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Dal 2010 si corre a Silverstone, dopo tanti anni di gare a Donington, indimenticabile, tra l’altro, per l’errore nel 1993 al primo giro di Mick Doohan, che travolse Kevin Schwantz alla variante dopo il ponte Dunlop; per la prima vittoria in carriera nel 2000 in 500 di Valentino Rossi; per il primo (e per ora unico) successo nel 2009 di Andrea Dovizioso in MotoGP. A Silverstone, fino a oggi, il protagonista indiscusso è stato Jorge Lorenzo, capace di vincere tre dei quattro GP disputati su questo tracciato, anche se Marc Marquez, nella passata stagione, gli contese il successo fino all’ultima curva nonostante una spalla lussata nel warm up. Ma lo storico circuito britannico, che dal 2016 verrà sostituito da una nuova pista in Galles, mi fa venire in mente soprattutto il terzo posto di Ben Spies nel 2010, dietro un imbattibile Lorenzo e a un velocissimo Dovizioso.
Per Spies fu il primo podio in carriera nella MotoGP e sembrava il preludio di grandi risultati: un terzo posto, tra l’altro, ottenuto con la Yamaha “clienti” del team Tech3, quindi ancora più di valore. Invece, purtroppo, Ben poi si è perso, incapace di ripetersi costantemente ad altissimi livelli, fino al ritiro anticipato nel 2013 per i postumi di uno dei tanti infortuni subiti. Il suo curriculum parla di sei podi e una sola vittoria, ad Assen nel 2011, e una solo sfiorata, sempre nello stesso anno, a Valencia, quando venne beffato proprio sul traguardo da Casey Stoner, che sfruttò al meglio la grande accelerazione della sua Honda. Sei podi in MotoGP non sono nemmeno così pochi in assoluto, lo sono considerando la classe e le capacità di Spies, arrivato in MotoGP dopo aver vinto al debutto il mondiale SBK nel 2009, senza conoscere gran parte delle piste. Un’impresa straordinaria e da libro dei primati, che però è rimasta isolata. Perché? Difficilissimo trovare una ragione, considerando che Ben è stato – senza dubbio – il miglior pilota, quello con maggiore talento, passato dal mondiale per derivate dalla serie a quello prototipi.
Certamente, Spies è stato gestito male e non si è mai integrato nell’ambiente della MotoGP: timido e riservato al limite della maleducazione, incapace di avere un qualsiasi tipo di rapporto al di là degli uomini del suo box (pure loro piuttosto scontrosi), in soggezione di fronte all’ingombrante madre. C’è un po’ di tutto questo nella mancanza di risultati di Ben, “calimero” fino a sfiorare il vittimismo, convinto che tutto il mondo della MotoGP fosse contro di lui, nonostante la possibilità – conquistata con merito sul campo – di correre con la M1 del team ufficiale nel 2011 e nel 2012. Ma il confronto con il compagno di squadra, Jorge Lorenzo, è stato spietato e quello che doveva essere il nuovo americano capace di ripetere le imprese dei grandi del passato, si è purtroppo trasformato in un pilota come tanti, una meteora che, perlomeno in MotoGP, non ha quasi lasciato traccia. Ma quel podio di Silverstone del 2010 rimane una gran bella prestazione.