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Spediamo le moto circa otto giorni prima della nostra partenza che avviene il 20 dicembre 2009, alcuni da Milano ed altri da Roma con ritrovo di tutto il gruppo nello scalo del Cairo Egitto.
Arriviamo in Addis Abeba la mattina alle ore 5 del 21 ci sistemiamo nell'Hotel Extrem aspettando che tutto si compie per il ritiro delle nostre moto che avviene la mattina del 22, nella stessa giornata facciamo le ultime compere: 360 litri di acqua minerale e 15 taniche da 20 litri per il rifornimento di benzina.
La mattina del 23 dopo aver sistemato i bagagli, l'acqua e le taniche sui pickup, partiamo per questo Moto raid.
Viaggiamo su una lingua di asfalto discretamente tenuto, siamo su un falso piano che da 2400 metri di Addis Abeba ci porterà a circa 500 metri nella cittadina di Logija dove faremo sosta per la notte.
Logija e l'avamposto della Dancalia la terra degli Afar una tribù che fino a circa dieci anni fa uccidevano tutti gli stranieri che si avventuravano nel loro territorio, meno male che adesso si sono civilizzati, ancora oggi per addentrarsi nel loro territorio occorre una scorta di militari che ci accompagnerà per tutta la regione fino a Makallè.
Dormiamo in un Hotel (se così si può chiamare) una sorta di cortile con dei loculi in muratura dove ci sono due letti e delle zanzariere, per il caldo siamo costretti a portare i letti fuori per riuscire a dormire senza soffocare.
La mattina presto ci mettiamo in movimento per arrivare da li a poco nella cittadina di Semera dove carichiamo sei militari della scorta ed iniziamo il nostro vero moto raid.
Dopo appena 60 chilometri lasciamo l'asfalto per inoltrarci sulla pista che ci porterà sul lago Afrera a 100 metri sotto il livello del mare.
E una vasta depressione con un caldo secco che arriva a 40 gradi, si beve molto specialmente noi motociclisti facciamo una fatica immane ma siamo ripagati dalla divertentissima pista sterrata con sali e scendi su pietraia, buche e sassi che ci impegna molto.
Il panorama è lunare: colline vulcaniche a forma di cono sembrano creati a posta da uno scultore.
La pista continua ad essere molto tosta, ad un certo punto Max con la sua XT600 non fa in tempo a frenare finendo violentemente su una buca dove la ruota anteriore prende una di quelle botte da storcere il cerchio, non potendo fare niente riprendiamo il viaggio.
Arriviamo nel villaggio di Afrera che è quasi buio e nel mentre aspettiamo le macchine troviamo un gommista, questo sotto il nostro consiglio e dopo aver smontato la gomma, con un grosso martello dava un paio di colpi sul cerchio per raddrizzarlo alla meglio, rimontato il tutto la moto di Max era pronta per affrontare il viaggio con un po' di entusiasmo in più.
Troviamo una sistemazione tipo la precedente sera ma questa volta abbiamo fatto mettere subito i letti fuori dal personale addetto.
Decidiamo di cucinarci la cena da noi per festeggiare la vigilia di natale, “il menu”: primo spaghetti al sugo a base di tonno, secondo a base di grana padano, prosciutto e carne in scatola, il tutto annaffiato da birra locale molto fresca.
Vigilia di natale da ricordare, fuori dal solito senza luminari e caos ma sotto un cielo stellato che da noi ce lo sogniamo.
La mattina come al solito molto presto si riparte per la visita del lago, arriviamo in un punto dove vicino allo stesso lago sorge una pozza di acqua calda, alcuni di noi fanno il bagno ed altri come me fanno foto.
La meta di oggi e il campo base per il vulcano Erte Ale.
Si viaggia con un caldo tremendo, si beve in quantità industriale, il percorso e su sabbia e si fa fatica ma per noi enduristi e godibile.
Verso l'una ci fermiamo in un posto dove facciamo uno spuntino con la nostra cucina da campo e nello stesso tempo trattiamo 5 cammelli che ci dovranno portare i bagagli e i viveri sul vulcano.
Gli ultimi 13 chilometri sono molto duri, una mulattiera fatta di pietra vulcanica con tornanti a gomito sia in salita che in discesa.
Arriviamo al campo base che sono appena le 16, cerchiamo un po' di frescura sotto le capanne fatte di frasche dove ci buttiamo a terra per un salutare riposo.
