Dakar ‘18. Bravi. La “misteriosa” operazione Gas Gas

Dakar ‘18. Bravi. La “misteriosa” operazione Gas Gas
Uscita allo scoperto, ma in sordina, alla vigilia della Dakar Gas Gas schiera tre Piloti. Con una “strana” Moto. Tre al traguardo, uno nella top ten, obiettivi centrati. Il “plus” di vecchie conoscenze per nuovi programmi
5 febbraio 2018

Cordoba, 21 Gennaio. Già in Marocco, per l’ultima della “series” mondiale, si era visto qualcosa. Ma bisognava osservare e pensarci molto bene per capire qualcosa. Piloti, Moto, Team, una sorta di jam session pre-dakariana non meglio definita. Soprattutto, accuratamente non-definita. Un’operazione tra lo sperimentale e il… fantasma, che portava la matrice del nuovo corso di Gas Gas.

In Marocco in veste individualista, privata, poi finalmente, a Lima, tutto diventa più… misterioso, e dunque più interessante, avvincente. Tre Piloti iscritti, un francese, Johnny Aubert, uno spagnolo, Jonathan Barragan, e un cittadino di Andorra… Cristian España. Fin qui ci siamo, ci viene un’idea. Un Team Manager tutto nuovo, Giovanni Gio’ Sala, ma in effetti non così nuovo. Anche qui è facile ritrovare un filo conduttore. Una Moto. Eccoci. Quale Moto? Difficile dirlo. O facile? Somiglia, somiglia a… Giù il velo. Somiglia spudoratamente a una KTM.

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Messi insieme tutti questi elementi, non da poco, ritrovare il bandolo della matassa è più facile. Basta rivedere con più attenzione gli eventi di Gas Gas dell’ultimo periodo, per scoprire che insieme alla nuova era imprenditoriale e commerciale, che è la base del rilancio, si apre anche una rinnovata epoca del reparto Motorsport. A dirigere la sezione totalmente rinnovata è 1ForAll Racing, e la società di Barcellona è incaricata della gestione del patrimonio agonistico presente, e soprattutto futuro, di Gas Gas. Partendo da 1ForAll, e più precisamente dai suoi deus ex machina, è facile risalire al gruppo di lavoro che ha creato, lanciato e consacrato la speciale “filosofia” spagnola di approccio alla Dakar. È da quel progetto ultradecennale che sono usciti Campioni come Nani Roma e Marc Coma, sette vittorie al Rally Raid per definizione e innumerevoli Titoli iridati. Per un Paese che non aveva mai vinto la Dakar è un record indelebile, e buona parte della Storia.

Il Team Gas Gas della Dakar è una specie di araba fenice. Il Gruppo viene ricreato altrove, con le stesse ipotesi di lavoro e con finalità analoghe, ispirate a un progressivo inserimento della nuova realtà sportiva di Gas Gas nell’odierno panorama della Dakar, nel frattempo evoluto e in parte trasformato, perfezionato rispetto al vecchio assetto.

Per questo la partecipazione di Gas Gas, decisa nei mesi dopo l’estate come opportunità di rilancio immediato del marchio e dell’immagine della Fabbrica, deve fronteggiare non poche difficoltà. Innanzitutto la Fabbrica non ha una moto pronto gara per la Dakar, e non può prepararla in così poco tempo, nemmeno basandosi sulle precedenti, non troppo vicine, esperienze dirette. C’è poi da “revisionare” un nuovo assetto logistico che, seppure basato sulle esperienze vincenti del passato, deve andare in scena su un palcoscenico rinnovato. Infine i Piloti.

Fanno già parte della “scuderia” di 1ForAll, come del resto tecnici, medici, logistici, ma improvvisamente diventano “ufficiali” Gas Gas. Aubert ha già corso la Dakar, era nei suoi piani, ma né KTM né Beta hanno seguito la strada dei sogni del Pilota, ed è fermo da più di un anno. Barragan, dal Motocross all’Enduro con un programma di avvicinamento alla Dakar. Ma non così presto e all’improvviso. Cristian España, “Privatone” intelligente con le idee chiare e una grande capacità di apprendimento, ma un “seconda fila” discreto, appassionato, nessuna fretta.

