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Dakar, 19 Gennaio 1997. Solo qualche anno prima, era il 1993, la Dakar aveva toccato il fondo, rischiando di sparire dal romanzo dell’Avventura che essa stessa aveva ispirato. Dai cinquecento partenti la “ciurma” si era vista ridotta a poco più di 150 “sopravissuti” e a guidarli per l’ultima volta era Gilbert Sabine, il padre dell’inventore della Maratona, Thierry, in un clima di vero e proprio sbando.
Ora le cose sono cambiate. ASO ha acquistato il “business” e aperto le porte alla sperimentazione. Ha affidato la direzione del Rally prima a “Fenouil”, l’organizzatore del Faraoni, poi a Hubert Auriol, uno dei suoi eroi più rappresentativi. Ha cambiato regolamenti e ideato nuovi percorsi. Questa del 1997 diventa subito un’edizione speciale, la prima nella quale si torna a respirare un’atmosfera ottimisticamente “definitiva”.
1997. Parigi non è più così ospitale con l’Avventura cui ha dato origine e nome, e così la Francia. Le partenze saranno spostate sempre più a Sud fino in “Iberia”, e per l’occasione l’intera Corsa viene tracciata in Africa. Dopo la visionaria Parigi-Le Cap e la folle Parigi-Dakar-Parigi del 1994, è la volta della Dakar-Agadez-Dakar. Dall’inverno europeo dritti nella fornace africana, 8.000 chilometri, di cui 6.500 di Prove Speciali, Ovest-Est-Ovest attraverso Senegal, Mali, Niger e deserto del Ténéré, ancora Mali, Mauritania, Guinea, Senegal.
Per rendere più equilibrata la Corsa delle Auto, un nuovo regolamento esclude i prototipi T3. È un po’ quello che potrebbe accadere quest’anno se la FIA decidesse di penalizzare le 2 ruote motrici sacrificando le altrimenti imbattibili Peugeot. Comunque, Citroen diserta la Maratona che, ad eccezione di un paio di occasioni, ha “geneticamente” dominato per dieci anni. Non dimentichiamo che le ZX derivano dalle leggendarie Peugeot 205/405. Si aprono coì le porte a nuovi scenari, occupati da Mitsubishi ma anche dal perseverante Jean-Louis Schlesser con i suoi Buggy. Tra le Moto la partecipazione è d’eccellenza con Yamaha, Cagiva e BMW, e la prima squadra KTM in configurazione “Armata” con ben 8 Piloti tra Ufficiali e Assistiti speciali. Il problema della Squadra trascinata dalla smisurata passione di Heinz Kinigadner è sempre lo stesso, come una spina nel fianco. Da un po’ di tempo, passata l’era Honda, quando non vince Yamaha è Cagiva, e quando non è Peterhansel è Edi Orioli, che riesce addirittura a vincere con entrambe le Marche.
Purtroppo, dopo appena tre tappe l’”Armata” è ridotta a un plotone, con molte meno velleità e senza poter più contare sulla forza dirompente di Kinigadner, Sainct e Laporte, tutti ritirati per problemi meccanici o incidenti. Fuori Meoni, rotto il motore di Magnaldi e caduto Arcarons, delle KTM ufficiali solo quella di Jimmy Lewis arriverà sulla spiaggia del Lago Rosa. Oggi sembra strano parlare così della Marca che domina ininterrottamente da sedici anni, ma prima del 2001, anno della consacrazione del mito indimenticabile di Fabrizio Meoni, c’è stata “una volta” che il progetto basato sulla tenacia di Kinigadner sembrava faticare per niente. Sembrava che non potesse mai farcela.
Comunque, a metà Corsa gli incastri del destino sembrano già abbondantemente disegnati. Stephane Peterhansel ha già vinto sei volte, contro l’unica di Sotelo e di Magnaldi, ed è largamente in testa. Stessa cosa nella Gara, più animata in verità, delle Auto. Hanno vinto Fontenay, Schlesser, Saby e Shinozuka, e in testa c’è il giapponese. Semmai sta per succedere un evento ritenuto impossibile. Il giorno dopo, sul “volatone” di quasi 500 chilometri di Speciale della Agadez-Oclan, per la prima volta nella Storia della Dakar vince una donna, l’ingegnere ed ex motociclista Jutta Kleinschmidt. Attimo di panico per J-L Schlesser: ha vinto il suo Buggy, è vero, ma pilotato da una… donna! Ma il Pilota-Costruttore scherza, finge di “arrendersi” all’evidente impossibilità di cambiare il corso della storia e festeggia il record.
Fontenay passa al comando su una foratura di Shinozuka ma alza il piede, e lo stesso fa Saby, per far passare il compagno di Squadra. Shinozuka torna subito in testa. Fontenay vincerà l’anno successivo, ora c’è un nuovo record in vista. Anzi due.
Infatti. Sulla Spiaggia del Lago Rosa vince per la prima volta un Pilota Giapponese, Kenjiro Shinozuka, su un’auto giapponese, Mitsubishi, con al fianco un Navigatore… francese, il compianto Henri Magne. Vince anche un Camion giapponese, l’Hino, ma guidato da un ingegnere austriaco, Peter Reif. Tra le moto Stephane Peterhansel si impone con oltre due ore di vantaggio su Oscar Gallardo. Terzo è David Castera, poi ex Direttore Sportivo della Dakar e ora Navigatore sulla Peugeot 3008 DKR di Cyril Despres.
Il successo di Peterhansel è un record anch’esso, eguagliato. Cinque volte ha vinto Cyril Neveu dal 1979 al 1987 (sono passati dieci anni) con Yamaha e Honda, cinque volte vince “Peter”, dal 1991 al 1997 sempre con la Yamaha del leggendario Patron J-CO, Jean-Claude Olivier. L’anno successivo “Monsieur Dakar” vincerà per l’ultima volta in moto, scrivendo un nuovo record tutt’ora imbattuto prima di mettere mano alla “pratica” delle sette vittorie in Auto, a quanto pare di là dall'essere chiusa!
L’edizione 1997 della Dakar è conclusa, 58 moto su 126 partite, anche dagli Italiani Maurizio Sanna, primo dei nostri, Fumagalli, Chemello, De Megni, Vicini, Giulio Verzeletti (l’”odierno” PanDakar) , Stefanini.
Poco dopo la conclusione della Dakar incontro e conosco un signore molto gentile e simpatico. Mi racconta che sta per lanciare la sua iniziativa editoriale. Il Signore si chiama Ippolito Fassati, ed è la prima volta che sento parlare di Moto.It. Siamo rimasti in contatto!