Dopo che le macchine ci raggiungono facciamo il punto della situazione con i militari e i cammellieri per trovare un accordo sull'orario della salita al vulcano, alle 18 quando il caldo opprimente inizia a calare.
Prepariamo le tende, l'acqua e uno spuntino da mangiare all'arrivo, il tutto da caricare sui cammelli.
La scarpinata e durata circa 5 ore, al buio e con le torce elettriche sulla fronte, è stata una di quelle esperienze che non si dimentica facilmente.
Alle 23 ci sistemiamo le tende e facciamo uno spuntino serale per poi cercare di dormire fino alle 4 e 30 per poi riprendere il cammino e fare gli ultimi centinaia di metri fino alla bocca del vulcano dove ci si presenta uno spettacolo indescrivibile, al suo interno gorgoglia lava incandescente che sprigiona vapori sulfurei a 1200 gradi, un lago con zampilli che sembrano fuochi d'artificio, rimaniamo incantati per circa mezz'ora fotografando a più non posso.
Ritorniamo al campo base che sono le 11, stanchi, spossati ma soddisfatti da una visione e una esperienza fuori dal comune.
Sistemiamo il tutto sulle macchine non prima di aver fatto uno spuntino e dopo un piccolo rilassamento ripartiamo per un'altra splendida meta “il Dallol”.
Noi motociclisti facciamo i 13 chilometri di mulattiera a ritroso sotto un caldo asfissiante a tutto gas sapendo che troveremo delle capanne dove possiamo buttarci a terra aspettando le macchine e riprendere un po di fiato.
Arrivati i fuoristrada si riparte su un pianoro di sabbia, pietre e guadi, la guida per noi è molto divertente, sembra una piccola speciale Dakariana mentre per le macchine è molto faticante, fanno diverse insabbiate, in un guado uno dei pickup si pianta la prima volta, la seconda e anche la terza volta da dove non verrà più fuori tanto da abbandonarlo con la speranza di soccorrerlo l'indomani.
Dal momento che il pickup si è piantato noi motociclisti d'accordo con tutto il gruppo decidiamo di andare avanti per arrivare sul posto prestabilito prima che arrivi il buio, dopo circa una decina di chilometri mi accorgo che la mia gomma anteriore era bucata, non avendo nulla per riparare visto che tutta l'attrezzatura era sulle macchine sono stato costretto a guidare per circa una ventina di chilometri a gomma sgonfia con il rischio di caduta in ogni istante.
Siamo arrivati alla meta che ormai era buio pesto, io naturalmente ero stanchissimo e sfiancato da una guida che già di per sé era tosta, figuriamoci con la gomma a terra.
Dopo più di due ore di attesa, vediamo spuntare il resto del gruppo con un pickup in meno è stato momentaneamente abbandonato.
La sistemazione è sempre la stessa letti fuori e una capanna dove mettere le borse e la cucina da campo.
Anche questa sera cucina all'italiana fatta da me con l'aiuto di quasi tutti; il menu è fatto di tortellini in brodo e un bel capretto portato già cotto dall'etiope precedentemente contrattato, frutta e acqua caldissima.
La mattina presto con l'aiuto di Max smontiamo la ruota anteriore per cambiare la camera con una nuova di scorta e riparare la stessa, operazione fatta in circa mezz'ora.
Oggi si rimane ad oziare sul posto perché gli autisti devono cercare di recuperare il pickup piantato il giorno prima.
Vicino a noi c'è un'altro gruppo che fanno il nostro percorso in macchina, sono tutti a fare l'escursione al Dallol, meno uno che è sdraiato nel suo letto completamente al sole con febbre alta, lo invitiamo a distendersi sotto il nostro capanno per dargli un minimo di assistenza morale e materiale.
Nello stesso momento si presenta un ragazzo etiope con un bubbolo sul sopracciglio sinistro, fa senso solo a vederlo, con dei gesti chiede aiuto, i due motociclisti del gruppo Lucio e Lorenzo due odontotecnici di mestieri decidono di fare qualcosa, tirata fuori la loro piccola borsa di pronto soccorso dove c'è di tutto compreso dei bisturi monouso, incidono il ragazzo facendo uscire tutto il pus, ripulito e disinfettato a dovere il ragazzo non sa come ringraziare.
Da quel momento in poi la nostra capanna diventa un piccolo ospedale da campo, la voce si è sparsa iniziano ad arrivare varie persone del villaggio con svariate ferite anche gravi, i ragazzi dove potevano intervenivano con successo ma alla fine hanno dovuto dire basta perché erano finite le fasciature e i disinfettanti.
