Viaggi in moto: il Laos, la Terra dei Mille Elefanti

Viaggi in moto: il Laos, la Terra dei Mille Elefanti
Sono da poco passate le 4 del mattino, Luang Prabang e' ancora assopita nella fitta nebbia che in questo periodo dell'anno avvolge le rive del Mekong prima del sorgere del sole...
10 marzo 2014

I monaci buddisti procedono a piedi nudi in file ordinate lungo i vicoli della città raccogliendo le offerte mattutine. Camminano in file ordinate avvolti nelle loro tuniche arancione in un silenzio surreale, a tratti magico.
Inizio poetico di pura fantasia.
Questo, infatti, è quello che avrei potuto vedere se almeno una (dico uuuuuuna) mattina fossi riuscito ad alzarmi dal letto invece di spegnere malamente la sveglia e girarmi dall'altra parte. Con ogni probabilità i monaci le loro offerte le avevano già digerite ben prima che io ordinassi il primo caffè della giornata.
Pazienza, in fondo la vera ragione del viaggio non è tanto la scoperta delle abitudini alimentari dei monaci locali quanto guidare la moto in un paese poco conosciuto al turismo di massa quindi siamo ancora in linea col programma iniziale.

Vientiane è la capitale del Laos, ma non ci siamo neppure passati per sbaglio. Da Bangkok prendiamo un aereo con motore ad elica che ci portata direttamente nella seconda città del paese Luang Prabang. Il viaggio dura solo poche ore ma il ronzio nelle orecchie ci accompagna per l'intera giornata, il bi-motore con data di fabbricazione pre-internet vibra come un frullatore e fa più' rumore di un martello pneumatico che ti picchia dietro le orecchie.
Luang Prabang fu dal XIV al XVI secolo la capitale del Regno di Lan Xang, il primo grande Stato laotiano. Prima dell'ascesa al potere dei comunisti, avvenuta nel 1975, era la residenza del sovrano del Regno del Laos. La città è entrata nel 1995 nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO, questo e' quanto ho scoperto da Wikipedia da cui ho anche imparato che Matt Harding, protagonista del fenomeno di Internet "Where the Hell is Matt?", ballò a Luang Prabang nel video della seconda tappa del suo viaggio (cosa che con ogni probabilità' non interessa a nessuno).
In ogni caso questa è la città' più bella del Laos, date le dimensioni ridotte manca la bolgia infernale tipica delle grandi metropoli del sud est asiatico ma nonostante questo i concetti di senso di marcia e precedenza sono costantemente soggetti ad interpretazioni personali e, spesso, folcloristiche di chiunque usi la strada con biciclette, scooter, carretti, trattori e/o animali vi varie specie e dimensioni. La cosa rende l'uscita dalla città il momento forse più pericoloso del nostro viaggio.

Da Luang Prabang andiamo a nord verso Hongsa il tragitto è praticamente tutto su strade asfaltate, fortunatamente siamo circondati da colline prima e montagne subito dopo che rendono il paesaggio davvero bello. Arriviamo ad Hongsa senza un granello di polvere sulle moto, sembriamo tutti usciti da un catalogo di abbigliamento MX.
La situazione cambia sensibilmente il giorno seguante appagando il nostro smisurato senso di avventura accompagnata da una leggera sovra-stima delle nostre capacita' motociclistiche.
Da Hongsa ci dirigiamo verso Pakbeng, circa 140 km di cui la metà in sterrato che include anche il guado di qualche ruscello e la prima caduta. La mia. Nessun danno a cose o persone ma una profonda cicatrice nello spirito resa ancora più' dolorosa dal fatto che Massimo stesse registrando tutto con la videocamera.
In meno di 24 ore sono già capolista indiscusso della classifiche cadute che ho mentalmente organizzato alla partenza del viaggio.

