Dakar 2014. Chiusa la 10a tappa, verso il duello finale

Dakar 2014. Chiusa la 10a tappa, verso il duello finale
In vista della tappa chiave delle dune di Copiapo la gara delle Moto sembra segnata. Marc Coma è più vicino al quarto successo, ma Joan Barreda non ci sta. L’appello di Luca Viglio: portatemi la bandiera di Endurology! | P. Batini
16 gennaio 2014

Punti chiave


Antofagasta, 16 Gennaio.
La decima tappa della Dakar si è chiusa con alcuni colpi di scena importanti e con due duelli entusiasmanti, che hanno riacceso il confronto proprio alla vigilia di quella che, a questo punto, può essere ritenuta la tappa chiave della Dakar.

Deve essere chiaro da subito. La Antofagasta-El Salvador non è solo la Speciale più lunga del Rally, ma è anche la più esplicitamente impegnativa da qui a Valparaiso. Se deve succedere ancora qualcosa di clamoroso in questa Dakar, questa è la tappa ”ideale”.

Iniziamo dalla gara delle Moto, segnata mercoledì 15 dal brutto colpo di scena del ritiro per incidente di Jeremias Israel, che era stato la vera rivelazione di questa edizione del Rally e che ancora lottava per il terzo posto. Domanda. Perché gli organizzatori, in luogo di verificare la veridicità delle testimonianze, hanno fornito informazioni affrettate e contraddittorie sulle cause dell’incidente? Secondo i dispacci ASO in un primo tempo l’incidente è stato attribuito a una collisione tra il pilota e un mezzo esterno alla corsa. Più tardi invece, le cause sono state individuate in un errore di guida del pilota cileno e nel conseguente impatto contro le rocce della pista. Per tutta la giornata le voci hanno continuato a riferire della prima ipotesi, e a sera spuntano addirittura scenari diversi, senza né auto né rocce. Non sarebbe stato il caso che ASO ufficializzasse quanto prima una versione attendibile?

Coma: Alla Dakar, se vuoi attaccare devi aspettare il giorno giusto, altrimenti devi accontentarti di non sbagliare

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Ma… la gara. È stata la tappa che testimonia con una certa chiarezza l’attuale condizione di Joan Barreda, che ritroviamo anche nell’intervista rilasciata da Alessandro Botturi i primi giorni di gara. Nel corso della decima tappa Barreda ha dimostrato che è il Pilota più veloce, se c’era bisogno di dimostrarlo, e che la nuova Honda va fortissimo (Javier Pizzolito, l’argentino ufficiale Honda dichiara che la sua moto ha toccato i 183 KM/H). Barreda ha anche dimostrato, però, che alla Dakar è molto più importante non commettere errori e, quando possibile, amministrare l’eventuale vantaggio acquisito. Marc Coma, che ha vinto tre volte e che due Dakar le ha perse per un errore, l’ha detto più volte: «Alla Dakar, se vuoi attaccare devi aspettare il giorno giusto, altrimenti devi accontentarti di non sbagliare. Se il giorno ideale per attaccare arriva, e l’attacco “esce” bene, meglio, sennò devi continuare a mordere il freno. Partire all’attacco sconsideratamente può solo avere effetti controproducenti». Barreda era in testa dall’inizio del Rally, e il quinto giorno in luogo di amministrare un vantaggio già di una certa consistenza è partito da solo, ha avuto qualche problema e ha sbagliato. Da allora ha continuato a vincere altre tappe, ma la realtà è che, a tre tappe dalla fine, è a tre quarti d’ora da Coma. Certo, tutto può succedere, ma se Coma perderà questa Dakar sarà a causa di un suo errore. Adesso Barreda sta facendo la cosa giusta, e la sola che può fare. Attaccare tutti i giorni, spingere e cercare di dare un pensiero a Coma sperando che quel pensiero gli faccia fare uno sbaglio. Solo così si potrà assistere a quel cambio generazionale, e all’interruzione del monopolio KTM, indirettamente promesso da Honda.

Paolo Ceci
Paolo Ceci


L’angolo della sofferenza.

La Dakar di Paolo Ceci, ormai nei venti con la SpeedBrain del servizio assistenza del boliviano Juan-Carlos Salvatierra, è ormai in discesa. Se si può mai parlare di una Dakar in discesa. Diciamo che il peggio è passato, che Paolo è bravo e che sa quello che lo aspetta. Non è andata benissimo a Laia Sanz all’indomani del record personale, settima assoluta, poiché la spagnola è rimasta due ore a venti chilometri da Antofagasta per riparare la frizione della sua moto. La stessa cosa, che tutto va a gonfie vele, non si può dire di Luca Viglio, che a detta dei suoi è alla ricerca di nuovi dei da invocare, e che è arrivato ad Antofagasta con uno degli ultimi treni, ormai a notte fatta. Adesso il Pilota si appella a un simbolo della sua causa. Ha dimenticato a casa la bandiera di Endurology, quella nella quale si sono avvolti Rampolla e Napodano lo scorso anno sul podio di Santiago. È urgente che un volontario la raccolga a Milano e la recapiti al pilota prima, o almeno in coincidenza, del podio di Valparaiso.
 

 

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