E' stato un bel da fare ma anche un dispiacere trovare tanta povertà da non potersi curare per mancanza sia di servizi che di danaro.
Oggi si parte per la visita del Dallol, un vasto lago salato che con le nostre moto percorriamo a manetta!
Il lago si presenta con uno strato di sale spesso e compatto, in alcuni punti c'è uno strato molle che ci imbratta la moto in tutto e per tutto, correrci sopra è una meraviglia, è di un bianco accecante.
Dopo circa una sessantina di chilometri arriviamo alla meta tanto attesa: il Dallol, una vasta radura dove dei geyser e fumarole con i loro vapori sulfurei formano strane formazioni di varie forme con laghetti dai colori che vanno dal giallo al verde smeraldo, scenario fiabesco e lunare, bisogna stare molto attenti a camminarci sopra saltellando da una incrostazione all'altra tappandosi il naso per non respirare odori nauseabondi.
Ritornati alle moto si riparte per andare a visitare la miniera (a cielo aperto) dell'estrazione del sale.
La visione è fantastica, centinaia o migliaia di persone, solo con delle piccole asce e dei bastoni, frantumano la coltre di sale del lago spessa circa 10 centimetri ricavandone delle forme di piastrelle di circa 40x30 cm.
Tutte queste piastrelle vengono caricate sui cammelli e dopo un lungo viaggio di una settimana è circa 200 chilometri arriveranno nella città di Makallè.
Questo è un lavoro immane che si fa sotto il sole cocente a piedi nudi e con la sola forza delle braccia ed è l'unica occupazione possibile di sostentamento in tutta la regione.
Il pomeriggio si riparte, si lascia la regione della Dancalia per trasferirci a Makallè.
Alla partenza la mia moto non ne vuole sapere di mettersi in moto dopo vari tentativi scopriamo che il piccolo risciacquo che le abbiamo dato per togliere il sale alla ciclistica ha inumidito la bobina, dopo circa un'ora forse per il sole che scaldava o forse per le mie maledizioni ad un certo punto si mette in moto.
La pista è alquanto difficile: si viaggia sul letto del fiume in secca con alcuni piccoli guadi, si inizia a salire di quota e da lì a poco siamo a 1500 d'altezza il clima diventa più fresco e respirabile.
In alcuni tratti del tracciato di montagna la pista diventa quasi una mulattiera le macchine fanno molta fatica e siamo costretti ad aspettarli senza che questo ci annoi, ne approfittiamo a familiarizzare con i locali dei villaggi e a fotografare il paesaggio veramente suggestivo.
Arriviamo nel pomeriggio tardi nel grosso villaggio di Berahle dove per mancanza di ricezione alberghiera siamo ospiti in una scuola messa a disposizione direttamente del sindaco della cittadina.
In serata, dopo aver montato le nostre tende nel cortile, ci prepariamo una cenetta con i fiocchi, sempre diretta dal sottoscritto con l'aiuto di tutti.
Abbiamo diversi ospiti del villaggio che ci osservano, specialmente dei ragazzi che si danno da fare per cercare di guadagnarsi qualcosa, ci vanno a comperare birre e coca cola e alla fine si prodigano a sparecchiare e lavarci le stoviglie, certamente si meritano una piccola paghetta.
La mattina presto raccogliamo le nostre masserizie e prima di partire assistiamo alla cerimonia dell'inizio delle lezioni scolastiche, per noi è una novità (o meglio abbiamo perso le nostre tradizioni) tutti i bambini e le bambine sono messi in fila, maschi da una parte e femmine dall'altra sul piazzale antistante alle aule dove si aspetta che tutti siano al loro posto per assistere all'alza bandiera e cantare l'inno nazionale Etiope.
Una cerimonia veramente toccante siamo rimasti colpiti da tanto ordine e rigore civico.
Finalmente salutati tutti i bambini, maestre e rettore partiamo per riprendere la pista che ci porterà a Makallè.
Il tracciato è tutto di montagna con una visione paesaggistica di gradevole bellezza, si attraversano vari villaggi dove regna una povertà disarmante.
I bambini sono quelli più felici, al nostro arrivo sono festanti chiedono solo penne per scrivere e caramelle.
Siamo pieni di polvere fino al midollo, la pista è molto rovinata e nei tornanti in discesa facciamo fatica a restare in piedi, tanto è spessa la coltre di terriccio e polvere.
