Dakar 2013: Camelia Liparoti, Wonder Woman

Dakar 2013: Camelia Liparoti, Wonder Woman
Dakar 2013. La gara dei Quad, spesso sottovalutata, è molto interessante. Tra i quaranta “quattroruote” il Raptor Yamaha di Camelia Liparoti, unica donna nella categoria e unica italiana alla Dakar
19 gennaio 2013

La Serena, 17 gennaio. Bionda e spumeggiante, frizzante e leggera ma piuttosto forte. No, non è una birra media, è Camelia Liparoti. 160 centimetri e 470 etti di carattere, occhi azzurri e il sorriso contagioso perennemente ammiccante in un’espressione complice. Carina? Un pisano, seppure di adozione, non dirà mai che una livornese è bella o attraente, quindi giudicate voi, o fatevelo raccontare da chi la conosce. Simpatica? Gentile? Sì, molto. Qui, comunque, parliamo d’altro, e allora cominciamo col dire che Camelia è l’unica italiana in gara alla Dakar, e l’unica donna impegnata nella categoria dei Quad con un “quadriciclo”, come dicono i sudamericani, Yamaha Raptor 700. In testa con un margine rassicurante, per inciso, c’è l’argentino Marcos Patronelli.

 

Reporter, fotografa, sciatrice e appassionata scalatrice, Camelia è più nota nel nostro mondo per i quattro titoli di Campionessa del Mondo Cross-Country Rally, ottenuti consecutivamente dal 2009 al 2012. La “livornese” indistruttibile (ahimè, direbbe il pisano) è alla sua quinta Dakar. Ritirata al debutto, nel 2009, ha ottenuto il 13°, 10° e 9° posto nelle edizioni successive. Rispettata frequentatrice della Top Ten della categoria di cui è l’unica rappresentante di sesso femminile, Camelia ha corso e vinto tutti i Rally più importanti, ed è ormai la madrina del Sardegna Rally Race, l’unica prova europea del Campionato del Mondo organizzata da Bike Village.

 

Perché Quad?

Camelia al Gran Gala FIM di fine anno
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«Perché mi piace la moto, ma sono piccola, e il quad mi consente di fare la moto ad un livello più alto. Ma la risposta di oggi è che il Quad è la mia vita, mi assorbe totalmente. E naturalmente la Dakar è la massima parte di questo impegno, poiché mi coinvolge praticamente tutto l’anno»

 

E come sta andando la tua quinta Dakar?

«Bene, sta andando molto bene. Il risultato non è esattamente quello che mi aspettavo, ma di questo parliamo dopo. Sto bene e tutto sta funzionando alla perfezione. Ho un ottimo meccanico, Valter Fortichiari, che è anche una persona che mi aiuta molto. Guida il camion, prepara il bivacco e, naturalmente assiste il mio Quad. Fisicamente la Dakar è molto “demanding”, ma anche se la fatica è molta riesco a recuperare in fretta. Merito della della stagione di Camionato del Mondo, della preparazione, che ho curato molto, e anche… del camper, un lusso che mi sono potuta permettere quest’anno e che mi consente di riposare e fare il road book come se fossi a casa, in tutta tranquillità e senza dover subire il caldo e la polvere perenne dei bivacchi»

 

Parlavi dei risultati…

«Sono quindicesima in classifica. Fino a ieri ero ancora “quasi” a tiro della “top ten”, come gli ultimi due anni. Ma è difficile arrivarci. Quest’anno sono partiti quaranta Quad, e poi il livello generale, ma soprattutto nella nostra categoria, è salito moltissimo. Molti più Piloti e molto più forti. È importante fare questa considerazione. All’inizio i Quad erano la cenerentola della Dakar, e chi riusciva anche soltanto a finire la corsa era considerato una mosca bianca. La situazione è molto cambiata, e soprattutto in Sudamerica. In America Latina i Quad sono molto seguiti, e scatenano un entusiasmo straordinario e una forte passione. Basta guardare ai risultati della Dakar sudamericana per rendersene conto chiaramente. I Patronelli qui sono dei veri idoli, e dietro a loro c’è una grande massa di praticanti e di piloti. È proprio una grande passione, a cui la Dakar ha dato grande importanza e visibilità»

 

Il Quad è la mia vita, mi assorbe totalmente. E naturalmente la Dakar è la massima parte di questo impegno, poiché mi coinvolge praticamente tutto l’anno

E parlando dell’attualità che riguarda il tuo Quad #259 in questa Dakar?

«La Dakar di quest’anno è molto impegnativa, le tappe sono molto lunghe, ma anche molto belle. La mia preferita, fino a questo momento, è la quinta tappa, Arequipa-Arica, tra Perù e Cile. È stata la più completa, con una varietà incredibile di “argomenti”: dune, fesh-fesh, piste veloci e guidate, persino tratti di vero enduro e di “trial”, che mi piacciono molto perché sono molto tecnici. La mia Dakar è stata, incrociamo le dita, fino a questo momento molto buona. Non ho mai commesso errori, soprattutto di navigazione, ed ho sempre potuto tenere un buon ritmo di gara»

 

Una proiezione, per finire?

«Dita sempre più incrociate. Santiago. L’arrivo a Santiago è l’obiettivo di tutti, anche il mio. Il risultato viene dopo, ma ci guardo. Adesso sono in una posizione particolare, che mi fa sperare in un altro step della mia carriera, guardando un po’ più in la. Sono la prima donna in classifica generale. La spagnola Laia Sanz, che ha avuto anche una bella dose di sfortuna, è dietro di me di tre ore. Se arrivassi prima di lei sarei la prima donna, moto e quad insieme, alla Dakar. Non è mai successo nella storia»


 

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