Dakar 2016. Buon Anno Dakar!

Dakar 2016. Buon Anno Dakar!
Ci siamo, la 38ma edizione della maratona motoristica inventata da Thierry Sabine è al via. Una Dakar come tutte le altre? No, ma non è mai successo di una Dakar “come le altre”. Una Dakar che merita un in bocca al lupo, e un Buon Anno, questo sì
1 gennaio 2015

Il titolo di Coma è in palio, il suo numero 1 non è stato assegnato e non lo sarà fino alla prossima edizione, quando cioè qualcuno avrà meritato la tabella vincendo la 38ma Dakar Argentina-Bolivia. È un omaggio di un certo peso al nuovo Ministro della Dakar, il cinque volte vincitore della corsa, sei volte Campione del Mondo, eccetera, eccetera, che lasciato il manubrio e appeso il casco al chiodo avrà il suo bel da fare per meritare e guadagnarsi lo… stipendio. Dietro a questa storia clamorosa c’è una bella fetta della sorpresa che potrà essere questa Dakar che sta per partire.

Ma l’aspetto sportivo, direte voi… c’è anche quello, denso, fitto e piuttosto curioso. Diciamo la verità. Assente Coma è come se mancasse il faro, e tutte le navi, soprattutto quelle da guerra, adesso hanno paura di sbattere contro gli scogli. O il naso. Per vedere la corsa vera e propria bisognerà aspettare un poco, qualche giorno almeno. Vedere chi se la sentirà di andare via, di prendersi i rischi e di aprire la pista. Di prendere in mano la situazione, insomma, e puntare all’eredità del catalano. Vedremo poi chi gli andrà dietro, chi sarà capace di sostituirsi al nuovo battistrada e dare il via all’avvicendamento delle esperienze.

A catena, salvo imprevisti, fino a quando qualcuno meriterà i galloni di favorito sul campo. Allora vedremo la Dakar 2016, quella vera. Favoriti. Un bel po’, ed è difficile metterne uno su un piano più in alto, date appunto le circostanze. A noi piace molto Toby Price, l’australiano terzo lo scorso anno al debutto. Una roccia, simpatico, di quelli che non risentono di alcuna condizione ambientale. Ad altri piace ancor di più Matthias Walkner, il pupillo di Heinz Kinigadner che intanto è già diventato Campione del Mondo raccogliendo lo scettro lasciato lungo la pista della stagione da Marc Coma.

Matthias Walker
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A tutti piace Joan Barreda, che ha vinto più tappe di tutti tra i piloti in attività (facile ora che non c’è più Coma) ma non è mai salito sul podio finale della Dakar. La Honda lo ha voluto, come si dice a tutti i costi, e certamente lo spagnolo sente la pressione del Team e il dovere di ricambiare la fiducia riposta in lui. Ma non è facile, e diventa un affare delicato quando in gioco c’è una posta che si ripresenta una sola volta all’anno. Helder Rodrigues promette che la nuova Yamaha va finalmente bene, e con questo si candida ad un posto almeno tra i riconoscibili da lontano, insieme ad Alessandro Botturi che vorremmo mettere in testa a tutti, non fosse altro per sano, doveroso spirito di… squadra. Ma che ne direbbero Paulo Gonçalves, che porta un eloquente numero 2 sulla Honda, Pablo Quintanilla, deputato migliore sportivo cileno dell’anno e ormai una forza in seno all’armata KTM, sia pure in versione Husqvarna, i silenziosi e incomprensibili slovacchi Svitko e Jakes, che ogni anno sono lì e, da privatoni, sono sempre a un passo dal podio?

Dai, facci un nome invece di stare lì ad allungare il brodo dei papabili, come fanno tutti. Bene, secondo me per fare un nome ci vorrebbero ancora un po’ di giorni, anche per vedere come sono organizzate le squadre e come sono evolute le moto, se qualcuno ha fatto la stupidaggine di mettere un pezzo nuovo senza il tempo di collaudarlo. Ma se volete un nome a tutti i costi, faccio quello di Joan Barreda. Ha tutti i numeri, vediamo come si “comporta”!

Pablo Quintanilla
Pablo Quintanilla

Il titolo delle auto è di Nasser Al-Attiyah, e del suo preziosissimo navigatore, Mathieu Baumel. Stando a quanto dice il Principe del Qatar, il suo primato non è mai in palio, e nemmeno in discussione, nel senso che si sente forte abbastanza per difenderlo. Per rendere ancor meglio il concetto, comunque, Al-Attiyah afferma che non ha mai partecipato a una Dakar senza aver chiara l’dea di vincerla. Forte, il “principino”, e furbo. Sta facendo del “pacchetto” della sua forza, la sua abilità e il suo talento uniti alla Mini All4 Racing che vince da quattro edizioni e che universalmente ritenuta la macchina più affidabile, e dunque all’80%, anche un’arma psicologica.

Tanta sicurezza non è nello stile di Nasser, che di solito è solo gentile e piuttosto pacato nei toni. Si vede che questa volta non vuole lasciare nulla al caso o da parte, o di intentato, nemmeno quel minimo di pressione che può mettere agli avversari irretendoli. Francamente mi pare una mossa inutile, e forse sarebbe meglio definirla uno sfoggio di freddezza. I suoi avversari più importanti non sono gente da lasciarsi intimorire da un grido di battaglia, nemmeno se questo è lanciato dal Gladiatore del Qatar.

Che vuoi che gli faccia, a uno come Peterhansel, o a gente come Sainz o De Villiers. O vogliamo forse pensare che Loeb sia così delicato? Diciamo quindi che si è trattato di uno sfoggio di retorica. La verità è che proprio la macchina più affidabile, quella da battere, è quella che è rimasta ferma ad un concetto messo in discussione anche da sul “boss” Sven Quandt, quando ha comprato il Buggy di Al-Attiyah pensando di partire da lì per dare il via all’evoluzione della sua nuova arma da Dakar. Vanno dunque forte le Toyota Overdrive, e andranno fortissimo le Peugeot. Questo è il dato di riferimento della Dakar 2016 al bar del primo giorno di verifiche. E visto che bisogna diffidare anche di chi si lascia volentieri da parte, stiamo attenti anche a Nani Roma, che lo scorso anno on ha fatto la più bella delle figure ma, forte di una vittoria recente, ha avuto tutto il tempo per prepararsi.

Moto, Auto, i Kamaz, pardon i Camion, i soliti padroni della scena. Ma quest’anno sarà interessantissima, non v’è alcun dubbio, la gara dei Quad. Non tanto per la presenza di Franco Picco, un’autentica “chicca”, o di Camelia Liparoti (a proposito, mi ha smentito, passaporto italiano) quanto per il fatto che se la giocheranno i vincitori delle ultime sei Dakar Sudamericane. I fratelli argentini Patronelli, Marcos e Alejandro, il cileno Ignacio Casale e il polacco Rafal Sonik. Già i Piloti dei quad non sono normali, figuriamoci se metti quattro carattrini come quelli nella stessa fossa!

Ma stasera sono tutti buoni, sospesi tra due capodanni distanti diecimila chilometri e quattro ore di fuso. Sono tutti emozionati. Se ne va via il 2015, entra il 2016.

Buon Anno Dakar!

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