Arriviamo a destinazione abbastanza presto, gli ultimi trenta chilometri li facciamo in un batter d'occhio perché finalmente c'è l'asfalto.
Cerchiamo una sistemazione e dopo vari tentativi troviamo un discreto albergo dove possiamo fare un salutare bagno e scrollarci di dosso tutta la polvere accumulata.
Nel cortile dell'hotel possiamo lavare anche le moto con una pompa messa a disposizione dal personale.
La città veramente non offre molto al turista, tranne alcuni ottimi ristorantini dove la sera ne approfittiamo per gustarci una ottima cena locale.
La mattina alla partenza si ripresenta il problema alla mia moto, non ho fatto mente locale che con il lavaggio la bobina creava problemi, così perdiamo un'altra ora prima di metterci in cammino.
La tappa di oggi è la città di Axum.
La strada che stiamo percorrendo è asfaltata, si viaggia sui falsi piani Etiopi dove si raggiunge in alcuni colli quota 3300 metri.
Ci fermiamo per il pranzo nella cittadina di Adrigrat, facciamo uno spuntino con la nostra cambusa direttamente seduti in un bar dove chiediamo di servirci birra, coca cola e the.
Lungo la strada facciamo una deviazione sterrata di circa 15 chilometri per visitare il monastero di Debre Damo; possono visitarlo solo gli uomini, il motivo è che si deve salire legato a una corda per circa 20/25 metri su una rupe di una montagna dove si trova questo fantastico monastero gestito da monaci eretici.
Su 13 persone alla fine siamo saliti in tre: io, Lorenzo e Alberto; gli altri hanno buttato la spugna al primo metro di salita.
Lungo il trasferimento su asfalto foro per la seconda volta la gomma anteriore, non avendo gli attrezzi con me e le macchine non erano nelle vicinanze sono stato costretto a fare circa 40 chilometri con la ruota bucata fino al più vicino gommista dove abbiamo riparato la camera.
Arriviamo ad Axum che è buio, per fortuna via telefono abbiamo prenotato il migliore hotel della città dove troviamo delle camere veramente regali con acqua calda e letti soffici.
La serata la trascorriamo nel ristorante dell'hotel dove festeggiamo il capo d'anno con un bicchiere di cognac.
Oggi dedichiamo la giornata alla visita della città ricca di ricordi storici, il regno Axumita prosperò dal quarto secolo a.c. Fino al settimo secolo d.c. fu un impero potente, vari furono i Re ma il regno che più si ricorda nella storia fu quello della regina di Saba.
Visitiamo proprio la grande piscina della regina di Saba ancora oggi ben conservata, i famosi obelischi o stele alte fino a 33 metri finemente lavorate, ritroviamo al suo posto l'obelisco che dimorava fino a poco tempo fa su una piazza di Roma (bottino di guerra di Mussolini).
La chiesa ortodossa dove vennero incoronati tutti i Re dell'Impero, si racconta che qua si trovi l'arca dell'alleanza dove venivano custodite le tavole dei dieci comandamenti donati da Dio a Mosè.
Questa è una città sotto la protezione dell'UNESCO per la ricchezza storica.
Nel pomeriggio dedichiamo alcune ore alle nostre moto per fare quella manutenzione spicciola come controllo o cambio olio, pulizia o cambio filtro aria, controllo pressione gomme e lubrificare catena di trasmissione.
Partenza di prima mattina, meta di arrivo la cittadina di Debark dove faremo una escursione per la visita al parco nazionale delle montagne Simien.
La strada dopo pochi chilometri diventa pista sterrata, si viaggia su alta quota dai 2500 ai 3400 metri con uno spettacolo paesaggistico veramente di incomparabile bellezza, siamo spesso è volentieri fermi per fotografare ed immortalare lo scenario che ci circonda.
La pista alle volte è veloce e pericolosa altre volte difficile e polverosa, pilotiamo le moto con gusto assecondando la nostra natura endurista cercando di non esagerare con il gas.
Arriviamo alla meta e ci diamo subito da fare per la ricerca di una buona sistemazione, purtroppo gli unici due alberghi decenti sono al completo ci tocca nostro malgrado accettare la peggiore delle sistemazioni, camere fatiscenti senza acqua e servizi interni, per fortuna l'indomani si liberano le camere nell'hotel decente dove possiamo fare anche una doccia.
