così libero”. Se a dirlo è una veterana hippy come Natalie c’è da crederle. Neanche il tempo di scegliere uno spiazzo libero e spegnere le due giapponesi (una Transalp 700 e una Suzuki Sv 650), che da un camper marroncino ci corre incontro lei, sbracciandosi: “Attenti che i cavalletti affondano nella sabbia. Prendete queste assi. Anche io sono stata motociclista, sapete?”.
Montiamo la tenda mentre lei saluta alcuni amici che stanno partendo dopo aver stracaricato una vecchia Mercedes e aver attaccato la roulotte a un’altrettanto vecchia Land Rover. Quindi ci fa “gli onori di casa” e ci presenta Saffo, un grosso San Bernardo di otto anni con la faccia giocosa, suo unico compagno di viaggio. “Si viaggia meglio da soli, si conosce più gente”, sostiene.
È sempre Nathalie – una sessantina di anni, fisico minuto e vispi occhi azzurri – che ci racconta qualcosa di Piémanson, sgranando gli occhi quando le confessiamo di esserci arrivati “par hasard”, per caso, o meglio, guidati dal Fato benevolo che ci ha accompagnato per tutti i 15 giorni e 3.400 chilometri del nostro viaggio.
“Qui ci viene gente da tutta Europa. Ci saranno circa 15mila persone”. E dando un’occhiata all’interminabile distesa di roulote e baracche non si fa fatica a crederle. Vengono qui a partire dal primo maggio fino alla fine di settembre. Alcuni arrivano con i camion pieni di assi e lamiere per mettere in piedi la propria baracca, più o meno grande e complessa a seconda delle disponibilità e della fantasia. Capita anche che qualcuno la costruisca e poi se ne vada in città a lavorare, per poi tornare durante i finesettimana, come in una sorta di casa al mare. Alcune hanno l’aspetto di bar sulla spiaggia, con tanto di bancone. “Le utilizzano per invitarci gli amici a bere”, spiega Natalie. Qualcuno può permettersi camper da decine di migliaia di euro, con tanto di antenna parabolica e quad a rimorchio. Altri ancora hanno montato grandi tende da far invidia al defunto Colonnello Gheddafi. Il risultato è spettacolare, specialmente quando il sole tramonta sulla skyline della “baraccopoli”.
Quello che si nasconde all’interno non è meno interessante. Da un lato sembra un solito campeggio, con famiglie e gruppi di amici più o meno numerosi che aspettano la sera rilassandosi sotto le verande di tende e roulotte. Dall’altro l’ambiente e l’atmosfera rendono tutto decisamente particolare: due ragazzi ascoltano tranquillamente la loro musica elettronica sotto ad un gazebo illuminato da luci stroboscopiche; poco lontano alcuni signori mangiano al centro di uno spiazzo formato dai propri camper messi in circolo, come una carovana di pionieri nel selvaggio West; accanto a un lungo scuolabus giallo, ragazzi prendono l’aperitivo sotto una veranda ornata da colorate luci natalizie; un bambino salta sul tappeto elastico fuori dalla sua roulotte; qualcuno spara fuochi d’artificio e i più spettacolari strappano ovazioni e applausi a tutto il “campeggio”.
La mattina dopo ci svegliamo accolti da un forte vento e dalla colazione offerta da Nathalie: caffè solubile e biscotti. Ci racconta qualcosa di più su quel luogo. La Gendarmerie compie quotidiani controlli in jeep o a cavallo lungo la spiaggia, ma raramente nascono problemi, mentre il comune provvede alla raccolta di rifiuti mandando i camion a svuotare i grossi cassonetti (dove si fa la raccolta differenziata del vetro) all’ingresso della spiaggia.
Più volte in passato hanno cercato di chiuderla, in particolare per le proteste degli ambientalisti, ma sono state lanciate petizioni e sono state raccolte firme da tutto il mondo per “salvare” Piémanson. “Qui vengono anche noti attori francesi, in incognito, quando hanno bisogno di immergersi nuovamente nel ‘mood’”, racconta Nathalie, che è sinceramente entusiasta della spiaggia: “Questo posto è unico anche perché c’è un’atmosfera di aiuto reciproco che non esiste nelle città, dove tutti si guardano con diffidenza”. Il pomeriggio successivo, arrivati a Marsiglia, ci siamo amaramente scontrati con quella realtà dalla quale Nathalie ci aveva messo in guardia. A Piémanson, pochi giorni prima del nostro arrivo, un’inondazione aveva fatto affondare le ruote dei camper nella sabbia, ma ci si è aiutati a vicenda per liberarle.
“Qui rimane qualcosa dello spirito hippy”, continua Natalie, raccontandoci del suo passato da vagabonda in motocicletta, da hippy che vendeva gioielli fatti da lei (alcuni dei quali conserva ancora) e da attrice, con piccoli ruoli anche al cinema.
Prima di ripartire scriviamo sulla sappia a caratteri cubitali “Bonne Route” (buona strada). Un augurio a tutti i viaggiatori che dovessero trovare rifugio a Piémanson anche solo per una notte.
Consigli: ricordatevi di portarvi l’acqua se vi campeggiate sulla spiaggia. Per il cibo, in caso di emergenza, c’è un baretto all’ingresso della spiaggia.
Quando attraversate il bel parco naturale, lungo una ben tenuta strada sterrata, non cedete alla tentazione di fare un’escursione nelle saline: la Gendarmerie, pur molto cortese, non apprezza.
Fate un viaggio in moto in Francia e in particolare in Provenza: sembra che tutti vogliano bene ai motociclisti, i centauri si salutano con entusiasmo e le automobili si accostano per farti passare.
Ferdinando Calda e Alessandro Giovannini