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Il 7 gennaio lasciamo Pakbeng e ci dirigiamo verso Nale. 120 km tutti di fuori strada ed è oggi che finalmente inizia il viaggio che tutti avevamo immaginato per mesi.
Le strade sono isolate, la calma che regna nei piccoli villaggi viene sistematicamente disturbata dal rumore delle nostre moto. Di volta in volta ci fermiamo per fare qualche foto e cercare di interagire con i locali, per fortuna Tia, la nostra guida, è nato e cresciuto in queste zone altrimenti capire e farsi capire sarebbe sicuramente più' difficile.
Nale è il villaggio più remoto e meno visitato da turisti, Tia ci aveva descritto le camere della guest house come "good" ma non aveva detto "very good" come era solito fare. A pensarci bene la cosa avrebbe dovuto farci insospettire. Aveva anche aggiunto "big" come se questo automaticamente potesse dare più prestigio al posto in cui avremmo passato la notte.
In effetti la mia stanza piccola non era, comprendeva un letto di legno, materasso e cuscini con ogni probabilità dello stesso materiale ed un bagno con un gabinetto alla turca in un angolo ed un rubinetto sul muro a circa un metro e mezzo di altezza da terra. Il rubinetto svolge due funzioni fondamentali: doccia (fredda) e carta igienica (anche lei fredda).
Viste le strutture alberghiere che abbiamo a disposizione per la notte pianifico di rimandare ogni visita al gabinetto al giorno successivo. Purtroppo ho devo cambiare atteggiamento a meta' notte.
L'esperienza mi ha confermato le doti atletiche dei locali che trovano "più comodo" un buco nel pavimento alla tazza a cui siamo abituati noi occidentali.

Da Nale ripartiamo alla volta di Muang Sin ed anche oggi facciamo solo strade sterrate. Sulla carta oggi è la giornata con il tragitto più breve, circa 90 Km ma ci mettiamo più di nove ore per arrivare a destinazione. Parte della strada è franata e macchinari vari sono al lavoro per riaprirla, la prima volta aspettiamo un ora, al secondo stop abbiamo 2 ore di attesa prima che la strada riapra.
Tia decide di prendere in mano la situazione, da negoziatore navigato quale è si avvicina ad alcuni dei macchinisti e inizia "Ho un gruppo di turisti stranieri che deve arrivare in città al più presto - possiamo passare?" - "NO".
"Se non arriviamo prima di sera dobbiamo fare altri 60 km! Possiamo passare? "NO".
"Se ti do 5 dollari da dividerti con i tuoi colleghi possiamo passare?"
Tutto il mondo e paese, per nostra fortuna, alcuni paesi sono più economici degli altri e nel giro di pochi minuti attraversiamo i lavori in corso non senza qualche perplessità, le nostre moto sono estremamente piccole di fianco a gru e scavatori col motore acceso.
Arrivato a Muang Sin decido di premiare me stesso con un massaggio, del resto sono in Asia, la patria indiscussa del massaggio a buon prezzo. Da buon turista chiedo informazioni al proprietario della Guest House e su sua esplicita raccomandazione mi dirigo gagliardo nel miglior centro benessere del villaggio. Il fatto che sia anche l'unico non vuole dire nulla, in fondo è il migliore.
Ovviamente il lettino con gli asciugamani inamidati non fa parte dell'arredamento, invece vengo fatto coricare su un materassino dalla consistenza prossima all'ardesia. Il Centro massaggi migliore del villaggio si rivela essere poco più di una capanna, girando la testa verso la parete riesco a vedere le galline nel giardino attraverso le fessure tra le assi di legno.
Il massaggio inizia bene, per almeno 8 secondi è piacevole, poi si trasforma velocemente in fastidioso, doloroso fino a poter essere ufficialmente classificato come potenzialmente nocivo, non mi sarei stupito se la pressione che la massaggiatrice applicava avesse generato emorragie interne.
Essendo la ragazza sorda alle mie mute grida di dolore inizio a dare voce al mio disappunto con parole che penso siano universalmente riconoscibile come "Auh, Hai, Haaa, Noooo, Arrrrr" ma niente.

Alla fine le ho prendo il braccio e schiacciando forte dico "no. no good" poi con un gesto più gentile "yesss, veryyy good", appena ricomincia a massaggiare le spalle lo fa con gentilezza. Ce l'ho fatta! La mia capacità di improvvisare ha colmato le mie lacune linguistiche.
Purtroppo gioisco poco. Pochissimo. Il massaggio infatti era "yesss, veryyy good" solo sulle spalle, ogni altra parte del corpo viene ferocemente massacrata più di prima, ad un tratto mi stringe il collo come fossi un gatto che voleva alzare di peso. Dopo 20 minuti mi rotolo di lato, mi rivesto e me ne vado avendo pure dato la mancia visto che mi sento in colpa ad andarmene prima della fine. Il tutto mi e' costato 3 dollari. Soldi sprecati visto che ho avuto lividi su schiena e collo per almeno una settimana.

