Dakar 2016. Grande Franco Picco. “Certo, la moto!”

Dakar 2016. Grande Franco Picco. “Certo, la moto!”
Reinventato di sana pianta. Franco Picco, la grande bellezza degli oltre sessanta, non molla e taglia un altro traguardo: a Rosario con un Quad. Non è divertente come la moto, forse, ma chi ha passione... 20° con un “camioncino” Can-Am
27 gennaio 2016

Anche tu sei di quelli che, con molte cose ancora da scoprire e da verificare, hanno iniziato piano la Dakar… veloce?

«Sì. Ho iniziato piano. Volevo iniziare piano, ma mi sono ben presto reso conto che andando piano non facevo altro che… peggiorare la situazione. In quei due giorni in cui sono andato piano, un po’ perché ho trainato un collega, un po’ perché avevo un problema, mi sono trovato… nell’imbarazzo della scelta. Andare a dormire, a lavarsi o mangiare. Non più di una delle tre. E non parliamo di sistemare il Quad. Se vai piano non c’è tempo, e nella indecisione rischi di saltare anche l’unica opzione disponibile, di dormire alla meglio e ritrovarti direttamente alla prima colazione! È stata duretta!»

Beh, ma poi hai trovato il tuo ritmo giusto?

«Beh, se è per quello, poi, la prima settimana è stata uno spasso. Con relativa calma, un bel passo e, forse per la pioggia, con il Quad è proprio uno spettacolo. Non scivoli via, sei sempre in “tenuta”, non hai il problema della moto che può scapparti via. Uno spettacolo, ti dico. Così la prima settimana me la sono presa tranquilla. Bello, bello, bello, e poi… è venuto il brutto, il duro, nella seconda settimana».

Ma te la sei cavata alla grande. Tutto liscio, insomma?

«Liscio, è una parola grossa. Di patemi d’animo ce ne sono sempre, alla Dakar. Piccole cose, cavolate, ma… per esempio, l’ultimo giorno non va più la strumentazione, e non posso più sapere quanta benzina ho. Quaranta litri, conti 250 chilometri, ma non ne sai di più. Che fare? Ho fatto il pieno all’ultimo colpo e, in più, ho riempito una bottiglia di benzina e l’ho messa in “stiva”. Penso, se rimango senza, almeno ho una riserva, mi fermo e vado a cercare. Ero relativamente tranquillo, all’inizio, con il freddo il quad consumava pochissimo, ma poi è sballato tutto ed era difficile prendere le misure così, a occhio. E l’ultimo giorno ero andato via a manetta perché era molto lunga. Hey, mi sono fermato a un chilometro dal podio, senza più carburante. Pensa te. Ho tirato fuori la mia bottiglietta e via. Pensa altrimenti quanto avrei dovuto tribolare!»

Dopo cinquant’anni di moto, allora, vorresti venire a dirci che il Quad ti piace?

«Beh, non mi piace proprio tantissimo. È un po’ lento. Ma in un certo senso è anche rassicurante, più sicuro. Con l’impegno che ci ho messo in questa Dakar sono convinto che con la moto qualche scivolata, qualche cappottone ce lo mettevo. Con “questo qua”, una sola volta sono uscito in mezzo ai cespugli, ho sbattuto e ho rotto le due testine di sterzo. Mi sono fermato, ho inventato come aggiustare, e sono ripartito. Poi, niente, non ho un graffio neanche sui pantaloni. Con la moto ne vedi più di uno azzoppato».

E allora, Quad è bello, ma quale è la “filosofia” giusta?

«Il problema è che per un motociclista “questo qua” va piano, è lento. Ti viene un fastidio quando vedi che gli altri in moto ti vanno via… un fastidio! Ma dico, con tutto l’impegno che ci metti, in tante tappe anche l’anima, arrivi alla fine che credi di aver fatto anche un risultato… sì, ciao, le moto sono già tutte lì. D’altra parte ti viene una nuova dimostrazione di come è questa gara e di come potresti affrontarla. Ero a metà, e diciamo quinto di categoria. Sono “saltati” il primo, il secondo, il terzo, e ha vinto il quarto, il bravo boliviano che i primi giorni era venuto a complimentarsi perché, secondo lui, andavo forte! Per dirti, che tra tutte le scelte non era neanche così brutta, è una categoria nella quale potresti anche vincere, portare a casa un risultato e qualche soddisfazione. Con la moto nel 2010 ho fatto 23° assoluto, primo della Marathon. Adesso, con il livello a cui siamo arrivati oggi, arrivare decimo nella Marathon e cinquantesimo assoluto è un sogno. Quindi, non è una brutta scelta, però la moto… certo, per la moto devi essere stra-allenato, e invece, qui io non mi sono preparato più di tanto. Italian Baja, un’altra gara e via in bicicletta, mica tanto di più. Oppure fai il professionista, e allora che ci dai, che ci dai, fai tutto, ma non è più il mio caso».

E come si comporta “questo qui”?

«È comodo, una bella sella imbottita, guidi seduto e stai comodo, e via liscio. Il guaio è che quando arriva l’ostacolo, mettiamo un gradino, con la moto salti via e passi, con “questo qua” devi andarci piano, copiare l’ostacolo e lasciartelo alle spalle. Niente guizzi, niente mosse improvvise e colpi di reni. Una volta, a Fiambala, sono andato via un po’ disinvolto, ho toccato sotto e mi sono rincalcato i polsi. Una male cane, credevo di fermarmi lì. Se poi fori, anche lì è comoda. Butti dentro quei vermicelli di gomma per le forature dei tubeless, una manciata se il buco è grosso, bomboletta, gonfi e riparti».

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