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La Sardegna è meravigliosa tutto l’anno. Ma nel mese di agosto alcune località sono davvero sovraffollate, a nord come nel centro e sud dell’isola. Stintino, San Teodoro, la Costa Smeralda, Villasimius sono tanto splendide quanto brulicanti di turisti.
Ma non è il caso di disperare. La Sardegna è una regione incredibilmente vasta, con intere zone ricoperte di foreste, sughereti e granito. Bastano poche ore in moto per ritrovarsi immersi nella natura, su spiagge deserte o in borghi dove il tempo sembra essersi fermato tanti, tanti anni fa.
In passato vi abbiamo già descritto la bellezza di questa perla del Tirreno. Quest’anno torniamo a parlarvene per farvi conoscere la Barbagia, un’area molto vasta nel cuore della Sardegna, in provincia di Nuoro.
Al suo interno incontriamo le cime più alte dell’isola, il Gennargentu e il Supramonte. Di fronte a queste maestose formazioni rocciose si apre una delle insenature più suggestive di tutta la Sardegna, il Golfo di Orosei. Questa spazio di mare offre alcune tra le cale e le spiagge più belle di tutto il Mediterraneo (Cala Goloritzè, la grotta del bue marino, Cala Mariolu e tante altre).
Il Supramonte protegge invece i centri abitati di Oliena e Orgosolo, resi celebri da vicende storiche assai diverse tra loro.
Prima di parlarvi brevemente dei posti che visiteremo, vi guidiamo sul nostro percorso. Tre giorni sono sufficienti per apprezzare le meraviglie di mare e di terra (anche a tavola!) di questa area geografica.
Il nostro viaggio inizia da Olbia, divenuta negli anni un fondamentale scalo marittimo e aereoportuale dell’isola. Da qui prendiamo la superstrada in direzione di Sassari, che lasceremo presto (all’altezza di Monti) per imboccare la magnifica strada statale 389.
Superiamo Buddusò e facciamo una sosta per ammirare il complesso nuragico di Loelle. Facile da trovare, è imponente oltre che ben conservato e dà una chiara idea della struttura difensiva, fortificata tipica della civiltà nuragica (in Sardegna sono presenti oltre 7.000 nuraghe).
Raggiungiamo i centri di Bitti e Orune, in pochi minuti arriviamo a Nuoro. Saltiamo la città (meriterebbe una sosta di almeno due giorni, tanti sono i segni del passato qui custoditi. Abitata sin dal Neolitico, presenta importanti reperti di epoca nuragica e romana).
Le nostre mete sono infatti Orgosolo e Oliena. Seguiamo le strade provinciali prima 45 e poi 58 e saliamo sulle montagne del Supramonte per raggiungere il primo dei due paesi.
Poche popolazioni in tutto il Mediterraneo seppero opporsi con pari fierezza all’espansione dell’Impero Romano. Pensate che tra queste ci fu quella che abitava duemila anni fa la Barbagia. È questa una delle ragioni che spiegano la vastissima presenza di reperti nuragici e la quasi totale assenza di presenze architettoniche di epoca romana a Orgosolo. I suoi abitanti, arroccati tra le rocce a oltre 600 metri sul livello del mare, seppero opporsi alle invasioni dal continente. Nei secoli successivi l’economia locale continuò a vertere sulla pastorizia e su un’agricoltura di sussistenza, che di fatto isolarono la popolazione dagli scambi commerciali sempre più fiorenti nell’area mediterranea. Il paese non si è ancora aperto del tutto al turismo, ma le sue tradizioni attirano sempre più visitatori, anche dall’estero.
Nel centro storico si contano infatti oltre 200 murales, che raccontano diverse vicende nazionali e internazionali (meno, purtroppo, quelle locali coperte ancora oggi da un’evidente omertà sociale) e diverse chiese. A metà agosto si svolge la festa di Nostra Sennora de Mesaustu, durante la quale si possono ammirare i costumi locali e l’abilità equestre degli orgolesi.
I vari siti dedicati al turismo non ne parlano volentieri; ci pensiamo noi a ricordare ai lettori che Orgosolo è stato per anni considerato il fulcro del banditismo sardo e teatro di faide risolte nel sangue. Di Orgosolo è Graziano Mesina, il più conosciuto bandito sardo, responsabile di omicidi e di sequestri di persona.
Oggi le nuove generazioni hanno decisamente voltato pagina e si sono aperte al mondo; ci pare però doveroso ricordare il passato burrascoso di questo centro, anche in segno di rispetto per la memoria dei Servitori dello Stato dei Carabinieri e della Polizia di Stato che nel dopoguerra hanno perso la vita su queste montagne.
