Viaggi in moto: Madonna della Tibia, Abruzzo

Viaggi in moto: Madonna della Tibia, Abruzzo
In moto verso una piccola pietra preziosa incastonata tra le rocce del gruppo del Gran Sasso e la catena dei Monti della Laga
5 marzo 2013


La SS80 che da Giulianova conduce a L’Aquila attraverso il Passo delle Capannelle, è una via assai conosciuta dai centauri locali, e molto apprezzata anche da viaggiatori che provengono da ben più lontano. I primi si scatenano in bande, soprattutto nei mesi estivi, sulle morbide, quasi sensuali curve che salgono al valico, oppure lungo i tornanti in direzione del Lago Campotosto, per finire spesso con le targhe fotografate dalla solerte polizia municipale locale, che, in particolare nei mesi più caldi, è costretta ad un supplemento di lavoro per salvaguardare, giustamente, la bellezza e la tranquillità dei luoghi.
I secondi invece, provenienti solitamente dalla costa adriatica, la utilizzano come porta d’accesso alle meraviglie del gruppo del Gran Sasso d’Italia, per salire su, su, fino ai 2200 metri di Campo Imperatore, oppure per dirigersi più ad est, verso Fonte Vetica e l’antica zona dei macelli, dove un tempo, quando ancora le greggi seguivano l’antico rito della transumanza, veniva radunato il bestiame per la tosa e la macellazione, mentre oggi, più prosaicamente, ci si può abbuffare di arrosticini di pecora, preparati al momento ed arrostiti all’istante su carboni di brace scoppiettante.

Madonna della Tibia
Madonna della Tibia
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Ad ogni modo, sia che vi troviate da queste parti per grattare le saponette a terra, sia per godere dell’ospitalità e della genuinità di questo spicchio d’Italia a cavallo tra le regioni di Marche e Abruzzo, prendetevi una mezz’oretta per una piccola deviazione.
Appena superato il “Libero Territorio della Repubblica di Senarica”  ed un attimo prima del centro di Aprati, a fianco di un piccolo ponte, un cartello indica la località di Crognaleto.
Rallentate, fin quasi a zittire il rombo del motore, sollevate la visiera del casco... e lasciate, in particolare nei mesi primaverili, che lo scroscio dei mille rivoli alimentati dall’abbondante disgelo vi arrivi alle orecchie.
Rallentate, fino a fermare il vento... e respirate gli odori di legna tagliata, dei crocus che macchiano di lilla i pendii erbosi, dei camini fumanti che raccontano di tavole imbandite.

Giunti a Crognaleto, oltre le poche case che compongono il paese, in posizione dominante, aggrappata ad uno spuntone di roccia, c’è la piccola chiesa della Madonna della Tibia.
Il silenzio assoluto, il profumo della terra e dell’erba, la vista superba sui monti della Laga a destra, dei primi contrafforti del Gran Sasso proprio davanti e del mare, giù in fondo a sinistra, saranno il suggestivo premio che riceverete per aver fermato la moto e camminato i 5/10 minuti necessari per arrivare al piccolo portoncino in legno a fianco del quale sono legate le corde che vi permetteranno di festeggiare con un rintocco di campane la delizia del luogo.

Approfondimenti

Senarica. Un minuscolo villaggio di montanari, pastori, agricoltori e boscaioli, che ricevette dalla Regina Giovanna I D’Angiò la libertà di autogoverno, senza dover rendere conto a duchi o marchesi, ma solo fedeltà alla corona. L’autoproclamazione a Repubblica di Senarica intorno alla metà del XIV secolo e la leggendaria alleanza con la Serenissima Repubblica di Venezia, ne hanno fatto un caso storico-geografico pressochè unico, che ha incuriosito storici e studiosi per secoli. Conferme e smentite illustri ne alimentano ancora oggi il mistero, ma di una cosa si è certi: che Senarica abbia vissuto, durante quasi 5 secoli di storia, vicende alterne che l’hanno distinta come uno dei centri più importanti dell’allora Abruzzo Ulteriore, corrispondente alle attuali province di Teramo e L’Aquila.

Madonna della Tibia.
La tradizione popolare vuole che un facoltoso commerciante di bestiame, tale Bernardo Paolini da Amatrice (Rieti), volle la sua edificazione per grazia ricevuta, giacchè, precipitato in un burrone mentre transitava in quei pressi e disperando di salvarsi, riscontrò di essersi solo fratturato una tibia e tornò a casa.

Enrico Bachimol