Da Muang Sin a Luang Namtha facciamo poca strada e quasi tutta su asfalto, la sera Tia ci da 2 opzioni per l'ultimo giorno in moto, percorrere strade asfaltate per 180 km oppure prendere le mulattiere e fare solo 80 Km che ovviamente scegliamo dal momento che guidare le CRF su strada è di una noia pazzesca.
Purtroppo le cognizioni spazio/tempo di Tia sono del tutto approssimative, e le 3 ore stimate per fare 80 km con soste si tramutano in quasi 7 ore per fare oltre 140 km senza fermarsi, la tappa pero' ci regalava uno dei giorni di off-road più intensi che abbiamo avuto in anni con sabbia, fango, fiumi da attraversare, polvere e via dicendo.
A circa metà strada mi trovo davanti 2 uomini che vedendomi arrivare alzano le braccia, essendo io un turiste educato rispondo sempre quando mi salutano, in questo caso però vedo che i due tizi si agitano più del dovuto ed una volta superati iniziano a inseguirmi.
'Ci siamo', mi dico, 'questo è il momento in cui vengo rapito da un commando para militare che mi terra' prigioniero per mesi in cambio di un lauto riscatto che non verrà mai pagato. Alla fine riuscirò a scappare notte tempo con uno stratagemma degno del MacGyver migliore'. D'istinto accelero e faccio la curva il più veloce possibile, appena esco dalla curva mi accorgo che un albero sta cadendo sul lato della mulattiera, per fortuna mi arrivano addosso solo rami e foglie.
Il commando para militare altro non è che un gruppetto di uomini impegnati a tagliare qualche albero, non mi stavano salutando ma cercavano semplicemente di farmi fermare per evitare che l'albero mi cadesse in testa. Chiaramente i miei processi mentali sono stati pesantemente afflitti da centinaia di film d'azione e notiziari televisivi.

Siamo alla fine del viaggio, la mia classifica personale delle cadute vede Simona mantenersi costantemente all'ultima posizione con un bilancio pari a zero. Unica donna del gruppo ci ha stupiti tutti con la sua abilità di andare veloce, andare veloce e fare foto oppure andare veloce, fare foto e caricarle su Facebook allo stesso tempo rimando costantemente in piedi.
A 40km dalla fine ha l'immaginaria medaglia d'oro praticamente attorno al collo ma con un colpo di scena degno della Soap Opera 'Beautiful' va battere contro la fiancata di un furgone che viaggia nella direzione opposta catapultandola automaticamente dalla vetta alle retrofile della mia classifica per cui decido di promuovere me a 'rider of the week', il tutto dopo essermi assicurato che Simona non si fosse rotta nulla. Chiaramente.
Massimo e Frank finiscono il viaggio a metà classifica ma non avevano una posizione assegnata per pura pigrizia da parte mia, in fin dei conti la classifica era ad uso e consumo personale ed totalmente inappellabile.


Qualche considerazione sul Laos. Questo paese è forse come il Vietnam o la Tailandia si presentavano ai turisti una trentina di anni fa, il turismo di massa è poco presente se non del tutto assente nelle zone più remote. Le persone che abbiamo incontrato si sono dimostrate di una gentilezza e generosità disarmanti, il paese è povero, la popolazione vive con poco o nulla ma il senso di comunità che si respira nei villaggi e la dignità delle persone che ci hanno accolti sono state eccezionali.
Per vivere appieno un'esperienza simile avere una guida locale ha fatto la differenza, ho fatto molte ricerche prima di affidarmi ad un tour operator, noi ci siamo appoggiati a Charly Renaudin di www.offroadlaosadventures.com ed onestamente posso solo che far loro i complimenti per il supporto che ci hanno dato durante la preparazione e durante tutto il viaggio.

Dati di viaggio


Nome
: Luca Melluso (in viaggio con Massimo Rumi, Frank Cesarini e Blu Sima)
Nazione: Laos
Luogo di partenza e di arrivo e le tappe: Luang Prabang, Nongkiaw, Muang Khoua, Luang Namtha, Nale, Hongsa, Luang Prabang
Durata del viaggio: 6 giorni, 900 Km
Moto usata: Honda CRF 25 0cc.

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