Da Orgosolo prendiamo la strada provinciale 22 che ci porta a Oliena. Su questo tracciato sono ancora ben visibili le tracce della terribile alluvione del 2013, che ha distrutto ponti e terreni coltivati.
Oliena ha un centro ben conservato, con tante case vecchie molto curate, realizzate in pietra e spesso con un bel cortile interno (la corte) con al centro il pozzo. Ci sono diversi murales che mostrano scene di vita quotidiana.
Nell’alto medioevo Oliena ospitò un importante convento di padri gesuiti, che si dedicarono all’educazione dei bambini di ogni ordine sociale. Questo spiega anche la presenza di molte chiese, sorte anche in epoca successiva.
Da Oliena partono diverse escursioni sul Supramonte; tra queste in particolare vi consigliamo quella alle sorgenti di su Gologone. Il paese è circondato da vigneti e allevamenti di ovini e caprini, ma è anche noto per l’artigianato.
Qui si realizzano infatti gli splendidi costumi tradizionali che vengono poi usati durante la festa di San Lussorio del 21 agosto dai giovani del paese, preceduti dal corteo composto da decine di cavalieri. Vi consigliamo anche di provare la cucina tipica, ottima ad esempio quella del ristorante Sa Corte, che offre i prodotti tipici di questa terra.
Per due giorni abbiamo respirato i colori caldi della macchia mediterranea e assaggiato i sapori di terra del nuorese. Oggi cambiamo completamente destinazione e volgiamo la nostra BMW R1200GS in direzione del mare, per raggiungere una delle spiagge più belle del mondo, Cala Goloritzé nel Golfo di Orosei. Da Oliena pieghiamo prima verso Dorgali e poi, sulla strada statale 125, in direzione di Baunei. Piegare è la parola giusta, ci aspettano infatti tante di quelle curve da avere il mal di moto!
La strada – come in tutta la Sardegna a dire il vero – è una meraviglia per il grip e per le traiettorie, che paiono disegnate all’interno di un autodromo da tanto sono perfette e ben raccordate.
Arrivati a Baunei, svoltiamo a sinistra e ci inerpichiamo su per il pianoro del Golgo. Da qui parte il sentiero escursionistico che ci porta alla cala, meta della parte conclusiva del nostro viaggio.
La spiaggia si è formata in seguito alla vasta frana del 1962, è dominata dal pinnacolo alto 143 metri che ospita diversi arrampicatori durante tutto l’anno. In un anfratto tra le rocce c’è persino una sorgente d'acqua dolce che sfocia in mare. Goloritzé è raggiungibile via mare o per mezzo di un sentiero che dall'altopiano del Golgo giunge alla cala. In circa tre chilometri di cammino si copre un dislivello di 470 metri; ci vogliono un’ora e mezza ad andare e due a tornare. Durante il cammino si incontrano ovili in pietra e una ricchissima fauna; abbiamo incrociato alcuni mufloni, capre selvatiche e persino le volpi (se tornate dopo il tramonto). È un’escursione che vi consigliamo, ma non è una passeggiata.
Ci vogliono scarpe da trekking e una buona riserva d’acqua. Ma ne vale assolutamente la pena, scoprirete uno tra gli angoli più belli e selvaggi della Sardegna e attraverserete una foresta primaria in cui riposarsi all’ombra di lecci secolari.
Cala Goloritzè è stata dichiarata Monumento Nazionale Italiano nel 1995.
In questo servizio abbiamo utilizzato la BMW R1200GS del 2014. La maxi tedesca si è rivelata comoda anche col passeggero e la borse laterali piene grazie alla regolazione elettronica delle sospensioni offerta dal sistema ESA.
Divertente anche in due tra le curve, ci ha regalato prestazioni maiuscole e un grande comfort di marcia. Complessivamente abbiamo percorso 3.500 km (l’abbiamo usata anche per andare al raduno internazionale di Garmisch) con un consumo medio più che valido, pari a 19,8 km/l ottenuto sfruttando spesso le prestazioni del motore boxer. Quest’ultimo, forte di 125 cavalli, conferma la poderosa coppia ai medi regimi e l’allungo sportivo dell’ultima versione con raffreddamento a liquido. Il cambio è preciso, ma piuttosto rumoroso negli innesti. Ovviamente non è una moto da enduro, ma ci ha accompagnati senza problemi su numerosi sterrati sconnessi senza battere ciglio e incassando dei bei colpi.
Come avrete notato nelle foto, nel mese di agosto abbiamo eliminato dalla moto il cupolino. Certo, la protezione dall’aria è diminuita paurosamente, ma volete mettere il piacere di prendere il vento in faccia almeno in piena estate?