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GP INDIANAPOLIS: fascino, tradizione, cultura motoristica. Solo la pista non è bellissima, ricavata in qualche modo all’interno del famoso catino della 500 miglia automobilistica. Per la verità, non mancano i punti interessanti, come la curva numero cinque, una sinistra velocissima da pelo, o come la parte finale, dalla 10 fino alla 16, la sinistra che immette sul rettilineo dei box. Ma i tracciati europei (o anche Laguna Seca) sono un’altra cosa. Arrivare a Indianapolis fa comunque sempre un certo effetto, anche dopo sette anni: all’ingresso, una scritta annuncia pomposamente “ben venuti nella capitale mondiale delle corse”, poi c’è la famosa “brickyard”, la striscia di mattoncini che ricorda come era fatto il circuito una volta, poi ci sono le tribune immense da quasi 400.000 posti. Insomma, si respira la passione ed è già una bella cosa.
Il ricordo più bello, però, non è legato al GP, ma a un’esibizione di Kenny Roberts (papà, naturalmente…), che nel 2009 tornò in sella alla Yamaha TZ750 (in realtà una 700 cc) da dirt track, con la quale corse e vinse in passato. Un “mostro” indomabile, ma che Kenny ha guidato facendo impazzire di entusiasmo il pubblico che ogni anno riempie la pista di dirt track a una ventina di chilometri dall’Indianapolis Motor Speedway. Quel giorno, anche Valentino Rossi avrebbe dovuto guidate la “belva”, ma dopo aver visto Roberts derapare e metterla di traverso come fosse un “Ciao”, Rossi disse: «Non posso salire dopo Kenny, farei solo una brutta figura» ammise ironico il nove volte iridato, anche lui incredulo di fronte ai “numeri” del grande Kenny. Che meraviglia: ecco un episodio che mi fa dire con orgoglio: «io c’ero»!
Per quanto riguarda le gare, sicuramente particolare quanto accaduto nel 2008, quando il GP di Indianapolis venne travolto da una tromba d’aria e d’acqua che portò all’annullamento della gara della 250, mentre la MotoGP venne salvata grazie all’intervento di macchinari speciali per asciugare il tracciato, a conferma di una organizzazione impeccabile. Anche la MotoGP, per la verità, venne interrotta in anticipo a causa di un nuovo acquazzone, con Rossi primo sotto la bandiera a scacchi: rimane l’unica vittoria e, per la verità, anche l’unica buona prestazione di Valentino su questo tracciato.
Da ricordare anche quanto successo nel 2012: in qualifica, Stoner, che stava dominando, cade e si rompe un piede, ma la domenica corre e conquista un quarto posto “storico” per le sue condizioni. Con quella caduta, però, di fatto Casey mette fine alle possibilità di riconfermarsi campione.
Nel 2013, purtroppo, è Ben Spies a cadere, appena tornato in sella: una scivolata con ripercussioni sulla spalla già operata e che, purtroppo, ha messo fine alla carriera di un pilota di grandissimo talento, purtroppo mai espresso in MotoGP.
Per il 2014, il tracciato di Indianapolis è stato completamente riasfaltato («era il peggiore in assoluto, adesso, pare, che siano state usate macchine e materiali a livello europei» spiega Rossi) e anche ridisegnato in alcune curve. «Sono state modificate la 2, la 3 e la 4, adesso più tonde e adatte alle moto, ed è stata cambiata anche l’ultima variante (quella che immette sul rettilineo): non dovrebbe più essere da prima, ma da seconda marcia», spiega Valentino.