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In Brasile la chiamerebbero saudade. Annoiata come un decadente Baudelaire, la stagione dopo l'EICMA è soltanto un'attesa, le moto in garage, i giri brevi, i raduni invernali – Fleurs du Mal – a dare uno scossone ogni tanto. Sì, gli amici: ma non tutti quelli cui ho raccontato l'urgenza di tornare sull'Isola hanno creduto alla mia buona fede e molti hanno liquidato la mia affezione a quella macchia scura tra Irlanda e Inghilterra come una semplice voglia di un altro giro al parco giochi tra il Grandstand e Port Enrin.
Pochi hanno realmente compreso che quel viaggio di 3.500 km per tratta per me è un'esperienza totalizzante, l'arrivo sull'Isola di Man un traguardo e tornare a casa dopo 10.000 km di giro per mezza Europa un'accettabile compromesso per riuscire ad arrivare al prossimo EICMA nell'attesa che lo spleen prenda il sopravvento. E ripartire prima possibile. Non più veloce, ma più lontano (semicit. Motoreetto).
C'è chi in moto, da solo, si annoia. Il mio bravo collega Renè pochi giorni fa mi ha chiesto a cosa penso quando sto in moto per ore e ore, magari in autostrada. Semplicemente sto con me stesso e non ho molto da dirmi. Mi annoio, e la cosa mi piace parecchio specie quando ogni giorno vivo in un continuo flusso dopaminico che assalta alla gola il gusto per la noia e per la lentezza.
Così l'autostrada, ce n'è tanta da fare se parti da Catania, non fa paura e se arrivare a Douglas è il coronamento di un piccolo, modesto, sogno, farlo più volte a distanza di anni può sembrare accanimento. La piccola città sul mare che fronteggia l'Inghilterra ha qualcosa di mistico, presa tra le due punte del golfo che si guardano, nostalgiche anche loro. Da una parte la statua di Steve Hislop, dall'altra il porto e la “Head of Douglas”, al centro la Promenade e poco più alle spalle Glenclutcherry Road dove si apre e si chiude ogni giro del Tourist Trophy.
Da quasi ogni angolo di questa parte della città puoi sentire i motori delle moto che scollinano sul dosso poco dopo la partenza, il picco nella compressione di Bray Hill e l'allungo su Ago's Leap e quello che in ogni altra parte del mondo sarebbe a dir poco strano, qui è regola, consuetedine, e forse ad attrarmi sull'Isola è questa incomprensibile forma di realtà parallela che mescola in apparente scioltezza i paesaggi aspri, il vento, i rumori delle gare e il permanente clima d'attesa di qualcosa di epico che sta per accadere. Non riesco a staccarmene, nemmeno mentalmente: per chi come me ama le moto, le gare e la storia della moto, vivere un paio di settimane sull'Isola di Man è un'esperienza capace di imprimere una direzione ai pensieri per tutto il tempo che separa dalla prossima – auspicata – partenza.
C'è sempre qualcosa da scoprire sull'Isola, almeno dal mio punto di vista e la cosa mi sorprende perché io sono abituato a spazi e luoghi non meno belli, più caldi, più vari. Ma se te ne fotti del suo meteo che quest'anno ha stravolto il calendario del TT e del Manx GP, se riesci a vedere il rito oltre il semplice evento sportivo, se riesci a godere del fatto che sono loro a rischiare e non tu, se nel tratto tra Ramsey Hairpin e Creg-ny-baa libero da vincoli, limiti e velocissimo riesci a divertirti senza pensare nemmeno lontanamente di provare un 5% di quello che provano i piloti quando il freddo della Montagna li gela per una quindicina di chilometri, se riesci a svegliarti ogni mattina alle 5 per fare l'ennesimo giro del Circuito prima che venga chiuso, se – inoltre – ami andare al Chasm e perderti tra le pecore e la panchina nascosta che è dedicata a una delle ultime persone dell'Isola che ne parlava la lingua nativa, allora l'Isola ti ha già stregato. E tu non puoi più farci nulla.