Dunque, tre mesi al via e c’è solo una grande massa di polvere cosmica da riunire in un Progetto concreto. Si parte. Al lavoro su più fronti. Viene scelto il Manager, ecco Giovanni Sala. È l’ultimo Italiano salito sul podio della Dakar, e ha una sua storia gigantesca, alla Dakar e nell’Enduro. È la persona che può spiegare meglio di chiunque altro a un Pilota quello che deve fare. Soprattutto, come e perché sia meglio che lo faccia in un certo modo. I piloti non si sono mai fermati, fisicamente sono a posto, ma non ce l’hanno addosso, la Dakar. Si mettono subito al lavoro, ora con un obiettivo preciso, un programma di preparazione, di allenamento, di strategia precisamente finalizzati. Vanno in palestra o salgono in Moto con l’obiettivo davanti agli occhi. Sala non perde una sola occasione per ridipingerlo, per calcarne i tratti. Sta addosso ai suoi Piloti, ma non è un lavaggio del cervello, tutti sono intelligenti e responsabili.

La Moto. Già, la moto. Gli uomini di 1ForAll accordano le strategie con l’esecutivo di Gas Gas. Poi partono per l’Austria. C’è una vecchia, gloriosa storia di relazione, e Stefan Pierer apre la riunione: “Ragazzi, siamo in presenza di amici, c’è un’idea di Progetto, poco tempo e molte problematiche. Il tempo deve bastare, e le problematiche devono essere risolte!” Superate reticenze e obiezioni di vario tipo, viene definito sommariamente e regolato precisamente un “accordo di collaborazione tecnica per la Dakar tra KTM e Gas Gas”. Si parla dei giorni dell’EICMA, tempo pochissimo, basta a mala pena per mettere insieme i tre esemplari della “450 Rally Replica”. È il “vecchio” modello, ma le sospensioni sono ufficiali. Va bene. È solo l’inizio, non c’è tempo, e la redazione di un diverso e più articolato ed evolutivo “accordo di collaborazione tecnica” è materia per un bel futuro. Si va a Lima, all’inizio le Moto sono semplicemente delle Rally Replica. Poi tutto diventa più chiaro, esplicito.

La Dakar più dura degli ultimi dieci anni. Una Dakar vera. Sabbia, tanta sabbia e le dune, Perù magnifico, la Bolivia, geografia e meteo aspri e le sue innate difficoltà, il “peggio” dell’Argentina, caldo e Fiambala, Belen e la rivoluzione. Non si è mai vista una Dakar sudamericana così incerta, volubile e interessante. Neanche ai tempi dei leggendari duelli Coma-Despres che hanno tenuto banco per dieci anni. Quella del 2018 è una vera sfida!

La sfida di Gas Gas è importante. Come dice Gio’ Sala, è un’esperienza che ha un suo riflesso forte sul prodotto e sull’immagine della Fabbrica. Deve prima di tutto centrare gli obiettivi. Il sogno di Gas Gas alla Dakar è iniziare bene, non avere problemi e portare tutta la Squadra al traguardo, creare la base certa per uno sviluppo futuro del progetto. Per questo il compito di tutti si riassume nei doveri del manager: fare gruppo, riflettere. Convincere i Piloti che si tratta di un impegno lungo e durissimo che si può superare solo con una grande intelligenza di Gara. Facile a parole, da capire, ma non altrettanto intuitivo quando si tratta di cronometro e di competizione. È come la relazione “tecnica”. Ogni Pilota usa la propria Moto a suo modo. C’è chi, come Aubert, ne ha una gran cura, usa i rapporti più lunghi e non è mai apparentemente in bagarre. E c’è chi, come Barragan, viene dal “cancelletto” ed è abituato a strappare l’acceleratore. Il segreto è riuscire a convincere i Piloti che la Dakar si supera con la calma, con la visione dell’obiettivo finale sempre chiara all’orizzonte, facendo di tutto per evitare gli errori. La classifica viene dopo, soprattutto se l’obiettivo è arrivare. Magari bene.

Magari bene. L’operazione Dakar di Gas Gas viene bene. Benissimo. Tutti i Piloti sono al traguardo, la Squadra e la logistica hanno funzionato alla perfezione, l’affiatamento e la competitività sono cresciuti man mano che spariva la ruggine dagli ingranaggi della comitiva. Cristian España è 30°, Jonathan Barragan è al debutto, la sua “experiencia brutal” si conclude con il 15° posto. Johnny Aubert è alla seconda Dakar, 14° nell’edizione del 2012. Il bi-Campione del Mondo di Enduro è influenzato per metà Corsa, ma al traguardo di Cordova è sesto assoluto.

Gas Gas è oggi, a ragion veduta, “molti argomenti e molti progetti”.

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