Dakar 2013. Alessandro Botturi: "Punto a obiettivi importanti, ma ridimensionati"

Dakar 2013. Alessandro Botturi: "Punto a obiettivi importanti, ma ridimensionati"
Alessandro Botturi lo troviamo in hotel, che sta riposando e ricaricando, anche lui le batterie. Ma l’ufficiale Husqvarna di Lumezzane non riesce a dormire… | P. Batini
14 gennaio 2013

 «Non riesco a darmi pace. Sono andato piuttosto bene, direi, per tutta la prima parte della Dakar, e quando mancava uno sputo a finire in bellezza, ho rovinato tutto e perso un sacco de tempo e di posizioni. Non ci voleva!».

Come un pivello, vuoi dire? Ma se sei solo alla seconda Dakar…
«Non vuol dire, ho sbagliato, e mi dispiace».

Tieni presente anche che molti altri “bravi” hanno commesso lo stesso errore, anche più grave, e che le condizioni erano del tutto particolari.
«Ma sì, non sono qui per suicidarmi. Stavo solo riassumendo…».

Dai. Allora rilassati e racconta tutto, per filo e per segno.
«Vuoi mettere il dito nella piaga, eh? Allora, fino a quel momento tutto era andato alla perfezione. Mi mancava l’ultima tappa e avrei tirato una riga su una prima metà di Dakar molto più tosta di quanto si potesse immaginare. Mi piace navigare, anche se non sono espertissimo, mi diverte. Pensavo che mi sarei divertito. Non ostante il cambiamento della Speciale e il maltempo che, si vedeva, si era organizzato alla grande per rovinarci la festa. Quando siamo arrivati sul luogo del fattaccio e mi sono reso conto, non ci voleva molto, che eravamo in molti che non sapevamo che pesci pigliare, ho preso la decisione di trovare una soluzione da solo. All’inizio ero contento, almeno non ero nel branco come un corbello, ma ben presto mi sono accorto che era più difficile di quanto pensassi. Senza la possibilità di calibrare trip e road book per la mancanza di riferimenti precisi, ho fatto una gran fatica. Alla fine ci sono riuscito, ma il tempo perso era tanto, me ne sono reso conto subito e non mi bastava a consolarmi che altri avessero fatto peggio di me».

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Poi ti sei ripreso…
«Poi, in un tratto con molta navigazione, non riuscivo a fidarmi neanche del road book. Il road book di quest’anno non è preciso come quello dello scorso anno, e mi accorgo che non ho ancora la necessaria dimestichezza per districarmi quando le note sono ravvicinate e le centinaia di metri vanno e vengono sul tripmaster. Forse ero solo nervoso. Strano. All’arrivo ero quasi sollevato, un po’ meno quando ho cominciato a contare… 53° di Speciale, 13° nell’assoluta con un “calo” di 4 posizioni… 27 minuti dal primo… fortuna che era il mio compagno di Squadra, che Barreda si è riscattato con una nuova vittoria e ha salvato anche noi!».

Grande delusione, insomma, tu e i tuoi compagni. E il tuo Team Manager, Wolfgang Fischer?
«Grande delusione! No, basta scherzare. Non siamo delusi. Diciamo un po’ sorpresi. Ci siamo presentati con una forte Squadra e con una moto molto competitiva e velocissima. Non sono io solo a dirlo, e non c’è bisogno di chiederselo. Barreda ha vinto tre Speciali ed è stato in testa alla corsa, Viladoms che corre con una Husqvarna come la nostra tra i migliori. Quanto basta per “certificare” Moto, Piloti e Team. Poi tutti abbiamo avuto i nostri guai. Un guasto come dici tu banale, ma tant’è, le cadute di Barreda sfortunate per le conseguenze sulla ruota, Viladoms che è rimasto fino a tardi sulle Ande con la neve a fargli compagnia, io che ho sbagliato ieri. Un pizzico di sfortuna ciascuno ed il gioco è fatto. È la Dakar! Lo sto imparando anch’io. Wolfgang, una grande persona, è il più stupito di tutti. È consapevole di aver fatto un gran lavoro, ma non è stato premiato, fino a questo momento, abbastanza».

Stesso guaio meccanico per tutti. La pompa della benzina. Prevedete di dover cambiare ancora i motori?
«Stesso problema per tutti, stupido, ma è quello. No, non cambieremo più i nostri motori. Riteniamo la nostra Husqvarna affidabile abbastanza per concludere la Dakar e toglierci qualche soddisfazioni».

 

Rispetto alla Dakar dell’anno scorso, quella di quest’anno presenta due differenze basilari, fino ad ora: è molto più dura e, soprattutto, molto più “navigata”. Il primo aspetto me lo aspettavo, il secondo no

Adesso che sei un “veterano” con ben due Dakar sulle spalle puoi fare un confronto tra la tua prima e quella di quest’anno. Che differenze trovi?
«Rispetto alla Dakar dell’anno scorso, quella di quest’anno presenta due differenze basilari, fino ad ora: è molto più dura e, soprattutto, molto più “navigata”. Il primo aspetto me lo aspettavo, il secondo no. Di conseguenza è una Dakar più difficile. Ma è bella e combattuta».

E il tuo stato di forma rispetto allo scorso anno?
«L’anno scorso mi affaticavo molto. Non ero al meglio della condizione per affrontare una Dakar e senz’altro ho sentito molto il debutto. Quest’anno sono ben preparato, conosco un po’ meglio il gioco e non accuso nessuna fatica. I chilometri e i giorni si sommano ma non sembrano lasciare tracce sul mio fisico. Direi che sono in forma perfetta».

Però ti riposi in albergo, un diritto del migliore degli italiani?
«No, non è un diritto e il migliore degli italiani deve ancora diventare il migliore per se stesso. È solo che il Team è efficientissimo, e ci ha preparato anche questa comodità. Ma non è che mi sono buttato sul letto e mi sono addormentato come un sasso. Come vedi mi trovi sveglio e, tutto sommato, lucido…».

Certo, allora approfittiamone per riassumere. Obiettivi? Santiago? Piani d’attacco?
«Piani di fare del nostro meglio, come sempre, con obiettivi a malincuore ridimensionati ma ancora molto importanti. A Joan Barreda il compito di vincere speciali e tappe, a me quello di concludere la Dakar in una buona posizione di classifica. E tutti a Santiago, certo».

Dicevo, i “tuoi” obiettivi…
«Non mi sto addormentando. I miei obiettivi sono proprio questi tre, ovvero uno solo: fare bene per e con la mia Squadra. Ah, no, personalmente ne ho un altro, e cioè fare una bella figura per il Moto Club Lumezzane, per la mia città e per i miei sostenitori».

 

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