Su come arrivare all'Isola di Man in moto abbiamo già dedicato un video che trovate nella nostra sezione dedicata agli abbonati, quindi vi risparmio i dettagli di come/cosa/dove.
Io penso che tra i tanti possibili itinerari quello francese sia il più razionale. Magari, se potete, evitate di prendere un febbrone come ho fatto io, mentre la visita a Clermont Ferrand e all'Aventure Michelin è una di quelle cose che potrebbero stupirvi per l'ampiezza della storia che ci sta dentro.
500/600 chilometri al giorno, non di più: questo è il mio passo per cercare di gustarmi il viaggio ogni giorno e mi dispiace da morire che nel video non troverete alcune di quelle cose che mi hanno scavato il cuore ma non sempre la telecamera è accesa, talvolta per caso altre perché è meglio così.
La prima cosa che mi piace ricordare è l'invito di un amico inglese a prendere il the a casa sua. É una persona coinvolta nel TT, ci scambiavamo messaggi prima e durante i primi giorni del mio viaggio. Si preoccupava che fosse tutto ok, poi ho preso la febbre a 40° e per un po' di giorni non ci siamo sentiti. Mi chiama preoccupato mentre sto per prendere l'Eurotunnel e mi chiede qual è la mia prossima tappa. Io gli rispondo che l'indomani sarò a Bournemouth perché uno dei miei sogni è andare al Sammy Miller Museum e conoscere Mr. Miller (trovate il video su Moto.it, ovviamente). Lui mi dice “io abito a metà strada. Vieni da me per il the delle 5?”. Massì, chi se ne fotte della tabella di marcia: così mi perdo per mezza giornata nella campagna inglese e faccio una delle più belle esperienze motociclistiche della mia vita. Anche dal punto di vista umano.
La seconda è quasi da film: autostrada inglese, limite di 70 miglia all'ora, io vado a 50 in corsia centrale. Mi si pianta alle spalle un camion gigantesco, a una ventina di metri. Piove, porco cane. Guardo spesso negli specchietti, dopo mezz'ora è ancora lì e pare seguirmi quando entro in una stazione di servizio dove parcheggio e lascio scolare l'acqua dalla tuta antipioggia. Il camion mi parcheggia accanto, il conducente viene da me e mi chiede se parlo inglese “non puoi andare così piano in corsia centrale, rischi grosso. Mi sono messo dietro di te per proteggerti, vai più forte o stai a sinistra!”. C'è ancora da avere fiducia nel mondo.
La terza è accaduta all'inizio del viaggio: ho trovato la mia Honda CBR650R a terra in un parcheggio. Carenatura sinistra rotta, manubrio storto, leve, ecc. Dopo aver ottenuto il daspo permanente dal paradiso ho cercato in tutti i modi di riparare la moto e devo dire grazie a due concessionari Honda che si sono rivelati fondamentali per poter continuare il viaggio: Valentino Racing e Firenze Motor. Grazie a tutti e due, perché altrimenti sarebbe stata una bega, e grazie ovviamente a Honda Italia.
Per il resto vi lascio al video. Alla fine ho fatto quasi 10.000 chilomentri perché la CBR650R l'ho presa a Milano e l'ho portata a Catania per un tagliando, poi sono partito come al solito soltanto con un'idea di massima dell'itinerario da seguire che poi è diventato il proving ground per il long test della moto, delle Michelin Power 6 e dell'equipaggiamento SW-Motech, lo trovate sempre su Moto.it.
Adesso EICMA è finita, io sono tornato a guardare il calendario e a sperare di approdare sull'Isola di Man in moto anche nel 2025; sono in piena saudade davanti a questo pc mentre guardo il video di questo viaggio: un video incompleto, parziale, a tratti caotico che spero comunque spinga qualcun altro a fare lo stesso o perlomeno a godersi la moto e la strada, non importa il luogo di partenza e tutto sommato - fidatevi - nemmeno quello d'arrivo. L'importante è che sia l'Isola.