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Rosario, 16 Gennaio 2015. Dispiaciuto è dir poco, ma per Alessandro Botturi, sempre ottimista, l’importante è filtrare il buono anche dalle situazioni più sfortunate, per ripartire con un bagaglio di esperienza in ogni caso accresciuto.
«Eh sì, è una bella batosta. Una bella batosta perché, porco cane, in quella tappa lì, tra Uyuni e Iquique, ci hanno messo tutti in crisi. Non so ancora cosa sia successo esattamente alla moto, perché la moto a quanto so non è ancora arrivata al bivacco, però si è riempita di sale, l’impianto elettrico, i tubi dell’olio, tutto. Il bottoncino dell’avviamento rimaneva agganciato, e ha cominciato a fuoriuscire olio. Mi sono fermato e ho deciso di rinunciare perché non aveva più compressione e mi sono ritirato. È stato, credo proprio, un bel regalo del Salar di Uyuni»
E il rientro, con il camion scopa?
«Inizialmente doveva essere così, e ho aspettato lì fino al pomeriggio, le 4 e mezza circa. Poi, credo vista la piega che avevano preso le cose, l’organizzazione mi ha fatto rientrare a Uyuni con un elicottero militare, e da li salire su un aereo “speciale” con una trentina di ritirati più i giornalisti, e ci hanno riportato tutti a Iquique. Un bel viaggio turistico per gente soddisfatta!»
Esperienza deludente, o c’è qualcosa di positivo?
«Più che delusione, dispiacere. Di positivo c’è che adesso so che sono a posto con la navigazione, e ho capito che se non fai almeno qualche gara di Mondiale durante la stagione, o qualche Dakar Series, come la Ruta 40, non puoi arrivare alla Dakar ed essere competitivo. Di positivo c’è anche che abbiamo capito che sulla moto bisogna lavorare iniziando subito e arrivando alla partenza della Dakar con lo sviluppo finito e tutti i collaudi validati. Non si può pensare di testare qualcosa durante la gara»
Quindi hai già parlato con la squadra per la prossima Dakar?
«No, non ancora. Siamo rimasti d’accordo che al loro rientro si prenderanno una brevissima pausa, e poi ci sarà subito un briefing a Parigi, verso la fine mese, per pianificare la stagione in corso. Alla fine anche loro sono molto dispiaciuti. Mi hanno chiamato, hanno cercato di tenermi su di morale, mi hanno ricordato che Casteu, per esempio, adesso è settimo, e noi eravamo davanti a lui. Credo che abbiano apprezzato il fatto che sono un lottatore e che non mi sono mai tirato indietro. Il dispiacere è tanto, per il ritiro e per non aver mai trovato la competitività. Io non mi sono mai sentito veramente in gara, tranne nella tappa dopo la giornata di riposo che partiva da Iquique. Quel giorno, sì, mi sono sentito bene, e il ritardo dai primi era finalmente contenuto. Gli altri giorni no, non sono mai riuscito a sentirmi bene come dovevo. Mi “tranquillizza” il fatto che anche ai miei compagni non sia andata troppo meglio. Se Pain o Metge fossero stati un’ora davanti a me mi sarei preoccupato seriamente, ma in queste condizioni è chiaro che il problema era più generale»
E adesso che farai nei prossimi giorni, nelle prossime settimane? Riposo?
«Riposo? No, mi sono già riposato abbastanza. Sì, i primi tre giorni mi sentivo deluso, quasi rinunciatario. Adesso, però, sono già “ripartito”. Ho iniziato a fare una nuova dieta e a programmare la preparazione. Strano a dirsi, mi sento di nuovo carico, in modo diverso certo, ma quanto lo ero a Buenos Aires i giorni della partenza. E poi mi sono accorto che ho tanto seguito, che la gente mi vuole bene. Bisogna assolutamente fare qualcosa, e farlo bene, perché i miei tifosi, e anche quelli che mi seguono con un interesse “nazionale”, siano gratificati. Al lavoro, dunque, e vediamo di rilanciare con gli interessi»