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SILVERSTONE – La cultura del sospetto questa volta colpisce le gomme. Non è certo una novità: da sempre, da quando esistono le corse, gli pneumatici vengono spesso indicati come la causa principale dei risultati – negativi o positivi – di un pilota. Del resto, le gomme sono importantissime, fondamentali, fanno e faranno sempre una grande differenza. Ma da qui a dire che la Bridgestone favorisca apposta questo o quel pilota, ce ne passa. Non solo è sbagliato ipotizzare un simile comportamento, ma per quanto mi riguarda è piuttosto triste e avvilente: bisogna sempre cercare una scusa, un motivo per spiegare una prestazione buona o cattiva che sia. Così se Marquez vince è merito delle gomme fatte apposta per lui (o di torsiometri o aggeggi vari) e non del suo enorme talento, se la Yamaha non va è perché la Bridgestone vuole favorire le Honda, non perché è stata sbagliata la messa a punto. Incredibilmente, però, allo stesso modo, se Marc non ha trionfato a Brno è perché la Bridgestone ha voluto farlo perdere.
E’ certamente vero che, rispetto a un paio d’anni fa, non c’è più lo stesso livello qualitativo: il monogomma, inevitabilmente, ha ridotto gli investimenti e purtroppo capita sempre più spesso che un pilota si trovi a utilizzare una copertura non efficace come dovrebbe, «meno performante» per dirla con il gergo del paddock. Ma non c’è nessuna volontà della Bridgestone nel favorire questo o quel pilota, perché dall’inizio del 2014 un po’ tutti si sono lamentati di essere incappati in una gomma più o meno difettosa: è accaduto a Rossi, a Lorenzo, a Pedrosa, a Dovizioso, a Iannone, a Bradl e, pare, anche a Marquez, tanto per citare i nomi più famosi, ma è sicuramente successo anche a tutti gli altri.
Le Bridgestone sono gomme eccellenti, dalle prestazioni esagerate dal primo all’ultimo giro, ma hanno perso qualità a livello costruttivo
«A Brno siamo andati bene fino al warm up e poi di nuovo forte lunedì mattina, ma non in gara: crediamo che il problema fosse la gomma posteriore, ma è chiaro che ha inciso anche la messa a punto, sicuramente non perfetta» ha ripetuto più volte qui a Silverstone Marc per analizzare l’opaco quarto posto nel GP della Rep. Ceca. Non dovrebbe accadere, ma, purtroppo, succede quando fai le cose al risparmio: le Bridgestone sono gomme eccellenti, dalle prestazioni esagerate dal primo all’ultimo giro, ma hanno perso qualità a livello costruttivo e capita di trovare una gomma “fallata”.
Qualche appassionato, dopo le pessime prestazioni di ieri della Yamaha, ha tuonato: «la Bridgestone vuole favorire la Honda». Niente di più falso e basterebbe avere la possibilità di vedere come lavorano i giapponesi per capire che non c’è niente di più lontano dalla mentalità e dal modo di agire di Hiroshi Yamada, numero uno della Bridgestone, e dei suoi tecnici. A parte che le coperture – da quanto esiste il monogomma – vengono sorteggiate, ma, soprattutto, i tipi di gomme e mescole da portare nei vari circuiti vengono decise con mesi di anticipo, in base a un sacco di dati della stagione precedente (temperatura, durata, prestazioni, problemi emersi e così via), quindi non per assecondare le prestazioni momentanea di questa o quella Casa. Nella prima giornata di prove del GP di Gran Bretagna, la Yamaha ha faticato oltre ogni aspettativa, per colpa, soprattutto, delle gomme, come ha sottolineato e rimarcato Jorge Lorenzo: «Rispetto all’anno scorso sono cambiate le Bridgestone: qui sono le stesse dei primi GP del 2014, con le quali la M1 non funziona». La causa, quindi, è precisa, ma Jorge non ha mai detto – e non l’ha mai nemmeno pensato – che la Bridgestone l’ha fatto apposta per favorire la Honda. «Dobbiamo lavorare sulla messa a punto per riuscire a farle lavorare» ha aggiunto Jorge. E così è stato: nelle FP3, Rossi è risalito al quarto posto a 0”337 da Marquez e Lorenzo al quinto a 0”453, con Pedrosa solo un decimo più veloce di Valentino. E’ chiaro che non c’è nessun complotto? Basta con la cultura del sospetto, non se ne può più.