La mattina presto andiamo subito a prendere posto all'hotel, dove prima di partire per l'escursione facciamo una abbondante colazione.
La pista su per i monti è molto tortuosa e ripida ma molto panoramica, c'è una vista spettacolare sulle montagne che è fantastica e ci soffermiamo parecchie volte per riprendere il panorama con foto e telecamera.
Lungo il percorso incontriamo parecchie colonie di babbuini Gelada, sono scimmie molto curiose, vivono nutrendosi di erba e radici.
Arriviamo fino a quota 4300 metri di altitudine, il fresco anche se la giornata è bella si fa sentire.
Il pomeriggio soddisfatti dell'escursione facciamo ritorno in albergo.
Oggi la nostra meta è il lago Tana con una sosta per visitare la città di Gondar (la camelot Africana) che incontriamo lungo la strada.
Gondar è una città fuori dal comune non sembra proprio di essere una cittadina africana, mura possenti racchiudono palazzi, chiese e castelli in stile medioevo europeo, furono costruiti all'inizio del 1600 Dall'imperatore Fasilide facendone la capitale del regno.
Arriviamo al lago Tana mentre uno spettacolare tramonto tinge il cielo e il lago di un intenso colore rossastro striato da nuvole.
La mattina dopo facciamo un'escursione in barca per visitare dei monasteri che si trovano in alcune isole del lago.
Da un po' di giorni ho un maledetto mal di gola, sto prendendo dell'antibiotico ma continua a tormentarmi, nel pomeriggio mentre tutti gli altri, compresa mia moglie, vanno a visitare le cascate del Nilo azzurro io vado da un gommista a cambiare finalmente la gomma anteriore della moto (con una di scorta portata dall'Italia), dopo appena mezz'ora ero di ritorno in albergo, ne approfitto per mettermi a letto e riposare.
La serata la passo sotto le coperte con una leggera febbre, mia moglie è costretta ad accudirmi portandomi la cena in camera.
La mattina sono fresco e pronto per ripartire, la nostra meta è la città di Lalibela dove ci sono le famose chiese copte scavate nella nuda terra.
Lungo la pista polverosa assistiamo ad un brutto incidente, un pullman pieno di pellegrini locali per scansare un bambino si capovolge su se stesso strisciando sulla pista per oltre cento metri, non sappiamo la conclusione dell'evento ma abbiamo assistito ad urla e feriti.
Arriviamo a Lalibela che ancora c'è il sole alto all'orizzonte, ci sistemiamo in un buon albergo precedentemente prenotato.
La serata la trascorriamo lungo le vie polverose della città, in un buon ristorante gustiamo cucina locale bevendo la solita ottima birra nazionale.
La mattina subito dopo la colazione siamo pronti ad ingaggiare una guida locale che ci farà da cicerone lungo il percorso delle chiese.
Anche qua non sembra di vivere in un paese africano non fosse per altro per la religione cristiana di ceppo copto, tutto ci riporta indietro di duemila anni, sembra di vivere dentro il presepe vivente e di farne parte integrante; tutte le persone donne, uomini, bambini vestono e si muovono con animali come al tempo di Gesù, siamo capitati proprio nella loro festa di Natale che cade il 6/7 di gennaio ed è uno spettacolo fantastico esserci.
Le 11 chiese scavate nella roccia tufacea, costruite senza muratura nè pietre, direttamente modellate dal tufo, sono collegate fra loro da cunicoli, e opinione diffusa che alla loro costruzione parteciparono i famosi cavalieri templari dove custodirono per un certo periodo l'Arca dell'Alleanza.
Tutte le chiese rupestre di Lalibela sono incluse nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.
La visita è stata bellissima, indimenticabile e molto stancante, il caldo è stato opprimente specialmente a stretto contatto con i pellegrini che in molti si ammassavano agli ingressi.
Lasciata la città santa di Lalibela ripartiamo per il viaggio di ritorno che dopo una giornata di sosta lungo il percorso ci porterà alla nostra meta finale Addis Abeba.
Ritorniamo nell'hotel dell'arrivo dove ci sistemiamo per due giorni.
Dobbiamo espletare le pratiche per la spedizione delle nostre moto all'aeroporto.
Arrivati in Hotel sfocia tutta la nostra gioia per aver compiuto la nostra bellissima missione senza nulla di grave per le nostre moto e noi, ma solo divertimento, piacere e gioia di un fantastico viaggio che credo sarà per sempre inciso nei nostri cuori.
Filippo Razza