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«Nel mio lavoro nel mondo del motociclismo, mi sono sempre alleato con chi tentava di vivere la vita, piuttosto che sfuggirla». Fu questo il primo insegnamento ricevuto da Claudio Costa quando vide in me, al di là delle capacità di fisioterapista, uno che amava mettere tutto se stesso nel massaggiare premuroso i piloti di moto, nell’imparare a bendare le loro particolari ferite, nel fremere vedendoli correre, nel commuoversi di gioia vedendoli tornare dopo una coraggiosa impresa.
Che fossero stati grandi esempi di sport e grandi esperienze professionali da sfruttare in futuro ben poco m’importava, quel che di più cercavo nell’intraprendere quella grande avventura da terapista innamorato del motociclismo era poter fare al meglio ciò che più di ogni altra cosa mi sentivo capace, usando ogni energia e tutta l’arte possibile per guadagnare quante più emozioni potevo.
Il Dottor Costa da quest’anno non è più operativo come prima sui circuiti di velocità. Ha preso la dura decisione di riposarsi e, con i migliori auspici, ha lasciato in altrui fidate e responsabili mani la sua più amata creatura, la Clinica Mobile, quella che amava anche chiamare “casa dei piloti”. Per non rischiare di vederla scomparire in questa nuova esasperata era del motociclismo l’ha lasciata andare, libera di vivere una seconda vita senza di lui. Un distacco difficilissimo che solo chi ne ha vissuto la storia può provare a comprendere.
Ma non si pensi che Costa e le sue emozioni siano in esilio dalle corse, che non siano solo un infinito ricordo prigioniero fra il circuito di suo padre Checco e la favolosa valle del Santerno, nella bella Imola dove da sempre vive. Io, che già da qualche anno mi sono dolorosamente staccato dalla clinicamobile e che in altra maniera ho poi continuato a viaggiare senza di essa seppur con lo stesso spirito di un tempo, so che certe irripetibili gesta, certe straordinarie emozioni che solo Claudio poteva scatenare, sono indelebili ovunque lui sia passato, ovunque lui abbia trascinato la sua carovana, ovunque lui l’abbia condotta, verso un porto certo o un folle miraggio, ovunque ci abbia permesso di vivere sognando.
Non molto tempo dopo averlo conosciuto, ancora "in prova" fra la gloriosa clinica 3 e la 4, durante un'indimenticabile Superbike a Brands Hatch, con il suo fare molto più rude di adesso, mi disse: «Francesco, non m’interessa più giudicare quanto tu sia valente come terapista, vedo i tuoi occhi e so che sono giusti, tu servi la mia creatura con lo spirito con cui l’ho creata e fai contenti i miei piloti, e questo a me basta per continuare insieme … se vorrai». Era il 2000. Oggi, io, che non sono mai stato in grado di giudicare quanto lui fosse valente come medico, posso solo dire con sincera certezza che Costa è stato ben di più che ‘dottore’. Perché al di là delle sue grandi intuizioni ortopediche, oltre le esperienze e gli insegnamenti che altrove non avrei mai ricevuto, ha fatto felici tanti inguaribili sognatori come me oltre che tantissimi piloti e campioni di cui ha scritto la storia. Credo proprio che questo possa bastare, a tutti.
Potrei spiegare certi fatti e raccontare tanti inediti episodi per dar maggior valore a tutto questo, ma non credo ce ne sia bisogno, non c’è nulla da dimostrare. Né forse sarei in grado a parole di darne la giusta impressione.
Scienza e natura, ragione e follia, vita e morte si sono sempre incontrate e scontrate con Claudio
Scienza e natura, ragione e follia, vita e morte si sono sempre incontrate e scontrate con Claudio, un vulcano di idee sempre in eruzione con cui era inevitabile bruciarsi. Ma cosa c’è di più bello nella vita che impegnare ogni risorsa e ardere di passione per inseguire il richiamo che si sente più forte? In tutto il tempo in cui ho avuto la possibilità di seguirlo non è passato giorno in cui non abbia rammentato il completamento di quel primo insegnamento «Perdere una vita spesa bene è una fatalità naturale, perdere una vita non vissuta è un peccato mortale».
Claudio Costa non è mai stato un centauro, ma come nessun altro ne conosce lo spirito. E anch’io da troppo tempo ormai non posso più definirmi un motociclista. Ma con Claudio ho condiviso e vissuto e amato così tanto questo sport da spingerci davvero sempre al limite in ogni azione, talvolta oltre, laddove forse, dedicandosi troppo, si è caduti nelle contraddizioni e soprattutto in quelle incomprensioni che feriscono l’anima. E l’anima, a differenza delle ossa, guarisce ahimé molto più difficilmente. Forse anche per questo, tutta quella gloriosa storia ha avuto una fine.
Sarebbe bello poter rivivere tutto ma dalla vita non si può pretendere tanto e forse è giusto così dal momento che finora l’abbiamo comunque spesa bene … Anche perché ultimamente, per il Dottor Costa e quelli come me, il mondo del motociclismo è cambiato troppo. Se nel mio piccolo cerco ancora di far valere quei preziosi insegnamenti è solo per provare a far convivere il mio lavoro con il bene che provo nei confronti di chi lo faccio. Ma adesso, onestamente, senza Costa, comincio davvero a sentirmi davvero piuttosto solo in questo paddock.
Francesco Chionne (Fisioterapista nel Motomondiale)